La Maddalena, la città
Il turista impatta subito con un centro storico a misura d’uomo, contraddistinto dall’affascinante Cala Gavetta, dai suoi panfili, dagli storici leudi a vela latina e dai pescherecci.
Qui può osservare la Colonna Garibaldi, la lapide commemorativa dei fatti del XXIII febbraio 1793, il palazzo Roberts, oggi sede del Banco di Sardegna, e via via i palazzi di stile umbertino del lungomare, il Municipio dove si conservano i ritratti delle medaglie d’oro, una palla di cannone lanciata da Napoleone contro la chiesa, la lettera di Garibaldi che nel 1849 ringrazia la cittadinanza per la calorosa accoglienza, riportata in una grande lapide di marmo, visibile dall’atrio, la bandiera di combattimento contro i franco-corsi esposta in teca nella Sala consiliare, dove spicca pure un pavimento a mosaico di granito colorato lucido, con la riproduzione dello stemma araldico; da qui si procede per la chiesa parrocchiale dove sono esposti i candelabri e il crocifisso d’argento di Horatio Nelson, e nel piccolo ma ricco museo parrocchiale annesso, con i costumi attestanti il modo di vestire dei corsi del Collo-piano, prima dello sbarco sardo-piemontese.
A cinque metri dalla casa parrocchiale, a oriente, vi è la Piazzetta Sulis, su cui affaccia la casa dove morì il grande tribuno sardo. Proseguendo per via Regina Margherita si accede all’ex-Quartiere dell’Artiglieria, dove è oggi ospitata la Biblioteca comunale, che conserva le sceneggiature più significative del Premio “Solinas” (voluto principalmente da Gian Maria Volontè, la cui tomba è oggi meta di pellegrinaggio nel cimitero locale).
Dalla Biblioteca, a nord-ovest si può osservare l’ex-Forte Comando di Sant’Andrea, dove sventolava la bandiera di combattimento del 1793. Attraverso via XX Settembre, Piazza Garibaldi e Via Garibaldi si giunge in Piazza Umberto I (o del Comando) dove si possono ammirare i busti in bronzo del Maggior Leggero e di Anita Garibaldi e l’altro troncone del porto turistico di Cala Renella e i grandi palazzi del Comando militare.
Gli eventi più significativi, che hanno influenzato la formazione dell’insediamento nell’arcipelago di La Maddalena e, in particolare, nell’isola madre, a Santo Stefano e a Caprera, sono illustrati qui di seguito, prendendo spunto anche da quanto scritto nel 1961 dal Baldacci e nel 1982 dalla Racheli.
Un quasi totale silenzio avvolge la vita dell’arcipelago durante il medioevo. Le isole rimangono tagliate fuori dalla storia generale e locale e, da luogo di deportazione, diventano luogo di eremitaggio per un gruppo di Monaci, sotto la regola dell’Ordine di San Benedetto. Il castello di Bonifacio finisce per attrarre la loro attività e, alla fine del 1238, li troviamo quivi stabiliti con chiesa e convento, sempre alla dipendenza della diocesi di Civita. In data 19 giugno 1246 identici privilegi furono concessi al monastero di Sancto Angelo in Porcaria, cioè, ad un convento sito a La Maddalena.
Dal punto di vista politico l’arcipelago è terra di nessuno, e vi esercitano indipendenti diritti amministrativi sia sardi che corsi. In realtà le isole sono date per deserte o disabitate; siamo però sicuri che, almeno dalla seconda metà del secolo XVII, dall’anno 1683, sono stati battezzati a Bonifacio bambini nati nelle isole di La Maddalena e di Caprera.
L’interessamento politico-amministrativo del Regno sardo all’arcipelago comincia nel 1728, quando i confini settentrionali della Gallura vengono considerati come porta aperta al contrabbando.
Compiuta l’occupazione vengono fortificate con rapidità le località militarmente importanti dell’arcipelago e costruiti gli alloggiamenti per la truppa. In tal modo l’arcipelago comincia ad assumere una funzione specifica nella difesa settentrionale della Sardegna, svolgendo sin dall’inizio il compito di base-appoggio militare e mercantile. Alla Trinità l’insediamento si sviluppa intorno ad una conca al centro dell’isola madre, nel cui margine settentrionale, in gran parte recentemente ricostruita, è la chiesetta della SS. Trinità. La costruzione della Torre di Santo Stefano compiuta nell’isola omonima nel 1773, a protezione della costa meridionale de La Maddalena, contribuisce alla discesa alla marina, per la difesa che garantisce nei confronti di attacchi da parte di navi corsare.
L’espansione urbana a Cala Gavetta è molto rapida e, nel 1779, si pone il problema dell’erezione della nuova chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Maddalena, non potendo più funzionare come tale quella della Trinità situata nella parte più impervia dell’isola. A Santo Stefano è stata sistemata una guarnigione presso la cala di Villamarina, porto principale dell’arcipelago, dove si esigono i diritti d’ancoraggio.
Le instaurate condizioni di sicurezza favoriscono il popolamento della costa, presso Cala Gavetta, ove comincia a svilupparsi il primo centro abitato, con una adeguata organizzazione economica ed organizzativa. Nel 1794, come si rileva da una lettera tra il Bailo Fravega e il Vicerò, viene concesso ai residenti nelle isole di “chiudere” i terreni per solo uso agricolo, lasciando “aperti” quelli destinati a pascolo. E’ chiaro l’intento di favorire la coltivazione dei terreni in modo tale che la popolazione residente possa rendersi quanto prima autosufficiente. Intanto va formandosi anche l’organizzazione amministrativa e La Maddalena ha il suo primo sindaco con Antonio Ornano. La vendita della Corsica alla Francia, le lotte tra Francia e Regno sardo e l’episodio del 1793 risoltosi con insperata fortuna, sono elementi che tendono a dare alla vita cittadina di La Maddalena un distacco sempre più netto da Bonifacio e un’affermazione sempre più efficace della propria individualità nella compagine statale del regno. Il tramite è fornito dal barone Giorgio Andrea Des Geneys che, in qualità di capo squadra e comandante la Regia Marina, soggiorna a La Maddalena durante il periodo napoleonico. Il 10 dicembre 1799 l’isola, per il sistema delle fortificazioni, per la sicurezza delle sue cale e per la fedeltà dimostrata dai suoi abitanti alle insegna savoiarde, viene definita “base marittima”. All’epoca esistevano già la Torre di Santo Stefano, la Batteria Balbiano, il Forte Sant’Andrea, la Batteria Sant’Agostino, il Forte San Vittorio e il Forte Santa Teresa. Dove è oggi il comando della Guardia di finanza, venne costruita la residenza di tipo coloniale per il Bailo e per il comando marittimo. Ma l’arrivo del Des Geneys contribuisce, in particolare, a far crescere le strutture necessarie per l’assistenza dei velieri militari (Racheli, 1981).
Le prime modeste abitazioni di La Maddalena cominciano invece a sorgere sul versante di ponente, nel declivio detto “Spiniccio”, lungo le odierne vie Cloro, Gianicolo, Cissia, Guerrazzi.
Nella parte pianeggiante e più interna della cala sono stati eretti già in precedenza, come abbiamo visto, baracche, capannoni e magazzini militari. Per iniziativa del Des Geneys, ma pare anche su suo disegno, vengono costruite due nuove fortificazioni: una a La Maddalena chiamata Forte Carlo Felice, e l’altra nell’isoletta di Santo Stefano, denominata Forte San Giorgio. Sorge un ospedaletto militare, in parte tutt’ora in piedi, al confine col Lazzaretto, tra la via Domenico Millelire ed il cortile attualmente occupato dall’albergo “Flat House”. Verso il 1820, per impedire che con le mareggiate di maestrale l’acqua raggiunga l’interno delle “baracche”, vengono costruiti i primi rudimentali bordoni di banchinamento. Negli anni successivi è tale lo sviluppo del centro abitato che, già nel censimento del 1871, la città appare articolata in più sezioni: Marina, Castelletto, Quarantena.
La Maddalena riassume l’importante funzione di sentinella al confine il 6 marzo 1887, quando essa viene designata come base navale della Marina militare italiana, derivando da tale funzione quella fisionomia che oggi conserva. Le costruzioni civili e militari si estendono lungo tutto il settore costiero meridionale dell’isola sino a Punta Moneta, circondando di banchine, di scali e di magazzini la Cala Mangiavolpe, Cala Camiciotto e Cala Camicia, adattando, scavando e dragando la costa e il mare antistante. Gli alloggi per i militari e per i civili addetti all’arsenale, si sviluppano nel declivio retrostante, con un piano regolatore razionalmente attuato, con palazzine a più piani e a più appartamenti, trasformando l’incolto e aspro paesaggio originario in una cittadina vivace. Il nuovo impianto edilizio, considerato nel suo intero complesso plurifunzionale estende improvvisamente di circa sei volte l’area urbana. Naturalmente altro lavoro viene febbrilmente svolto in altre parti della stessa isola e in altre isole dell’arcipelago e sulla costa sarda, dove si costruiscono imponenti fortificazioni, caserme di diversa grandezza, polveriere, basi di appoggio per rifornimenti, ecc.
Mentre nell’ambito del perimetro cittadino del 1887 si riempiono i vuoti, e taluni edifici sono provvisoriamente destinati ai nuovi uffici previsti, la città si amplia verso oriente. Si procede alla stabilizzazione e alla colmata della parte più interna di Cala Mangiavolpe, formando così la vasta piazza “Renella”, poi piazza del Comando e oggi piazza Umberto I, circondata dalle palazzine del Comando Marina.
Attorno a Cala Gavetta vengono quindi sorgendo la Regia Caserma dei Carabinieri, insediatasi nella antica casa Azara; i Castelletti tra via Cairoli, la stessa casa Azara e i vicoli che prenderanno i nomi di via Principessa Isabella, via Castelfidardo, via Cavour e via Magenta; piazza Barone Des Geneys e, più tardi, via Agostino Millelire e quindi via Cairoli. Il centro abitato si è ovviamente esteso, soprattutto verso levante, invadendo la piazza degli Olmi, soffocando la batteria Balbiano e facendo sparire il Forte Sant’Agostino.
Il trasferimento dell’Ammiragliato a Cagliari, avvenuto nel 1933, costituisce la prima menomazione per l’attività che, di riflesso, svolge la popolazione civile. Anche l’Arsenale militare viene chiuso e comincia una massiccia e amara emigrazione in cerca di lavoro.
Tutte le fortificazioni vengono spogliate degli armamenti e rese inservibili. In questo periodo le abitazioni civili del settore orientale della città si sono sviluppate nel rione Due Strade, che presenta un allineamento di palazzine sul tipo residenziale “città giardino”, mentre un altro abitato si sviluppa contemporaneamente a Moneta, tra Cala Camicia e Piticchia, con casette a un piano, destinate soprattutto agli operai civili addetti al cantiere navale militare. Quest’ultimo agglomerato (l’Arsenale) figura per la prima volta con la qualifica di centro abitato nel 1936, ma in pratica esprime l’ampliamento più lontano rispetto al baricentro cittadino.
Nel 1949 la Marina trasferisce da Venezia a La Maddalena la Scuola meccanici e, poco dopo, da Portoferraio la Scuola nocchieri; nel 1951 riprende a funzionare, sia pure con mansioni molto limitate, l’Arsenale. Nello stesso tempo anche la città “borghese” si è ampliata, con edifici di minor volume, risalendo alla collina verso il cimitero vecchio. Il trasferimento del vecchio cimitero alla Trinità, ha consentito l’ampliamento della città in questa zona panoramica, completando lo sviluppo assunto più a occidente con il grande edificio scolastico e con il campo sportivo. Un’altra direttrice “borghese” si è attivamente inserita nel settore occidentale, oltre Spiniccio verso Padule, con insediamenti eterogenei che comprendono sia edifici multipiano che villette.
La Marina militare attenua il suo sviluppo; passaggio da ruolo centrale del sistema militare nazionale a ruolo nodale-periferico del sistema militare mondiale…
Tra il ’64 e il ’66, come conseguenza dell’entrata dell’Italia nel sistema difensivo Nato, la zona marina tra Olbia e La Maddalena viene inclusa nella sfera di interessi delle forze navali.
Il Programma di fabbricazione vigente dal 1972 normalizza la naturale direttrice delle zone di completamento e di espansione residenziale sia verso levante, fino al quartiere Moneta, e verso la direttrice panoramica per lo Spalmatore fino al quartiere Mongiardino, sia verso poniente da Padule fino alla vallata di Nido d’Aquila, quartiere questo che, nonostante una densità edilizia da zona di completamento, appare scollegato dal resto dell’abitato e incapace di assumere una fisionomia e una funzione di valorizzazione di Villa Webber e del suo magnifico parco.
Il restante territorio dell’isola viene destinato in parte a zona per insediamenti turisticoresidenziali e in parte a zona di salvaguardia paesistica. Il mancato adeguamento ai decreti regionali dello zoning urbanistico ha favorito un utilizzo non corretto delle zone di completamento e di espansione, aggravando la carenza di infrastrutture e servizi.