L’amministrazione Carbini
Le elezioni dell’8 marzo 1953 avevano confermato che a La Maddalena la Democrazia Cristiana era il partito più forte. A parte l’esperienza del maggio 1952, lo ‘scudo crociato’ riconfermava i livelli di cinque anni prima, delle elezioni politiche del 18 aprile 1948: allora le preferenze avevano raggiunto il 55,9%, un successo già di notevoli dimensioni, ma ora la percentuale dei consensi saliva sino al 59,4%. Quanta parte abbiano avuto in questo ulteriore aumento di voti le vicende che dieci mesi addietro avevano portato ai licenziamenti di sedici dipendenti dell’Arsenale, lo indica il fatto che i rappresentanti del Partito Comunista passarono da 8 a 3 nel giro di meno di un anno. Un calo del 62%. Mai in una consultazione civica si era visto qualcosa del genere. Né se ne vide più.
L’incidente di percorso del 26 maggio dell’anno prima era cancellato. La DC poteva riprendere il suo posto al governo della città.
Con una certa fatica, però.
Non certo per difficoltà di governo, ma per difficoltà interne. La candidatura dell’ex podestà Aldo Chirico aveva portato nelle casse della DC ben 975 voti, un patrimonio, e ora l’ex gerarca reclamava a gran voce un ruolo che gli spettava, per diritto politico. E questo suo diritto si scontrava con la suscettibilità di un altro ex simpatizzante fascista, il sindaco, Antonio Carbini, che non poteva lasciar correre la facilità di ‘penna’ del suo consigliere, specie quando si serviva di questa per imbastire denuncie, ai danni della stessa amministrazione di cui faceva parte. Chirico, insomma, si dimostrava piuttosto riottoso ad una normalizzazione di pensiero e d’opera, e questo scompaginava parecchio i piani di una maggioranza che ambiva ad un governo senza scossoni e, massimamente, senza contestazioni.
Nella seduta consiliare del 5 ottobre 1953, per esempio, sette mesi appena dopo le elezioni, il sindaco, prima di sciogliere l’assemblea, rilasciò delle dichiarazioni che si dimostrarono essere dei fulmini prima della tempesta. Antonio Carbini accusò Chirico di non “eseguire critica serena” in consiglio, ma di affidarla a “libelli pubblicati in giornali che sembra trovino la ragione della loro stessa vita nel pettegolezzo paesano” [1]. In breve Carbini ricordava che il consigliere Chirico aveva “offeso la dignità ed il prestigio del Consiglio Comunale” evitando di far discutere una sua interrogazione, affidata in seguito alle pagine di un giornale “arrogandosi il monopolio (a lui da nessuno concesso) di essere l’unico ed esclusivo giudice dell’operato dell’Amministrazione Comunale”. [2]. Si trattava di una critica frizzante su alcune spese di trasferta imputate al sindaco stesso. Passando a più sostanziali fatti il Carbini fece i conti in tasca del suo antagonista per quanto concerneva le spese eseguite durante il periodo podestarile, venendo alla conclusione che esse erano eccedute del 300% su quanto previsto nel bilancio comunale, “… e fu necessario stornare i fondi da voci del bilancio in cui figuravano somme stanziate ma non spese” [3]. Era l’ultima frecciata prima della rinuncia alla carica. In prosieguo d’intervento infatti il primo cittadino affermò di attendere “di giorno in giorno una comunicazione che comporterà il mio trasferimento da La Maddalena” [4].
Le dimissioni, necessarie per ragioni di lavoro, Antonio Carbini le presentò nella riunione consiliare del 21 novembre successivo.
La presidenza fu assunta dall’assessore anziano, Pietro Ornano, il quale, prima di passare alla discussione dell’ordine del giorno, lesse un telegramma trasmesso al sindaco de La Maddalena da quello di Trieste, per ringraziarlo dell’interesse mostrato verso quella città che aveva sofferto fatti di sangue conseguenti alle manifestazioni popolari per la richiesta di riannessione all’Italia [5].
Passando alla trattazione dei punti all’ordine del giorno Ornano dichiarò che il sindaco Antonio Carbini aveva presentato le proprie dimissioni e invitava i colleghi alla presa d’atto, motivato da ragioni di trasferimento per lavoro.
Distribuite le schede numerate, il presidente fece eseguire le operazioni di spoglio da cui risultò che su 28 presenti e 27 votanti (Carbini si era, ovviamente, astenuto dal voto), 21 avevano accettato le dimissioni, 6 risultarono essere le schede bianche [6].
Occorreva eleggere un nuovo sindaco. In principio di discussione il consigliere Mario Luongo (PCI) fece sapere che “avendo appreso dal gruppo di maggioranza il nome del candidato alla carica di sindaco, poiché il nominativo non è di gradimento del gruppo al quale appartiene” il gruppo stesso si sarebbe astenuto [7]. Analoga posizione presero i consiglieri di opposizione Luigi Scetti (PSI) e Gavino Demuro (indipendente di sinistra) . Alla resa dei conti votarono solo 21 dei 28 presenti in aula: 20 voti andarono al candidato Pietro Ornano, 1 a Donato Pedroni, entrambi democristiani.
“Mi avete elevato alla dignità di primo cittadino. Questa dimostrazione di fiducia nella mia modesta persona mi commuove profondamente”: furono le prime parole che Mario Ornano, noto Pietro, pronunciò dopo che egli stesso ebbe letto i risultati della votazione (8).
La dichiarazione continuava con queste parole: “Ringrazio tutti coloro che mi hanno dato il suffragio; ai consiglieri di maggioranza militanti nel partito DC ritengo poi doveroso rivolgere in particolare i sensi della stima e considerazione: essi facendo cadere la scelta su di me, un indipendente, hanno dimostrato di non essere animati da faziosità” [9]. Riguardo alla futura condotta amministrativa, asseriva di voler allontanare “da quest’aula ogni spirito di parte, e tutta la nostra passione sia impiegata al servizio della comunità per il progresso della nostra Isola” [10]
Il fatto che Ornano fosse rappresentato all’interno della maggioranza come ‘indipendente’ dimostrava, con la sua elezione, che i dissidi interni non erano tacitati, ma che un candidato equidistante dalle correnti che serpeggiavano nel partito era l’unica soluzione percorribile per far sì che ci fosse continuazione amministrativa, e che – massimamente – non si corressero i rischi, sempre presenti in un agone politico ‘bollente’ come quello isolano, di frammentazioni o di spaccature capaci di paralizzare l’amministrazione, paventando ipotesi di nuove elezioni. Non per nulla l’amministrazione Ornano è stata una delle più longeve.
Il 25 novembre successivo l’amministrazione Ornano entrò in piena funzionalità con l’elezione degli assessori.
Il Pane del Governo di Salvatore Abate e Francesco Nardini – Paolo Sorba Editore – La Maddalena
NOTE:
[1] ACLM. Deliberazione n. 88 del 5 ottobre 1953.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] Ibidem.
[5] Cfr. ACLM. Deliberazione n. 89 del 21 novembre 1953. La giunta aveva inviato un telegramma il 7 novembre, ed il 16 era giunta la risposta. I fatti di sangue erano avvenuti il 6 novembre ed avevano causato un centinaio di feriti e 6 morti.
[6] ACLM. Cit. Deliberazione n. 90 del 21 novembre 1953.
[7] Ibidem.
[8] Ibidem.
[9] Ibidem.
[10] Ibidem.
- Prologo di “Il pane del Governo”
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- 1946. La democrazia si presenta
- 1947. Gli anni della guerra fredda
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- Alla vigilia delle elezioni del 26 maggio 1952
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- 12 luglio 1952 – L’intervento dell’on. Luigi Polano alla Camera dei Deputati
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- 16 luglio 1952. Al ritorno da Roma
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- La fine della primavera isolana
- Le elezioni dell’8 marzo 1953. ‘Antò scopa di ferru’
- La diaspora del 1953
- L’amministrazione Carbini
- La ‘destra’ al governo (1953/1956)
- 1956 L’anno del consenso
- 1956 L’ultima offensiva
- Venti anni d’attesa
- Epilogo