Franco Pinna
Altezza media, carnagione e capelli chiari, tratti più nordici che mediterranei, nessuna particolare cadenza dialettale che potesse rivelare in quale terra fosse nato. A chi lo ha visto e sentito Franco Pinna non sembrava proprio un sardo, o comunque uno di quei sardi che la tipologia più canonica di una volta, sempre più smentita dalle ultime generazioni.
Per formazione, abitudini, mentalità , non c’è dubbio che Pinna andasse considerato un romano. La sua nascita a La Maddalena il 29 luglio 1925, e la successiva permanenza sassarese durante la prima infanzia erano state determinate da ragioni incidentali quali quelle derivanti dai frequenti trasferimenti di lavoro del padre Pietro, ufficiale dell’esercito. A Roma, dove arriva nel 1935 dopo aver soggiornato a Tortona e Anzio, Franco cresce, studia, matura, si fa uomo, combatte, ama, diventa attivista politico, inizia a fare il fotografo, conosce i suoi più importanti successi professionali, forma una famiglia propria.
Ma a volte la realtà oggettiva delle cose non riesce a soddisfare le speciali esigenze anagrafiche del proprio ego. Sebbene la vita potesse invogliarlo a credere altrimenti, Franco Pinna si è sentito profondamente sardo.
Franco Pinna è stato certamente uno dei maggiori fotografi italiani del Novecento.
I suoi esordi professionali (1952), dopo la militanza nella Resistenza romana e una breve esperienza come operatore di cinedocumentari, avvengono nell’ambito della cooperativa Fotografi Associati (con Plinio De Martiis, Caio Garrubba, Nicola Sansone, Pablo Volta). La pratica della fotografia giornalistica viene concepita in parallelo a un’intensa militanza politica nella quale Pinna si distingue come attivista del Partito Comunista Italiano; in questa veste ha ripreso, con Tazio Secchiaroli, le cariche della polizia contro una manifestazione anti-NATO (Roma, giugno 1952), riuscendo a sfuggire alla reazione delle forze dellâ’ordine e impiegando di fatto i metodi da blitz photographie.
Fra il 1952 e il 1959, le esperienze fotografiche di Pinna si collocano fra quelle che in modo più appropriato ed esemplare vengono ritenute neorealiste. Nell’autunno del 1952, Pinna segue l’antropologo Ernesto De Martino in una prima spedizione scientifica multidisciplinare effettuata in Lucania, prevalentemente nella provincia di Matera, a cui ne avrebbe fatto seguito un’altra (1956), prevalentemente nella provincia di Potenza. Da esse, Pinna ha ottenuto documentazioni di straordinario valore espressivo e culturale che sono state di volta in volta presentate in esposizioni di notevole successo. Nel 1956, dietro l’antropologo Franco Cagnetta, Pinna compie una intensa indagine fotografica sulle condizioni materiali e morali delle borgate romane, adottando per la prima volta la sequenza come forma di rappresentazione di riti e di eventi. Sempre nel 1956, in seguito all’occupazione dell’Ungheria da parte dell’URSS, Pinna conclude la sua militanza nel P.C.I.
Nel 1959, la fotografia di Pinna finalizzata alla ricerca antropologica raggiunge il suo apice di maturità nel corso di una spedizione in Salento dietro i riti del tarantismo, ancora al seguito di Ernesto De Martino, sviluppandosi al meglio i presupposti già segnalati dalle documentazioni delle borgate romane. Nello stesso anno, Pinna pubblica il suo primo fotolibro, La Sila, affermando la sua autonomia rispetto all’ambito strettamente antropologico a cui erano legate le esperienze demartiniane. Ad esso fa seguito, nel 1961, Sardegna una civiltà di pietra, il suo fotolibro più significativo. Nello stesso anno, il modesto trattamento riservatogli da De Martino ne La terra del rimorso, resoconto scientifico della spedizione in Salento, compromette i rapporti fra il fotografo e lo studioso.
Pinna diventa dal 1964 fotografo di fiducia di Federico Fellini, per il quale aveva già lavorato nel corso della preparazione de La strada. Dai film del regista (Giulietta degli spiriti, Tre passi nel delirio/Toby Dammit, Satyricon, Block-notes di un regista, Roma, Amarcord, Il Casanova di Federico Fellini), Pinna ricava materiale per illustrare special nei più noti periodici del mondo e fotolibri di larga diffusione (Fellini’s Filme). La morte improvvisa a Roma il 2 aprile 1978, gli ha impedito di concludere il progetto di documentazione Itinerari emiliani, iniziato nel 1976 per conto della Regione Emilia-Romagna, e di svolgere ulteriore attività organizzativa all’interno dell’A.I.R.F. (Associazione Italiana Reporter Fotografi).