via Piave
L’amministrazione comunale provvede periodicamente ad aggiornare i nomi delle vie cittadine: normalmente si concentra sulle nuove arterie che nascono con l’incremento dell’abitato, ma, a volte, è necessario riconsiderare anche piccoli tratti interni alla città che, per le ridotte dimensioni e per lo scarso utilizzo, sono trascurate. Uno di questi particolari aggiornamenti fu attuato nel 1972 su proposta dell’allora assessore Vincenzo Scotto: egli aveva espresso al consiglio comunale (che votò all’unanimità) la situazione venutasi a creare con il censimento dell’anno precedente quando l’apposizione dei numeri civici aveva evidenziato una situazione curiosa: molte case venivano identificate con il loro numero che, però, non faceva riferimento ad una via intestata. Furono 29 le nuove attribuzione e, fra queste, ebbe finalmente un nome anche quello che veniva fino ad allora definito, come tanti altri vicoli poco frequentati o che si trovavano vicini a bettole e rivendite di vino, u pisciatoju. Si tratta dello stretto budello di collegamento fra via Ferruccio e via Pietro Micca, ovvero fra la strada sulla quale si affaccia la pasticceria di Biosa e la scalinata che da via Regina Margherita, immette, anche se indirettamente, sulla piazza Garibaldi. Ancora oggi si passa senza notarla visto che niente invita a percorrerla: è strettissima, inizia con un gradino e sbocca in una scalinata, non vi si affacciano ingressi di abitazioni, in alcune parti gli intonaci sono cadenti, appare solo come un “retro” delle case che danno su via Regina Margherita e su via Fabrizi. Eppure non è un budello buio come ci si aspetterebbe: infatti, grazie al fatto che una parte delle case a sud confina sulla strada non direttamente ma attraverso dei piccoli cortili, la mattina la via e le finestre delle sue case sono piene di sole e meriterebbero di essere ingentilite da qualche fiore.