Gli anni a La Maddalena
Le prime tracce, che poi ritroveremo in tutta l’opera di Solinas quasi come un’ossessione, le dobbiamo ricercare dunque tra le vicende biografiche dell’autore sardo e nelle prime prove letterarie. A partire da quel 19 Gennaio del 1927, quando Franco Solinas nasce a Cagliari, sotto la dittatura fascista di Mussolini, ufficialmente dittatura solo da due anni, ma di fatto in vigore dal 1922. Il periodo fascista sarà tristemente ricordato da Solinas, non solo attraverso Missione dell’Italia fascista (sceneggiatura per il film Il Sospetto, diretto da Francesco Maselli e apparso nelle sale nel 1975), ma anche quando, all’età di 23 anni, scrive su Paese Sera.
Fin dalla prima infanzia vive nella piccola isola di La Maddalena, sede alla quale il padre, ufficiale di marina, è stato assegnato e nella quale abitano i nonni materni. La violenta natura maddalenina, i volti dei pescatori dell’arcipelago bruciati dal sole, le acque di un mare, presenza costante, che per il giovane Solinas doveva apparire quale prigione e fascinazione, entreranno indelebilmente a far parte della sua poetica. Certo il legame è facile da riscontrare in relazione a Squarciò ed al relativo adattamento cinematografico che insieme ad Ennio De Concini, Solinas scriverà nel 1957, ovvero immediatamente dopo la pubblicazione del libro (La grande strada azzurra, diretto da Gillo Pontecorvo), ancor più stretto lo si rileva in alcuni racconti (per la maggior parte poi confluiti in Squarciò), così come, per continuare a ritroso il nostro ragionamento, di taglio addirittura fotografico sono alcune poesie direttamente ascrivibili al periodo maddalenino, quasi a voler essere come reiterate descrizioni di un paradiso, dal quale prima o poi il giovane Solinas sente di doversi allontanare. Una accuratezza fotografica che ritroviamo nel Solinas sceneggiatore, attraverso descrizioni di orizzonti, di albe o paesaggi mattutini, di lunghe distese marine. Ma non basta citare queste prime opere per sottolineare il legame tra l’opera e le origini dello scrittore. Se è possibile legare, concretamente, La grande strada azzurra al filone terzomondista, attraverso il quale Lino Miccichè afferma sia possibile una completa rilettura della poetica dello scrittore sardo, la stessa operazione la si può fare alla ricerca di riferimenti dell’infanzia maddalenina: infatti certo non può sfuggire ai pochi che ad oggi hanno avuto la possibilità di leggere la sceneggiatura Il cormorano (opera mai realizzata, e scritta per Costa-Gavras nel 1977), il riferimento chiaro, diretto, per nulla nascosto, anzi probabilmente inserito con un certo compiacimento nell’autocitazione, a Squarciò e più in generale alla pratica della pesca e al suo mondo come microcosmo all’interno del quale è possibile individuare il meccanismo col quale si regola l’intero agire umano. E se volessimo privarci di queste suggestioni, per ragionare esclusivamente sull’atto concreto di nascita di uno scrittore, allora va registrato il fatto che al ricordo maddalenino, alla nostalgia per la terra della propria infanzia, riportano le prime prove letterarie del giovane Solinas di cui si ha testimonianza a partire dal 10 dicembre 1942.
A questa data risalgono i primi ispirati versi, malinconici, del quindicenne Franco Solinas, che deluso dalle ristrettezze del periodo bellico, prende coscienza della realtà e riflette sulle conseguenze del periodo fascista e della guerra. In seguito, nell’elzeviro Vergogna dei ricordi, descrivendo la vergogna per una fanciullezza inconsapevole e fascista, che termina traumaticamente sotto le bombe della seconda guerra mondiale, Solinas scriverà: il “sovrano” e il “duce” mi apparvero diversi: senza divise né medaglie, senza galloni, senza elmi, senza cavalli bianchi. Ma uomini nudi e un po. rivoltanti.”
Attraverso queste parole sembra dunque di individuare un importante momento di creazione della sua coscienza, un passaggio cruciale nella formazione dell’uomo. Proseguendo nella lettura delle poesie del giovane autore seguiamo il filo della sue vicende, delle malinconie inevitabili per un ragazzo che, ancora giovanissimo conosce la guerra, la morte del padre e lo sradicamento dalla sua terra per un difficile trasferimento a Roma: «Io sogno te Sardegna/patria mia» scriverà Solinas in un verso del 45 dedicato alla lontana isola.
Si tratta chiaramente di poesie giovanili scritte da un autodidatta, un ragazzo che dimostra ottima padronanza della lingua ed esprime il suo forte legame con la natura imperiosa dell’isola: poesie contemplative per la maggior parte e passionali che, con il trasferimento a Roma, presentano, come sopra testimoniato, una sorta di contraddittoria nostalgia per una terra, la Sardegna, vista e rappresentata sia come ricordo sofferto di momenti meravigliosi e splendidi squarci di natura, sia come prigione del corpo e dell’anima da cui allontanarsi per trovare l’emancipazione, la strada, per realizzare sogni e aspirazioni che l’isola nell’isola (tale è, infine, La Maddalena) non poteva che frustrare. I testi venivano redatti alternativamente a Roma o a La Maddalena, a seconda che si fosse d’inverno o d’estate, differendo in base a questo particolare nella loro essenza, nel sentimento espresso, che era spesso di ricordo nostalgico o rapida osservazione della realtà romana nel primo caso, maggiormente descrittivo nel secondo. La fase poetica di Solinas sarà più intensa tra il 1944 e 1945 per poi farsi occasionale nel 46, probabilmente in concomitanza con la redazione dei primi racconti e del nascere della passione cinematografica, di certo all’inizio dell’esperienza universitaria. Tra le carte dell’archivio Solinas possiamo ritrovare testimonianze del periodo poetico dello scrittore maddalenino, sino al 1947, anno al quale risale l’ultima testimonianza in tal senso.
Gianni Tetti