Le prime Fortificazioni
Il primo nucleo di fortificazioni risale al ‘700, quando il regno di Sardegna, per affermare in maniera definitiva il suo dominio sulle “ISOLE INTERMEDIE” contese da Bonifacio, procedette ad un’occupazione militare in piena regola e, conseguentemente, ad una difesa fissa del territorio occupato. Era il 14 ottobre del 1767: un contingente di soldati comandati dal maggiore La Roquette sbarco alla Maddalena, chiese la formale sottomissione dei pastori corsi che abitavano le due isole maggiori e provvide subito a creare un trinceramento che garantisse alle truppe buone possibilità di difesa in caso del temuto attacco da parte dei genovesi. Si e creduto finora che tale trinceramento fosse ubicato in località Guardia Vecchia, dove in seguito sorse il forte di San Vittorio, ma cosi non è. Il tenente Theseo, che aveva sovrinteso all’opera, aveva lasciato un preciso disegno delle strutture costruite in località “La Guardia della Villa”, con una relazione attenta dei lavori eseguiti, della natura dei luoghi, delle difficoltà incontrate, corredando il tutto con una carta topografica generale che purtroppo andò smarrita in data imprecisata. Perciò, prendendo per buono il nome “La Guardia”, si attribuì ad una località dal nome simile (Guardia Vecchia) l’ubicazione del trinceramento. Quando, dopo qualche anno, fu costruita la chiesetta dedicata alla Santissima Trinita, tutta la zona, compreso l’alto sperone roccioso coronato dal trinceramento, perse il primitivo nome per assumere quello di “Trinita”. E della prima fortificazione abbandonata si perse memoria. Non vi è alcun dubbio che lo sperone della Trinita ospitasse il trinceramento di Theseo: prima di tutto perché più vicino al nucleo abitato della Villa, poi perché dall’alto della postazione era ben visibile e controllabile tutta la costa nord-ovest dell’isola Maddalena, sulla quale potevano sbarcare i bonifacini per tentare di riprendere possesso delle isole contese. Un’attenta lettura dei documenti d’archivio (relazione dell’ing. Cochis del 1777, carte catastali ottocentesche ecc.), conferma ampiamente questa affermazione suffragata anche dall’analisi delle strutture ancora esistenti, inglobate nella costruzione successiva. Basta sovrapporre il disegno di Theseo, del 1768, alla pianta della zona più alta della batteria del 1887, per vedere come le linee essenziali combacino perfettamente. Inoltre il vecchio bastione superstite a ovest é ben identificabile sia perché le pietre sono lavorate diversamente rispetto a quelle aggiunte in seguito, sia per la tecnica costruttiva adoperata: infatti, quando era possibile, i vecchi ”mastri” inglobavano nella muratura i massi di granito naturalmente emergenti e ciò e ben visibile nell’angolo a nord-ovest. Infine la differenza di taglio e di lavorazione della ‘ pietra ha dato alla muratura colori ben diversi: scuro, con superfici irregolari quello della parte antica; chiaro, con superfici più lisce quello più: recente.
Dopo il 1767, per i sei ami successivi, le truppe del distaccamento del regno di Sardegna, pur protette dagli attacchi esterni grazie alla solida muratura di cinta in granito, rimasero acquartierate in baraccamenti provvisori in legno, che spesso i forti venti abbattevano. Solo nel 1771 il Viceré di Sardegna, conte di Hayes, reperiti con qualche difficoltà i finanziamenti necessari, fece costruire, a Santo Stefano, la Torre Quadrata. Era la prima vera fortificazione degna di tale nome, situata sulla punta est di Villa Marina, la cala più frequentata dai velieri di passaggio nelle Bocche di Bonifacio: dava, infatti, riparo sicuro rispetto ai venti dominanti del I e IV quadrante, e offriva una fontana di buona acqua.
Negli armi seguenti, fino al 1806, il sistema difensivo fu ampliato e reso completo, per le esigenze del tempo, con la costruzione di altri sei fortini: Sant’Andrea, al vertice di un triangolo comprendente tutto l’abitato di Maddalena, i cui angoli inferiori, racchiudenti al livello del mare Cala Gavetta, erano rappresentati dalle due batterie Balbiano (a ponente), e Sant’Agostino (a levante); S. Vittorio, ubicato a quota 146 m., in posizione dominante rispetto ai canali d’accesso alla rada interna; Santa Teresa, o S. Elmo, su uno sperone roccioso alto 60 m., alla punta Tegge; San Giorgio, a ponente dell’is0la di Santo Stefano, in posizione tale da fiancheggiare la Torre di Villa Marina e le fortezze di Tegge e Balbiano; il forte Carlo Felice sull’altura dominante il canale fra Santo Stefano e Caprera.
Scopo iniziale della costruzione delle fortificazioni era quello di consolidare il possesso dell’arcipelago facendone accettare il principio, anche dal punto di vista formale, a tutte le nazioni. Significative sono, a questo proposito, le istruzioni date al comandante della base, negli anni successivi all’occupazione, per chiedere ed ottenere, anche con la forza, il saluto alla bandiera, sabauda da parte delle navi di passaggio nel canale di Santo Stefano.
A questa prima esigenza se ne aggiunse un’altra di non poco conto: quella cioè di diminuire il numero degli uomini preposti alla difesa, “di sparagnare la truppa che verrà impiegata in usi più necessari, attesane la scarsezza” (lettera del conte di Hayes al conte Bogino, 6 ottobre 1769).
Non ultima per importanza, infine, l’esigenza di presidiare la giovane base militare ormai costituita, anche in appoggio alle navi della Regia Marina Sarda, che potevano cosi incrociare con maggiore sicurezza nelle acque del nord Sardegna (fino al 1767 abbandonate all’assoluta supremazia dei Bonifacini e dei Barbareschi) contro i contrabbandieri, contro gli stessi barbareschi e anche contro la paventata riscossa francese.
E’ pero da notare che, sia per l’ubicazione (troppo isolati i forti S. Vittorio, Santa Teresa e Carlo Felice, costituenti il triangolo esterno intorno all’abitato; separati addirittura da un braccio di mare i due forti di Santo Stefano), sia per la struttura delle murature solo apparentemente stabili in quanto costituite da conci parallelepipedi di granito semplicemente legati con argilla, il sistema difensivo dell’arcipelago non avrebbe potuto reggere ad un attacco regolare di una flotta di navi da guerra debitamente equipaggiate.
Pierluigi Cianchetti