Harriet Constance Hopcraft Garibaldi
Harriet Constance Hopcraft nacque il 22 agosto 1853 a Anerley, nel Surrey, ottava figlia di William Hopcraft e Elisa Arch, in una facoltosa famiglia della nascente borghesia imprenditoriale. Ambedue i suoi nonni erano già “ printers “, tipografi ed editori, attività ripresa e sviluppata dal padre con la pubblicazione di giornali e di romanzi a puntate che avranno una importanza fondamentale nella diffusione della cultura di massa nell’Inghilterra vittoriana.
La giovane Constance incontrò Ricciotti Garibaldi in occasione dei numerosi soggiorni londinesi del figlio di Giuseppe e Anita, presso la sua protettrice, la distinta amica del padre, Emma Roberts. Il matrimonio avvenne il 2 luglio 1874, nella Chiesa di Saint James, nel quartiere di Westmister, in segreto, forse per dissenso della famiglia Hopcraft. I giovani partirono subito per l’Australia, forse costretti da qualche disguido imprenditoriale di Ricciotti. Vissero sei anni a Melbourne senza che Ricciotti riuscisse ad affermarsi professionalmente e socialmente. Tornarono in Italia nel 1881, con i figli Constance Rose, Annita Italia e Giuseppe.
I figli successivi nasceranno in Italia, tra il 1881 e il 1895. Saranno dieci, sette maschi e tre femmine ad arrivare all’età adulta sui tredici nati. Dal ritorno in Italia, Ricciotti si lancerà in diverse attività imprenditoriali, tutte fallimentari, e sarà anche, ma brevemente, deputato. Costretto a vita modestissima, dovrà ritirarsi a Riofreddo nel 1893. E qui comincia veramente il miracolo operato da Costanza, che in pochi anni trasformerà, con la sua volontà ferrea e la sua cultura pratica di donna vittoriana, tre stalle e un terreno pietroso in una bella dimora e una picola tenuta atta a dare un tono di vita quasi signorile ad una famiglia dalle risorse modestissime. Nel 1897 l’eredità dei suoi genitori permise di completare i lavori della casa di Riofreddo e la spedizione in Grecia coronata dalla battaglia di Domokos segnò il ritorno della famiglia a Roma. Da allora, i figli maschi in collegio, la coppia condurrà vita tranquilla con Ricciotti interessato sempre di politica e di programmi irredentisti.
Costanza svilupperà la sua anima artistica e socialmente impegnata creando da una parte opere d’arte per ornare la sua casa e quella di Caprera e d’altra parte dando vita a La Maddalena e a Riofreddo a piccoli ambulatori utilissimi a sollevare la sorte di popolazioni povere e scarsamente educate ad una moderna igiene.
Sarà la Grande Guerra a segnare la fine degli anni più sereni dell’inizio del secolo. I primi figli maschi si allontanarono da casa, appoggiandosi Sante, Menotti e Bruno, alle imprese della famiglia Hopcraft. Sei di loro si ritrovarono nella Legione Garibaldina in Francia, dove persero la vita Bruno e Costante. I fratelli superstiti rientrarono nell’esercito regolare nel 1915, mentre le due figlie maggiori servirono come crocerossine.
Dopo la guerra, i figli non riuscirono a mantenere l’unità della famiglia e il rispetto della gerarchia imposti dal padre, tentarono vie politiche diverse e si dispersero all’estero. Solo il figlio Ezio rimase in Italia, assicurando dopo la morte di Ricciotti, nel 1924, nel quadro delle benemerenze del nuovo regime, una pensione alla madre. Annita Italia si allontanò per diversi anni sviluppando un’attività di conferenziera, dissenziente dalle scelte politiche di Ezio. Giuseppina, la figlia più giovane si sposò e visse negli Stati Uniti. Con Costanza rimase la figlia maggiore Rosa, raggiunta dopo il 1932 anche da Annita Italia. La sua vecchiaia sarà segnata dalla lontananza dei figli maggiori e dall’assistenza costante delle due figlie rimaste in Italia, che saranno le sue eredi.
Costanza si spegne il 9 novembre 1941 a Roma. La sua memoria rimane viva a Riofreddo. A lei sono dedicate una strada, la scuola. La si ricorda soprattutto per l’ambulatorio e le sue opere di bene, mentre sul monumento ai caduti si leggono i nomi dei tre figli dati alla patria, Bruno e Costante nella Grande Guerra e Sante nel secondo conflitto mondiale. Lei fu il solido pilastro di una famiglia alla quale mantenne decoro nei momenti peggiori, sposando sempre e totalmente le vedute del marito ma sostenendo la famiglia con la forza del suo carattere e della sua determinazione a essere, non meno di lui, per lei stessa e per i suoi figli, portatrice di un mito.
Si è svolta sabato 4 luglio 2014 a Caprera l’inaugurazione di una nuova mostra dell’ANVRG, dedicata quest’anno a Costanza Garibaldi. E’ stata curata dal nostro Ufficio Storico, con la collaborazione di Letizia Paolini, e allestita presso la Casa Museo di Garibaldi all’interno dell’Antico Mulino a vento. L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla Soprintendente di Sassari, dott.ssa Francesca Càsule e alla Direttrice del Compendio Garibaldino di Caprera dott.ssa Laura Donati. Si presentano le riproduzioni di cimeli, fotografie e opere pittoriche relativi alla consorte di Ricciotti Garibaldi, conservati nel Compendio Garibaldino di Caprera, nel Museo della Repubblica Romana e della Memoria Garibaldina di Porta San Pancrazio a Roma e nel Museo delle Culture-Villa Garibaldi a Riofreddo, per gentile concessione dei rispettivi direttori. Si pubblica per la prima volta l’albero genealogico della famiglia Hopcraft, famiglia di origine di Costanza, ricostruito da Annita Garibaldi e dal genealogista inglese Jeremy Goldsmith, che contribuisce a chiarire molti aspetti della vicenda della consorte e dei figli di Ricciotti.
Il convegno che ha inaugurato la mostra si è svolto sotto il celebre pino di Clelia nel cortile del Compendio, con gli interventi della sua direttrice, Laura Donati, moderatrice.
E’ intervenuta Federica Falchi, dell’Università di Cagliari, che ha presentato un esaustivo profilo della donna vittoriana, tra ideale e reale. Secondo l’oratrice “…il XIX fu un secolo cruciale in Gran Bretagna perché, se da una parte si caratterizzò per un aumento costante della produzione ed un ampliamento e consolidamento dei propri confini, dall’altra si confrontò con le prime istanze sociali di cui si fece portavoce una nuova classe, il proletariato (che l’industrializzazione stessa aveva creato). L’equilibrio socio-politico fu, inoltre, scosso dall’apparire sulla scena pubblica della figura femminile alla quale gli angusti ambiti domestici sembravano non bastare più. Figura emblematica dell’epoca fu la Regina Vittoria che, salita al trono appena diciottenne, fu capace di diventare un punto di riferimento morale e politico per ideologie antitetiche.
A dispetto, infatti, del suo tentativo di enfatizzare le proprie caratteristiche “naturalmente” femminili di moglie e madre, Vittoria fornì anche, alla luce del successo economico e politico della Gran Bretagna, la prova irrefutabile delle potenzialità femminili anche in un campo alle donne solitamente precluso come quello della politica. Ed è proprio l’ambivalenza che caratterizza la figura della Regina Vittoria che si riflette sulla donna vittoriana, da una parte rappresentata come “The Angel in the House”, figura devota ai mariti e ai figli, la cui felicità rappresenta la sua unica ragione di vita, e dall’altra come “The girl of the period”, una fanciulla che si muove liberamente nell’ambito pubblico, assumendo comportamenti “disdicevolmente” maschili e reclamando una parità di diritti con l’uomo. I giornali, i romanzi, gli studiosi, ma anche le leggi e le istituzioni di stampo patriarcale, contribuirono alla costruzione del mito dell’“Angel”. Sin dall’infanzia, infatti, le donne erano indirizzate al lavoro di cura.
Escluse da una paritaria educazione con gli uomini, ci si premurava di insegnare loro solo come “governare” una casa e come accudire i figli e soprattutto il marito, che non andava contraddetto ma sostenuto. Nonostante le preclusioni e l’opprimente condizionamento sociale, nella realtà britannica agivano differenti tipologie di donne e così accanto all’“Angel” ritroviamo le lavoratrici, le donne impegnate nella filantropia e nelle rivendicazioni emancipazioniste, ma anche le prostitute, più delle altre figlie di un’educazione e una legislazione asimmetrica.
Il complesso e articolato mondo femminile vittoriano si dipanava, dunque, fra l’archetipo della donna perfetta, “The Angel”, e la sua nemesi, “The girl”. La prima, promossa con una educazione ad hoc, era una donna moralmente ineccepibile e dedita alla famiglia, mentre la seconda, grazie ad una consapevolezza crescente, proponeva un modello femminile alternativo, che, travalicando i confini della sfera privata a lei deputata da secoli, reclamava a gran voce la possibilità di agire e realizzarsi anche nell’ambito lavorativo, sociale e politico.”
E’ poi intervenuta Giovanna Sotgiu, storica maddalenina e membro dell’associazione culturale CORISMA, sul ruolo attivo di Costanza nella nascita e nella gestione dell’”Ambulatorio-Ospedale Garibaldi” a La Maddalena, di cui fu la fondatrice nel 1907. Giovanna Sotgiu è autrice di un importante saggio sull’argomento pubblicato su “L’Almanacco Maddalenino”.
Il rapporto di Costanza con il marito, Ricciotti Garibaldi, è stato sviluppato dall’oratrice con particolare acutezza ed un humour che viene da dirsi molto inglese. Annita Garibaldi ha illustrato alcune delle vicende familiari dei Garibaldi, e la mostra come parte del progetto ormai consolidato su “I Garibaldi dopo Garibaldi”.
Ha concluso il convegno Antonello Tedde, Presidente della nostra Sezione di La Maddalena che ha introdotto alla visita della mostra stessa, sottolineando le testimonianze della presenza di Ricciotti e Costanza Garibaldi a La Maddalena e Caprera, con l’ospedale voluto da Costanza, il busto di Anita in Piazza Comando, o ancora il telo dipinto presente nel Compendio raffigurante il
Generale Garibaldi.
La mostra ha riscosso un grande successo, anche grazie al talento dell’allestitore Pietro Usai, della Sovrintendenza di Sassari, al personale del Compendio Garibaldino di Caprera, ai soci della Sezione dell’ANVRG, alla gentile guida di Vittoria Tanzi, studentessa nel liceo locale nonché alla presenza dell’amico e consocio Renato Sassaroli di Firenze. Il 9 agosto sarà inaugurata nel Museo di Riofreddo, dove rimarrà fino al 14 settembre.