via Fabio Filzi
Costeggia il mare di cala Gavetta per tutto il suo lato occidentale. Prima dell’intestazione attuale si chiamava via della Quarantena perché conduceva al casotto utilizzato per far scontare la contumacia agli equipaggi provenienti da regioni sospette di malattie contagiose. Lungo tutta la via predominano gli edifici militari: vi si affacciano, infatti, la tozza costruzione (oggi adibita ad alloggi e alla sede dei Marinai d’Italia) un tempo usata come magazzino della Regia Marina e la caserma della Guardia di Finanza; anche il centro servizi comunali, un tempo era adibito ad ospitare gli attrezzi e il carbone necessari alle imbarcazioni militari. La parte a mare ha subito, nel tempo, diversi cambiamenti: alternava semplici (e precari) piccoli moli in granito con tratti di costa naturale dove era possibile dare carena ai velieri che, abbattuti su un fianco, mettevano a secco una fiancata e una parte della carena per le necessarie periodiche manutenzioni. Vi sostavano i lancioni delle Regie Gabelle e, più tardi, le imbarcazioni della Capitaneria. A partire dalla fine dell’Ottocento la via si allargò progressivamente guadagnando spazio sul mare e formando un discreto slargo nella sua parte più vicina alla capitaneria. Su questa area venivano sbarcati legnami e assi già sagomate per il prospiciente cantiere per carpenteria in legno di mastro Gaetano Demeglio. L’attuale intestazione risale ad una delibera del podestà Carlo Pocobelli del 1937 e, non a caso, ricorda un eroe martire dell’irredentismo italiano, istriano di nascita, arruolato nell’esercito austriaco allo scoppio della prima guerra mondiale, fuggito in Italia a novembre del 1914 per combattere a fianco degli italiani nel corpo degli alpini. Fatto prigioniero dagli austriaci fu impiccato a Trento, nel castello del Buon Consiglio, insieme all’altro campione dell’irredentismo, Cesare Battisti.
Parzialmente tratto dal settimanale “Il Vento”. Articolo di Giovanna Sotgiu