Le riforme nel settore amministrativo
L’azione di riforma del Bogino si esplicò con maggiore concretezza nel campo amministrativo.
In primo luogo egli s’impegnò per limitare le prerogative del clero riducendo le decime ecclesiastiche; dimezzò l’eccessivo numero degli ecclesiastici (su 309.707 abitanti, i religiosi in Sardegna erano 10.108 e nella sola Cagliari se ne potevano contare tantissimi tra monaci e suore); ridusse il diritto d’asilo nei luoghi sacri non direttamente interessati all’esercizio del culto (come chiese campestri, cappelle, oratori privati con giardini e orti annessi ecc.); operò restrizioni per i laici e per i chierici coniugati (tutti avvantaggiati dall’immunità personale); sottrasse l’azione giudiziaria al foro ecclesiastico per i delitti più gravi; riordinò e costruì seminar e istituì nuove diocesi; sospese le accettazioni nei conventi il cui bilancio risultasse passivo (la proliferazione dei novizi nei conventi era diventata insostenibile poiché molti entravano a far parte degli ordini religiosi per condurre una vita più agiata; l’intervento operato fu drastico e l’applicazione delle direttive dettate dal Bogino fu guidata da una giunta presieduta dal Cossu); obbligò i ragazzi discoli a frequentare i corsi di educazione religiosa parrocchiali per ridurre il tasso di criminalità; impose l’osservanza del riposo per le feste religiose (ad eccezione dei lavoratori dei Monti frumentari); stabilì che ciascun sacerdote potesse beneficiare di una sola prebenda; emanò disposizioni per contenere il fenomeno della manomorta.
Dal 1764 il Bogino regolò le esportazioni granarie obbligando i coltivatori a denunciare la produzione annuale e lo stato di famiglia affinché si stabilisse l’effettivo fabbisogno del nucleo domestico. Riorganizzò le torri litoranee per ovviare ai contrabbandi e per impedire le incursioni; dotò l’isola di due nuove fregate, la San Carlo e la San Vittorio.
Con un Pregone del 1767 riorganizzò il servizio postale interno e le comunicazioni marittime con la terraferma. In passato l’isola non aveva infatti goduto del servizio postale per numerosi mesi e il Bogino, stabilendo turni e giorni precisi, voleva assicurarsi che ciò non sarebbe più accaduto. Secondo le nuove direttive la corrispondenza doveva partire con un corriere da Cagliari ogni venerdì e giungere la sera di domenica a Porto Torres per poi esser caricata su una piccola nave in partenza per Livorno nella notte tra domenica e lunedì. Un’altra imbarcazione doveva compiere il tragitto inverso da Livorno fino Porto Torres con la posta in arrivo che veniva poi smistata da un corriere interno.
A causa delle speculazioni illecite nei confronti delle popolazioni ignoranti fu riordinato il sistema monetario: la scarsa moneta metallica circolante era fortemente usurata o “tosata” dagli approfittanti che la deprezzavano sensibilmente. Di conseguenza fu sostituita la vecchia monetazione e fu fatta una tabella con l’esatto ragguaglio delle monete sarde e di quelle piemontesi.
Con un provvedimento del 1770 la Sardegna fu dotata di un servizio che fino ad allora era mancante rispetto alle altre regioni del continente: furono infatti istituiti i Tribunali del Consolato (uno a Sassari e uno a Cagliari) per la trattazione delle cause mercantili, marittime, di depositi e di prestiti, di noli e assicurazioni. A Cagliari il Consolato era formato da due Giudici della Reale Udienza e da due Consoli scelti fra i negozianti più capaci; a Sassari era invece presieduto dall’Assessore civile della Reale Governazione, da altri due assessori e da due consoli.
La vecchia legislazione spagnola fu solo parzialmente modificata: il Bogino volle che l’ incarica (responsabilità collettiva per reati commessi nell’ambito della villa), il guidatico (o salvacondotto per i delinquenti che avessero catturato a loro volta altri ricercati) e alcune pene corporali restassero in vigore.
Dal 1771 nelle sette città della Sardegna (Cagliari, Sassari, Castelsardo, Alghero, Oristano, Iglesias, Bosa) si ridussero da cinque a tre le classi dei cittadini eleggibili: la prima comprendeva cavalieri e laureati; la seconda notai, procuratori, negozianti e chi avendo un reddito potesse vivere agiatamente; la terza mercanti e bottegai.
La classe, che a Cagliari e a Sassari doveva comprendere nove persone, mentre nelle altre città ne comprendeva sei, veniva formata come segue: da una lista di quindici persone detta Consiglio venivano estratti i primi tre membri in ordine d’anzianità. Annualmente questi erano sostituiti dai successivi tre estratti a sorte. Le decisioni amministrative spettavano al Consiglio, che però era subordinato al viceré; di nomina regia restavano invece gli incarichi giudiziari per l’amministrazione della giustizia civile e penale.
Ebbe una più notevole incidenza la riforma dei Consigli Comunitativi, attuata con l’Editto del 1771 prima citato. Non potendo il Bogino rimuovere totalmente il sistema feudale, creò un efficace strumento di controllo del potere baronale in ogni villa infeudata: un Consiglio Comunitativo, creato per la prima volta dal governo.
Prima della riforma l’organizzazione interna nelle ville era gestita gerarchicamente: parroci, ecclesiastici e feudatario, sotto il cui controllo vivevano i vassalli, detenevano interamente il potere.
Con la riforma ogni villa di almeno quaranta fuochi o famiglie doveva avere un Consiglio eletto da tutti i capi famiglia; il numero dei consiglieri variava secondo la grandezza della villa.
La popolazione residente nella villa era divisa in tre livelli: il primo (formato da prinzipales, nobili, cavalieri, professionisti laureati, ufficiali di giustizia, ufficiali e sergenti delle truppe miliziane di cavalleria e fanteria e ricchi proprietari), il mezzano (al quale appartenevano i coltivatori o i possessori di bestiame che vivevano agiatamente) e l’infimo (costituito dai nullatenenti e dai meno abbienti). Il primo eletto tra quelli del ceto più alto era nominato sindaco per un anno, dopodiché di questa carica era investito il primo eletto del secondo ceto e successivamente ne veniva incaricato il primo eletto del terzo .
Le competenze dei Consigli erano assai ampie e andavano dalla ripartizione delle imposte alla tutela e all’amministrazione dei beni comunali.
Sebbene il Bogino abbia profuso un notevole impegno riformatore, i provvedimenti da lui adottati furono nella sostanza frammentari e (come si legge in una relazione del viceré Des Hayes, scritta nel 1770 ma pubblicata dal Loddo–Canepa nrlla seconda metà del Novecento) non portarono sostanziali miglioramenti in campo economico; fecero però maturare fra le popolazioni rurali un certo grado di coscienza civile.