L’ascesa e il declino di G.M. Angioy
Il governo cagliaritano affidò ad Angioy il compito di recarsi a Sassari come alternos viceregio per porre definitivamente ordine nella città e nel Capo settentrionale, che si era ribellato contro i feudatari. Angioy, vista la situazione europea così favorevole ai suoi ideali “rivoluzionari” per le vittorie di Napoleone, accettò l’incarico. Ma si pensa che questa missione sia stata organizzata dai suoi avversari politici che volevano allontanarlo da Cagliari e che tentavano di coinvolgerlo in una situazione difficile e a lui sfavorevole. Il 28 febbraio 1796 invece la marcia di Angioy verso Sassari fu accolta con entusiasmo dal popolo che lo riteneva un liberatore dal regime feudale. Inoltre proprio lì egli rafforzò il suo potere personale incoraggiando i movimenti antifeudali e conquistandosi la stima dei sassaresi con iniziative a favore del popolo. A Cagliari, nello stesso tempo, i suoi avversari allontanarono gli elementi più importanti del partito angioiano e i restanti seguaci del partito si schierarono a fianco dei moderati ormai nemici dell’Angioy. Il 2 giugno Angioy marciò verso Cagliari affiancato dai prinzipales e dalle popolazioni contadine del Capo settentrionale e dalla popolazione sassarese con l’intento di imporre al viceré e agli Stamenti l’abolizione del feudalesimo. Ma a contrastare il progetto di Angioy giocarono molte cause: le tattiche segrete dei suoi avversari, la coalizione formatasi tra nobiltà feudale e il clero, l’immaturità politica del popolo isolano rispetto ad un progetto tanto ambizioso. Le truppe che Angioy radunò avanzarono verso Oristano, dove vennero bloccate dalle forze miliziane inviate dagli Stamenti, che avevano dichiarato Angioy un fuorilegge, in seguito al suddetto sovvertimento della situazione a Cagliari. Angioy fu così costretto a ritornare a Sassari da dove il 17 giugno, ormai sconfitto, raggiunse Porto Torres dove si imbarcò con l’intenzione di recarsi a Torino per giustificarsi con il re. Dopo che ebbe constatato l’inutilità dal suo tentativo, andò a Parigi per convincere i francesi a togliere la Sardegna ai Savoia.
Gli Stamenti nominarono come nuovo alternos Del Rio, ma le rivolte antifeudali continuarono in tutta l’isola, tanto che gli Stamenti organizzarono spedizioni militari per reprimere i moti contadini. Gli Stamenti inoltre si impegnarono nell’accelerare i processi agli angioiani che continuavano a combattere il feudalesimo, sapendo che Angioy stava cercando di convincere i francesi a liberare i sardi.
Il 22 Marzo 1808 morì a Parigi Giovanni Maria Angioy: non era stato un grande condottiero e non era neppure stato un fortunato uomo politico: egli però ha sicuramente titolo per essere considerato campione di un grande ideale e vittima di un sogno per allora inattuabile.
Gli Stamenti eliminarono gli “strumenti d’unione”, cioè l’abolizione del feudalesimo attraverso uno strumento legale e concordato tra le parti, diffondendo atti di fedeltà al viceré e ai feudatari. I superstiti seguaci di Angioy che non vollero rinunciare ai loro ideali furono perseguitati e condannati a morte.
Dopo gli anni della lotta contro l’assolutismo sabaudo e della sollevazione antifeudale, a partire dall’estate del 1796 la Sardegna era piombata così nella lunga notte della Restaurazione.