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Le orfane d’un Eroe dimenticate nella miseria

Dal Giornale d’Italia del 18 luglio 1907 apprendiamo di un drammatico appello del figlio dell’eroe maddalenino Giovanni Battista Culiolo.

Riceviamo questa lettera che commuoverà tutti gli animi gentili e ispirati all’amore della patria.
Preg:mo Sig. Direttore,
Nel suo diffuso giornale di ieri in un articolo “Tragico rifugio di Garibaldi nella pineta di Ravenna viene ricordato il nome di Giovanni Battista Culiolo detto “Leggero”.
Mi consenta di riassumere la vita di questo eroe rimasto assai dimenticato dal Governo Italiano.
Giovanni Battista Culiolo, si arruolò nella marina con Garibaldi e fu suo compagno inseparabile; disertarono assieme e da Genova si recarono a Montevideo e dopo la guerra dell’anno 1837, contro i filibustieri, tutti i seguaci di Garibaldi ritornarono con lui in Italia.
G.B. Culiolo non abbandonando mai Garibaldi prese parte a tutte le guerre dell’indipendenza italiana, dal 1848 in poi e giunse al grado di maggiore. Assistette anche fino all’ultimo respiro, la soave Anita, prima moglie del generale Garibaldi.
Come rilevasi dal foglio matricolare conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze, fece di sé un perpetuo olocausto a pro della libertà del Paese e dell’Unità Italiana; sacrificò tutto quanto aveva e riportò numerose ferite alla testa ed alle gambe.
Perdette un braccio colpito da una palla di cannone e nell’altro aveva la mano ridotta a solo quattro dita. Era rapidamente da per tutto; appariva ratto come il baleno, quasi in un medesimo tempo su ari punti, per ciò fu chiamato “Leggero”, e rese in ogni battaglia segnalatissimi servizi.
Leggero” salvò dalla morte Garibaldi in Montevideo nell’anno 1836; “Leggero” salvò ancora dalla morte Garibaldi nell’anno 1848 in Roma, quando due capitani tedeschi volevano ammazzarlo.
Dopo il 1870 per varie nuove ferite riportate in guerra “Leggero” si ritirò nel suo paese nativo (Isola della Maddalena) e dopo appena un anno moriva lasciando l’infelice vedova con quattro tenere creature, senza alcun diritto a pensione, per non essersi fatto condonare gli anni di diserzione, il che chiesero ed ottennero tanti altri per avere combattuto per le patrie battaglie.
Ciò che importa ora, egregio Sig. Direttore, è di far rilevare che due figlie di “Leggero”, Rosa e Chiara Culiolo, tutt’ora nubili e rimaste prive anche della madre, lavorano, stentando in Napoli, la vita, e non hanno potuto ottenere, dopo reiterate insistenze, alcun aiuto dallo Stato Italiano, pel quale il loro padre sacrificò tutto sé stesso e le sue sostanze.
Il “Giornale d’Italia” renda di pubblica ragione quanto sopra, affinché qualche anima generosa e buona si slanci in soccorso delle due infelici orfane, le quali soffrono in silenzio le privazioni della vita. Purtroppo il Presidente del Consiglio ha escluso e dimenticato le vedove e gli orfani dei veri garibaldini dalla elargizione del milione concesso ai superstiti.
Con infiniti ringraziamenti e con la più perfetta osservanza, mi creda, egregio Signor Direttore.

Suo dev.mo ed obbl.mo servo
Andrea Culiolo

Impiegato presso la Direzione Generale del Demanio e figlio del povero “Leggero”.