Maddalena anni trenta
Enti della sede con i suoi servizi, con le opere di fortificazione da ultimare e da ristrutturare, si rimise mano alle norme che regolavano la vita militare nell’Isola. In quel periodo i militari, militarizzati e salariati dipendenti della Difesa, componevano la metà della popolazione, la cittadella militare dell’isola aveva finalmente un’altra fisionomia alla pari di tante altre piazzeforti sparse in tutto il territorio Nazionale. Tutto gravava attorno alla Marina, come nei primi anni dell’ottocento, con l’Ammiraglio Des Geneys, il quale aveva posto tutta la sua attenzione ed il suo affetto ai maddalenini che del mare avevano fatto la loro scelta di vita, avendo riconosciuto che i suoi armamenti fatti per lo più da isolani, gli avevano dato l’amore per questo meraviglioso luogo e per i suoi abitanti. L’ammiraglio di Divisione Vincenzo De Feo aveva capito che era ormai necessario mettere in mano alle disposizioni che da molto tempo erano rimaste accantonate in attesa di tempi migliori, e finalmente agli inizi del 1933, la base aveva il suo nuovo regolamento, nuove disposizioni per meglio capitanare quasi completamente tutta l’Isola militare.
Fu posta la massima attenzione nel sistemare la bandiera nazionale, che a norma del regolamento delle fortezze in tempo di pace, doveva essere ben visibile a tutta la cittadinanza: La bandiera nazionale veniva inalberata sul faro di Guardia Vecchia ogni giorno dalle 8 e discesa al tramonto del sole. Nei giorni festivi, nelle solennità civili e nelle altre speciali ricorrenze previste dalle disposizioni di legge e ministeriali, veniva alzata la bandiera nazionale all’antenna del Comando Militare Marittimo, Rendeva gli onori un piccolo picchetto armato, fornito dal gruppo torpediniere, con trombe o musica; negli stessi giorni veniva esposta la Bandiera Nazionale su tutti gli edifici militari sedi di comando, escluse le opere fortificate. Quando la batteria eseguiva i tiri di salva presso l’isola Chiesa, contemporaneamente veniva alzata la Bandiera Nazionale sull’albero della vicina stazione di segnalazione. Come Base Militare situata in un posto di confine era stata attuata la massima attenzione per la sua organizzazione alla difesa, mettendo la cittadinanza e le sue strutture militari al riparo. Esistevano dei segnali d’allarme per la difesa degli attacchi aerei, sia di giorno che di notte. Tutti i servizi, da quelli sanitari, dai Vigili del Fuoco, dai Carabinieri, dai militari di servizio di piazza e dalle maestranze civili, avevano dei compiti ben stabiliti che rispondevano a tutte le eventuali e concrete necessità. Guardia Vecchia quando assumeva lo stato di allarme come nel lontano 1793, diventava il punto di riferimento. Tutti quelli che, per un motivo o per l’altro, alzavano gli occhi verso verso la parte più alta dell’isola potevano sapere cosa stava accadendo. Tutto era talmente ben descritto che era quasi impossibile pensare che qualcosa non funzionasse. Al di là dell’aspetto strettamente militare, si era posta la massima attenzione ad eventuali incendi presso lo stabilimento militare e nelle sue vicinanze, comprese tutte le abitazioni militari e civili ed il museo Garibaldino. Tutti erano chiamati a contribuire, ed il personale militare aveva il compito di presiedere e di regolare ogni attività e di fare in modo che le disposizioni venissero applicate rigorosamente.
Navi in transito
Tutte le navi militari e mercantili che si dirigevano per approdare nell’ancoraggio della Maddalena, Palau e Arzachena si dovevano far riconoscere prima dello scalo, e per quelle che dovevano attraversare l’Estuario e le Bocche di Bonifacio, era proibito il transito senza fermarsi ad uno degli scali interni. Se qualche unità non rispettava le indicazioni convenzionali, le batterie di Nido d’Aquila e di Capo Ferro intervenivano con una salva di cannone a cento metri davanti alla prora della nave; successivamente se la suddetta non si fermava veniva colpita e sequestrata. Le disposizioni erano molto più rigide per le unità militari estere, che approdavano nelle acque dell’estuario. Rileggendole adesso si comprende come fosse preferibile rimanere a bordo anziché scendere a terra per le limitazioni che venivano poste a tutto il personale militare straniero. Le unità militari estere autorizzate ad approdare nell’Arcipelago non dovevano essere più di quattro e di piccolo tonnellaggio, per un massimo di 8 giorni. Non potevano scendendo a terra, oltrepassare i limiti dell’abitato ed avvicinarsi ai forti delle altre porte militari. A Caprera non si poteva né sbarcare né far visita al museo Garibaldino senza un’autorizzazione del Comando Militare della Piazza.
Utilizzo dei mezzi militari
Speciali autorizzazioni venivano concesse ai civili che chiedevano di usufruire dei permessi per un passaggio sui Rimorchiatori e barche militari che facevano servizio nell’Estuario. Le località interessate erano le zone di Cannicioni, Capo Ferro – Liscia di Vacca, Tremonti, le isole Spargi, razzoli e Santa Maria. Tali tessere erano a pagamento e ne usufruivano unicamente chi vi abitava o vi lavorava. Il ricavato della vendita dei biglietti andava l’istituto “Principe di Piemonte”. Qualsiasi servizio a richiesta, di mezzi galleggianti e di rimorchiatori, se Al di fuori della Regia Marina, veniva pagato e doveva sottostare alle norme di pagamento stabilite.
Uso della divisa militare
Era in vigore l’uso della divisa per tutto il personale militare ad esclusione degli Ammiragli o dei suoi pari grado corrispondenti. L’abito civile era quasi bandito: solo speciali autorizzazioni davano la possibilità di indossarlo. Solo quelli che andavano in pensione, finalmente, disponevano della facoltà di mettere un indumento diverso da quello della divisa. Non deve stupire lo spirito con il quale prestavano servizio ed accettavano senza indugi le regole della disciplina: “Prima di tutto la Patria poi la famiglia”, principi dettati dal fatto di riconoscersi militari e difensori della Nazione e di logica anche della famiglia. tutti erano chiamati agli esercizi militari e scuola di contegno nel pomeriggio di ogni martedì e giovedì. Nell’ultimo martedì del mese, riunione generale nel piazzale della caserma Faravelli per le esercitazioni militari e saggi di ginnastica collettiva.
Per i militari analfabeti, vennero istituiti dei corsi di scuola presso il ricreatorio, l’ex Cimar “Circolo Marinai”. Il corso durava mediamente due mesi e lo studio pomeridiano era obbligatorio per coloro che dovevano prendere la licenza elementare. Il maestro era un’Ufficiale il quale aveva il compito di vigilare sull’andamento di ogni allievo. I servizi religiosi erano previsti tutte le domeniche alle ore 10,30, celebrati presso il Gruppo Centro, (l’attuale Mariscuola), e vi partecipavano tutti coloro che desideravano assistervi. Nell’assenza del Cappellano Militare la messa veniva celebrata nella parrocchia di La Maddalena alle ore 11,30. Al sabato alle ore 9,30 veniva celebrata una messa alternativamente a Stagnali e a Nido d’Aquila. Il Servizio Sanitario prevedeva che tutto il personale in servizio venisse sottoposto a controllo medico e di prevenzione. Le visite mediche generali con chiamata a ruolo erano obbligatorie, affinché nessuno potesse sottrarsi all’esame; avevano lo scopo non solo della profilassi antivenerea, ma soprattutto di vigilanza sullo stato di salute generale del personale, per scopre stati morboso latenti. Esse venivano fatte sistematicamente almeno due volte al mese. Il sevizio profilassi funzionava continuamente presso l’infermeria del Gruppo Centro e al pronto soccorso dell’Ospedale Militare. Tutto ciò per rendere più pratico ed agevole l’esecuzione delle misure profilattiche. La campagna antimalarica veniva effettuata nel periodo tra i 1° aprile e il 31 ottobre di ogni anno su tutti i maddalenini che abitavano al di fuori del cento abitato. Un gruppo di medici del Servizio Sanitario Militare eseguiva un censimento annuale dei malarici, i quali venivano assoggettati alle cure del caso e provvedevano anche a tutto quello che era necessario per un efficace campagna antimalarica. L’unica profilassi praticata erano le pastiglie di chinino, il solo medicinale del tempo,, capace di curare e prevenire le malattie malariche trasmesse dalle zanzare che infestavano gli acquitrini. La stessa attenzione veniva posta per i bagni a mare durante il periodo estivo: non dovevano essere fatti prima che fossero trascorse tre ore dall’ultimo pasto. Le balneazioni per gli Ufficiali e le loro famiglie nella parte meridionale dell’Isola Chiesa, di fronte a Santo Stefano, per i Sottufficiali a nord della stessa isola, dove vi erano delle cabine appositamente costruite, per un minimo di conforto per chi doveva rimanere a mare con la famiglia. La pesca nell’arcipelago di La Maddalena era proibita. La zona vietata era compresa fra le zone Punta Cavalli – Isola di Spargiotto – Estremità ovest dell’isola di Razzoli – Estremità nord Isola della Presa – Isola Corcelli – -Isole Monaci – secca delle bisce e Capo Ferro. Il Comando aveva la facoltà di concedere di volta in volta concessi ai singoli pescatori nelle zone che riteneva opportuno.
Esistevano dei punti di rifugio dove riuscivano a ripararsi in caso di brutto tempo, Cala brigantino, punta Rossa e Ponte Moneta. Ciò comportava successivamente l’obbligo di presentarsi presso il Corpo di guardia de RR. Carabinieri per l’esibizione dei permessi. La caccia nei terreni demaniali era permessa solamente a chi aveva l’autorizzazione. Nell’Isola di Caprera era normalmente concessa tutto l’anno, salvo in speciali periodi venatori per i quali era vietata. Il pascolo del bestiame era proibito nelle zone demaniali comprese fra piazza Umberto I e Frazione Moneta. Se qualche dipendente militare o civile avesse posseduto mucche, capre, pecore o altri animali lo stesso doveva avere l’autorizzazione per mantenerle. Il massimo consentito agli Ufficiali e Sottufficiali residenti era di due capre a famiglia per le proprie necessità. A chi aveva avuto l’alloggio di servizio o di benevola concessione, veniva concesso di coltivare in prossimità della propria abitazione piccoli orti, che dovevano essere ben curati per non modificare l’estetica del posto stesso. Tutto questo doveva essere d’uso esclusivo delle famiglie che vi abitavano. Gli stessi alloggi erano distinti in diverse categorie: per Ufficiali, per Sottufficiali, per impiegati e per operai.
L’acqua potabile
Il rifornimento dell’acqua potabile per gli usi quotidiani di tutti i giorni veniva assicurato con l’ausilio delle navi cisterne: Idra, Vipacco, Polcevera, Liri, Simeto, Dora e Tronto. Esisteva all’interno dell’Arsenale un cisternone in muratura con una capacità di 1.800 mc. esso veniva riempito con l’acqua della sorgente Cala Battistone, con l’acqua della nave cisterna inviata da La Spezia e da due distillatori Normady con una produzione media giornaliera di circa 80 tonnellate. Il vestiario, i viveri, i generi di confort venivano distribuiti in modo preciso alla popolazione militare e civile che quotidianamente era impiegata presso gli uffici, officine e laboratori, ed imbarcati e responsabili della difesa sia a mare che a terra. Esisteva già da tempo l’Azienda di Consumo della Regia Marina “Cooperativa Caprera”, dove quasi tutti facevano la spesa ed i suoi prezzi erano contenuti e si poteva acquistare anche pagando a fine mese.
Le attività ricreative
I circoli Ufficiali e Sottufficiali, avevano una loro programmazione, dipendevano sempre dall’Alto Comando, ed avevano la funzione di fornire più possibile quei confort necessari al personale militare e alle loro famiglie nel tempo libero. Nel Ricreatorio Marinai, l’ex Cimar (Circolo Marinai) intitolato alla memoria del “Duca di Spoleto”, il personale militane non graduato poteva avere la possibilità di trascorrere una giornata diversa dalle altre. Il servizio di custodia della Casa Garibaldi, delle Tombe, del Museo e di tutti gli altri fabbricati del compendio Garibaldino passarono alle dipendenze della Marina di La Maddalena, con Decreto Ministeriale i data 20 aprile del 1916 n. 2343. Garantiva la Guardia d’Onore tutti i giorni alla Tomba dell’Eroe ed i visitatori dovevano sempre essere accompagnati ed autorizzati dal Sopraintendente o dal Capo Posto. Con queste dimostrazioni di concreta riorganizzazione la Marina aveva finalmente posto quell’impronta moderna ed efficiente della marineria locale che in questo luogo aveva trovato quelle ideali opportunità per poterla realizzare.
Il cinquantenario della Morte di Garibaldi
Altri fatti importanti accaddero in quello spazio di tempo. Le manifestazioni del 2 giugno del 1932, nel cinquantenario della morte di Giuseppe Garibaldi, sia nella piazza XXIII febbraio nel centro storico della Maddalena ed a Caprera, che dette inizio per La Maddalena ed a Caprera che dette inizio per la Maddalena a quel turismo che per molti ani fu una risorsa per le attività commerciali di questa piccola Isola che ne è diventata grande per i personaggi che qui soggiornarono e fecero la storia del mondo conosciuto in quel tempo. L’11 giugno del 1935, Benito Mussolini venne in visita a La Maddalena, dopo aver concluso un viaggio in Sardegna, a rendere onore alla tomba dell’Eroe dei due Mondi. A riceverlo fu il Generale Porta, con un plotone di militari delle forze armate presenti nella Piazza. La cerimonia in piazza Umberto I alla presenza di quasi la totalità dei maddalenini. Questa era la “Cittadella Militare”, ed ancora oggi una realtà assolutamente particolare, ma nello stesso tempo un emblematico modello di un certo tipo di rapporto tra il personale militare e la popolazione civile, in cui si sono sviluppate speciali condizioni di coabitazione. Questi limiti, dettati dalla prevalenza militare, sono sentiti dalla comunità locale, che avverte un senso latente di rivalsa per avergli condizionato da sempre il loro modo di vivere da 1767, rendendosi certamente conto che questa è la loro realtà, un paese volto al mare e dal mare trarre la propria sopravvivenza, sua dal turismo che dalla presenza della Marna Militare.