Le riforme e la figura di Giorgio Andrea Des Geneys
Tornato a Torino col re, Des Geneys fu inserito nella delegazione istituita il 30 dicembre 1814 per
la riunione di Genova al Piemonte e poi promosso tenente generale, mentre Constantin, De May e Porcile furono promossi maggiori generali. Fu il ministero della marina, istituito con regie patenti del 17 aprile 1815, attribuito al ministro degli esteri conte di Vallesa, a decidere il trasferimento del comando in capo della marina a Genova, con sede nel palazzo Gentile al piazzale Caricamento presso la darsena. Dal comando dipendevano l’intendenza generale, la direzione generale dell’arsenale (Constantin) e la direzione dei servizi militari. Con regio editto del 17 agosto il ministero della marina fu riunito alla segreteria di guerra e Cristoforo Sauli, già del magistrato ligure di guerra e marina, fu nominato tesoriere della marina reale. Nel 1816 Des Geneys fu promosso ammiraglio e presidente del consiglio d’ammiragliato; furono inoltre creati 3 dipartimenti a Genova, Villafranca e Cagliari, il corpo di stato maggiore, composto dagli ufficiali di vascello e la regia scuola di marina a Genova. Nel 1817 lo stato maggiore della marina contava solo 28 ufficiali di bordo (1 ammiraglio, 6 capitani di vascello, 1 di fregata inglese, 4 capitani di vascello in 2°, 5 tenenti e 9 sottotenenti di vascello e 2 guardiamarina), 3 quartiermastri e 5 segretari. La scuola aveva 24 allievi di 1a e 7 di 2a categoria. La forza armata includeva però anche 23 ufficiali di porto, 7 della Divisione leggera di Sardegna (2 compagnie), 14 dell’artiglieria da costa in Liguria, 43 dell’artiglieria di marina (10 compagnie), 29 impiegati dell’intendenza generale di marina, 2 medici, 10 chirurghi e 11 cappellani.
Nominato nel 1820 governatore di Genova, durante l’insurrezione dell’anno seguente Des Geneys fu malmenato e tenuto in ostaggio: due settimane prima suo fratello Giovanni, tenente colonnello d’artiglieria e già ufficiale dell’artiglieria francese, era stato ucciso da un sergente delle Guardie mentre tentava di opporsi alla rivolta nella Cittadella di Torino. Altri fratelli erano Alessio
Maurizio, tenente colonnello, che mantenne fedeli i carabinieri di Alessandria conducendoli a Novara, e Matteo, ministro di guerra e marina sotto Carlo Felice (1821-31). Adoperatosi generosamente per mitigare la repressione, l’ammiraglio diresse poi le spedizioni di Tripoli (28 settembre 1825) e Tunisi (1830 e 1833) e la crociera di vigilanza contro i fuoriusciti (1830).
Nominato maresciallo (1826), e insignito del collare dell’Annunziata (1835), Des Geneys morì a Genova il 3 gennaio 1839.
Gli storici concordano sulle sue capacità e meriti, ma anche sul suo carattere accentratore e autoritario. Ferdinando Pinelli, che nel II volume della sua Storia Militare del Piemonte prese le parti dei genovesi avviliti dall’annessione, sosteneva che la loro scarsa presenza nei ranghi della nuova marina da guerra non dipendeva solo dalla loro preferenza per la mercantile, ma anche dall’eccessivo spazio che l’ammiraglio avrebbe lasciato ai conterranei della sua amante:
«le sue rare doti erano offuscate da un prepotente desio di autorità che lo faceva sovente cadere nell’arbitrio, e da una libidinosa natura, che assoggettollo agli indegni intrighi di una tresca vergognosa, per cui i quadri dell’armata navale vennero gradatamente invasi dai connazionali della donna amata, nativa dell’isola della Maddalena, ed i quali, ad esempio dei corsi che tutti dicevansi cugini dell’imperatore Napoleone, si dissero cugini carnali dell’ammiraglio: tresca tanto più svergognata in quanto la concubina avea per marito uno stupido e vile uomo, che, sollevato da barbiere del barone ad ufficiale di marina, s’ebbe un buon impiego purché stesse lontano dalla mogliere. Ned io avrei fatto parola di questi turpi amorazzi, indegni di un uomo di merito così insigne qual fu il Desgeneys, se dessi non spiegassero perché così piccol fosse il numero dei liguri che entrarono nella nascente sarda marineria. Il favore di cui godevano questi isolani, uomini generalmente animosi, ma poco eruditi, e capaci solo di guidar legni a vele latine, l’orgoglio da essi spiegato, unito all’avversione dei genovesi pel nuovo dominio ed anche alla preferenza da loro data alla marina mercantile, che prometteva lucri maggiori, furono le cause che vietarono alla marina sarda di prender quell’incremento che il possesso di un esteso litorale marittimo, e di una città per fasti navali celeberrima, sembrava ripromettere: dimodoché il personale della marina venne a constare principalmente di isolani, come chiamavansi i nativi della Maddalena, di nizzardi, o, per meglio dire, nativi di Villafranca a mare, e di pochi genovesi, e questi non certamente i migliori, i quali si accomodarono ai servigi di Francia, o diedersi, come già notai, a navigare quali capitani di grosse navi mercantili».