Il porto d’armi di Garibaldi
Da uno sperduto stazzo tra le guglie granitiche della Gallura, una curiosa storia di amicizia tra un grande della storia d’Italia e uno sconosciuto cacciatore sardo. Per la fama del personaggio di questo racconto, credo sia giusto collocare gli avvenimenti che seguono nell’anno 1855. Il signorotto in questione… è Giuseppe Garibaldi. Rientrato dal forzato esilio impostogli da casa Savoia, “l’eroe dei due mondi” ha già deciso che sarà la Gallura la sua seconda patria.
È ospite di Nicolò Susini (sindaco di La Maddalena), che già lo aveva ospitato fuggiasco nel 1849 (dopo i fatti successivi alla difesa di Roma). La notizia per l’arrivo del Generalissimo e grande stratega militare, partecipe e protagonista di memorabili battaglie campali durante l’epopea risorgimentale, non si è ancora sparsa a nord della linea spartiacque del monte Limbara. Fu probabilmente in uno di quei giorni di “iniziale anonimato” che trae contorno questa storiella. Garibaldi va alla ricerca di una proprietà terriera da acquistare facendosi accompagnare dal suo amico sindaco e, al primo cittadino, impone di tenere segreta la sua vera identità: fedele al proprio carattere irreprensibile, non voleva condizionare le offerte dell’eventuale venditore. Puntano diritti verso lo “stazzo cucuruzzu”, nell’agro di Bassacutena.
Il proprietario è un tal Scampuddu Pilosu Pietro, grande cacciatore e possidente di enormi distese di terreno: è proprietario della penisola di Capotesta, ultima propaggine terrena dell’isola che domina le bocche di Bonifacio e le maestose scogliere della dirimpettaia Corsica. L’eroe intende acquistare quel tratto di terra per stabilirvi la propria dimora. Il sanguigno gallurese è invece inamovibile: attaccato come tutti gli isolani alla propria terra e forse più sostenuto da agiatezza economica che spinto da trasporti sentimentali, decide di non vendere. Ma l’ospitalità è un dono sacro che ieri come oggi si offre agli ospiti in Gallura. Garibaldi e il Sindaco vengono invitati a pranzo. Durante la consumazione del pasto la conversazione si sposta sulla gara con il tiro a fucile che si terrà l’indomani a Tempio Pausania per i festeggiamenti in onore del Santo Patrono. Scampuddu Pilosu Pietro convince i due ospiti a prendervi parte seppure come spettatori. L’amor proprio è un dono dell’edonismo che al Pirosu non manca proprio: sarà uno dei partecipanti alla gara.
Dall’altra parte vi è un uomo che di tiri di fucile ne deve aver visto parecchi. Garibaldi e il Sindaco decidono di assistere alla gara. La prova consiste nel tirare a 100 metri a palla asciutta su una lama di coltello conficcata nel terreno: Scampuddu Pilosu Pietro la spezza in due al primo colpo. È l’unico partecipante che vi riesce. Inaudito esplode il campanilismo dei tempiesi: il tiro viene considerato dai signorotti locali come una fortunata combinazione e Pirosu è invitato a ripetere la prova. “L’uomo di cucuruzzu” non si scompone: riprende posizione e la lama viene nuovamente divisa in due. Anche i più ritrosi devono cedere il passo alla bravura del Pirosu che viene dichiarato vincitore. Al rientro Garibaldi pernotta nuovamente allo stazzo di cucuruzzu e come aveva preteso la prima notte, dorme su di un pancaccio vicino al proprio cavallo. L’indomani si accomiata dal Pirosu, che di nascosto – mentre l’eroe ha già pronto il cavallo – chiede al Sindaco la vera identità dell’uomo venuto in veste di compratore. Avuta risposta che si trattava di Giuseppe Garibaldi, proruppe in frase: Perché non me lo hai detto prima!!! Avessi saputo che si trattava di lui gliele avrei regalate quelle terre.
Bassacutena, 25 novembre 1998 – La storia racconta che Garibaldi il 29/12/1855 acquistò metà dell’isola di Caprera. Da quel giorno i rapporti tra il condottiero e Scampuddu Pilosu Pietro andarono man mano consolidandosi. L’eroe raggiungeva spesso lo stazzo dell’amico Gallurese e ancora oggi la polverosa arteria che raggiunge lo stazzo di cucuruzzu viene chiamata “la strada di Garibaldi”. Purtroppo l’epilogo del racconto è da catalogare con data incerta: nemmeno un pronipote del Pirosu mi è potuto essere di grande aiuto. Il rapporto di reciproca grande amicizia che intercorse fra i due e l’ammirazione dell’eroe per il contegno da cecchino tenuto dal PIROSU nella gara di Tempio, spinsero Garibaldi (sicuramente deputato in una delle tante legislature da lui sostenute) a chiedere all’amico “se poteva essergli d’aiuto per qualche personale favore”. Scevro da titubanze Scampuddu Pilosu Pietro ammise con schiettezza che per ragioni di levatura culturale e di lungaggini burocratiche, era terrorizzato dal rinnovo del porto d’arma. Garibaldi capì al volo. Firmò e donò personalmente all’amico la sospirata concessione al diritto di portare armi e annotò nella scadenza: “-Validità – oggi e domani”. L’originale dicitura è ormai diventata locuzione comune fra il popolo gallurese. Quando si deve indicare necessariamente una questione che non sembra avere mai termine, si usa dire da queste parti: “CHJSSU È COMU LU POLTU D’ALMI DI GARIBALDI” (tutto ciò è come il porto d’arma di Garibladi: non scade mai).
L’antico forno, sito sul retro della casa bianca, visto dall’alto. L’azienda agricola del Generale era ben organizzata e il cibo, semplice e genuino, quasi interamente qui prodotto, veniva consumato e condiviso tra i numerosi ospiti in visita e la famiglia Garibaldi. Uno spaccato della vita a Caprera, semplice, agreste, sobria: così Giuseppe Garibaldi amava condurla. Compendio Garibaldino – Caprera