La Corsica e l’arcipelago della Maddalena
In seguito alla pace d’Aquisgrana avvenuta nel 1748 il Piemonte attraversò un periodo di stasi nella politica estera.
Dovette però interessarsi ad un problema fino ad allora trascurabile: quello della Corsica, isola appartenente alla Repubblica di Genova. Infatti il corso Pasquale Paoli si era messo a capo di un esercito di patrioti che, stanchi dei continui soprusi dei padroni genovesi, volevano emanciparsi da loro.
Benché la rivolta fosse stata sempre arginata dai genovesi coadiuvati dai francesi, i corsi reclamavano insistentemente l’aiuto dei Savoia tentando di far subentrare questi a Genova nella sovranità dell’isola.
Prima di quel momento i rapporti tra la Repubblica di Genova e il Regno sardo–piemontese si erano limitati all’estradizione dei banditi corsi rifugiati in Sardegna e ai contatti tra i governi per limitare l’azione dei contrabbandieri che partivano dalle isole disabitate dell’arcipelago di La Maddalena.
Proprio queste isole destarono l’attenzione dei Savoia che incaricarono degli informatori di stilare una relazione sulle condizioni dello sconosciuto arcipelago. Emerse che dal XVII secolo gruppi di pastori della vicina comunità di Bonifacio portavano periodicamente al pascolo greggi di capre e mandrie di bestiame. La consuetudine di quest’attività li aveva spinti a stanziarsi definitivamente con le proprie famiglie in quei territori e ad iniziare la semina d’orzo e frumento.
Dopo aver diviso la zona in piccoli lotti, ogni pastore portava al pascolo le proprie greggi che per la maggior parte erano di proprietà dei Doria, un’importante famiglia genovese, guadagnando in cambio metà del gregge stesso.
Per la secolare abitudine a risiedere a La Maddalena, la comunità di Bonifacio si convinse di detenere il diritto di proprietà. La Sardegna, intuita la convenienza strategico-militare ed economica, ne rivendicò il diritto e il ministro Bogino nel 1764 decise di far sbarcare truppe nell’isola al fine di rivendicare il diritto di prima occupazione.
Minuziosamente organizzato, il piano d’occupazione fu definito da esperti militari che calcolarono anche le rendite derivabili dallo sfruttamento delle risorse locali in rapporto alle spese da sostenere per lo scontro.
Il Bogino, coadiuvato dal viceré Des Hayes, approfittò del problema del contrabbando per iniziare una spedizione, che avvenne tra il 14 e il 15 ottobre 1767 con due navi, la San Carlo e la San Vittorio, comandate dagli ufficiali Di Brondel e Di Nonza, e con le truppe del maggiore di fanteria La Rocchetta.
Il problema del contrabbando non poteva essere estirpato in maniera concreta; inoltre questo non rientrava nelle intenzioni degli stessi occupanti poiché era l’unica risorsa e possibilità d’approvvigionamento per i pastori e per i corsi che, diversamente, non avrebbero potuto raggiungere i porti più distanti.
La spedizione terminò in brevissimo tempo e alcuni abitanti accolsero i conquistatori con riconoscenza e gratitudine: con l’affermazione di un’altra supremazia potevano appropriarsi del bestiame dei Doria. Altri temevano invece possibili ripercussioni verso i loro parenti che, rimasti a Bonifacio, avevano giurato fedeltà ai nuovi invasori. Altri, che da una situazione precaria traevano vantaggi economici, non accettavano la stabilità che poteva crearsi. A dispetto delle reazioni avutesi inizialmente, in un secondo momento la comunità di pastori si dimostrò particolarmente devota alla nuova supremazia e nei decenni successivi si rivelò fedele.
Nell’ottobre del 1767 fu quindi riconosciuta la nuova comunità della Maddalena che si dimostrò capace di prosperare anche negli anni successivi, sicuramente favorita dalle installazioni militari nei punti più strategici dell’isola, da una base di rifornimento per il deposito d’armi e munizioni (sia per il territorio circostante sia per coloro che vi facevano scalo), dalla costruzione d’opere in muratura come torri, postazioni, trinceramenti e ripari, da un approdo capace di accogliere bastimenti nazionali ed esteri.
Il centro abitato dell’isola, inoltre, fu dotato di una chiesa alla quale era annessa la figura di un cappellano e di un sindaco con competenze amministrative e parzialmente giurisdizionali; dal punto di vista economico, la pastorizia fu soppiantata dall’agricoltura e le terre disponibili furono recintate e messe a coltura con vigneti, frutteti e orti, mentre le capre furono bandite dall’isola poiché danneggiavano i raccolti.
Alcune agevolazioni consentirono un più facile approvvigionamento con cautele per il contrabbando; tutte le migliorie che i Savoia operarono consentirono una così grande crescita della popolazione che parte di questa fu trasferita in colonie presto istituite.
Il territorio, infine, si rivelò un’importante base strategica, come mostrano le sconfitte subite dai franco-corsi nel febbraio 1793 durante l’attacco francese alla Sardegna; a quella spedizione partecipò anche il giovane Napoleone Bonaparte.