La pesca
Foto di Fabio Presutti
Alla fine del Settecento arrivarono nell’Arcipelago i primi pescatori napoletani, procidani e ponzesi. Le isole offrivano dal punto di vista geografico molte possibilità di riparo dalle intemperie, risorse ittiche ancora integre e la possibilità di poter lavorare contando su poca concorrenza.
I primi furono i corallari, seguiti dai pescatori del Regno di Napoli. Poi fu la volta dei greci che raggiungevano le isole a bordo di grosse barche a vela per la pesca delle spugne.
Per la cattura delle aragoste si utilizzavano le nasse, calandole anche a novanta metri di profondità a nord dell’isola delle Bisce o degli isolotti dei Monaci e lasciandole in mare almeno per una settimana. Per esca erano utilizzate le teste e le code di gronghi, murene, capponi.
Con il resto del corpo i pescatori si preparavano il pasto: una grande zuppa con acqua dolce, qualche volta un po’ di conserva e, se i pesci erano pochi, si arricchiva il tutto con le patate messe a cuocere con la buccia.
Il sistema delle nasse è stato abbandonato a favore delle reti e della pesca mirata ad aragoste.
A cavallo tra le due grandi guerre, le barche non erano ancora munite di motori, si andava a vela o a remi e, per tutto il periodo dedicato alla pesca, ci si rifugiava a Liscia di Vacca, sulla costa sarda.
L’introduzione del motore ha consentito di raggiungere velocemente i luoghi di pesca, spostarsi con facilità, trascorrere meno tempo in mare e acquisire maggiore sicurezza con condizioni di tempo perturbato. Attorno agli anni sessanta l’innovazione del verricello elettrico ha alleggerito il lavoro manuale anche alla presenza di correnti sfavorevoli. Infine le più recenti invenzioni come l’ecoscandaglio, il radar, il GPS hanno permesso la facile localizzazione dei luoghi di pesca e il ritrovamento immediato degli stessi con precisione unica. E’ cambiato anche il materiale impiegato per le reti: non più il filato di cotone, ma un resistentissimo nylon che le rende quasi indistruttibili con l’inconveniente però che, a differenza del cotone disfatto dal mare nell’arco di due mesi, le reti perse sul fondo continuano a pescare inutilmente per molto tempo.
Vedi anche: Il mondo della pesca