Marinai maddalenini in Brasile e in Uruguay al seguito di Giuseppe Garibaldi
Come abbiamo avuto modo di sottolineare da più parti, a partire dai primi decenni dell’Ottocento, la Repubblica Orientale dell’Uruguay o Banda Orientale fu meta dell’emigrazione italiana. Giunsero in questa lontana terra i piemontesi profughi dei moti del 1821, ai quali si unirono gli imprenditori marittimi e i commercianti liguri, «che risentivano – scrive lo storico Juan Oddone – dell’annessione della loro repubblica al Regno di Sardegna, formando con gli emigrati mazziniani del 1830 l’inizio di una vera e propria catena»38. Pertanto, accanto a un’emigrazione dettata da esigenze economiche, si inserì un’emigrazione politico-militare, alimentata dalle lotte risorgimentali, ossia dai moti degli anni venti e trenta che spinsero molti patrioti, soprattutto mazziniani, a lasciare l’Italia e a trovare ospitalità in Brasile, Argentina e, soprattutto, in Uruguay. L’America del Sud «era ormai una terra promessa, ma anche un continente troppo vasto e ancora troppo scarsamente conosciuto per cercarvi luoghi sicuri ove rifugiarsi. Uno di questi fu Montevideo, porto e capitale di una piccola provincia che aveva appena conquistato l’indipendenza e che stava abbattendo le sue mura coloniali per simboleggiare in tal modo la rottura con il suo recente passato e la sua adesione alle correnti di scambio universale». Infatti, l’emigrazione italiana, proveniente dai diversi Stati in cui era suddivisa l’Italia, iniziò a manifestarsi subito dopo il conseguimento dell’indipendenza dell’Uruguay nel 1825. È opportuno sottolineare però che non si posseggono dati statistici sul fenomeno emigratorio italiano degli anni 1825-1835.
Per quanto invece concerne il periodo 1836-1860, non esistendo rilevazioni statistiche ed essendo consistente l’emigrazione clandestina, i dati esistenti hanno valore puramente indicativo. Salvatore Candido, nel suo pregevole lavoro, Presenza d’Italia in Uruguay nel XIX secolo, relativamente all’afflusso degli emigrati sardi nella Banda Orientale dal 1836 al 1841 cita un’informazione definita attendibile, rinvenuta in un rapporto del 19 novembre 1841 inviato dall’Incaricato d’Affari in Montevideo José Dias da Cruz Lima alla Corte Imperiale di Rio de Janeiro.
Il documento, infatti, si riferisce agli emigrati europei giunti nel porto di Montevideo dal 1836 al 19 novembre 1841, suddivisi per spagnoli, canarii, francesi, baschi francesi e spagnoli e sardi, con l’esclusione di quelli inglesi, tedeschi, portoghesi, brasiliani e argentini.
In un rapporto del 3 luglio 1836, il console generale del Regno di Sardegna a Montevideo, il barone Enrico Picolet d’Hermillon, comunica al ministro degli Esteri sardo, il Conte Solaro della Margarita, che la popolazione genovese di Buenos Aires si aggirava attorno alle 5.000 unità, ma non fornisce notizie sulla consistenza della popolazione italiana di Montevideo.
Invece, tra il 1835 e il 1842, secondo i dati forniti dal console Perrod, riportati, tra gli altri, anche da Gianfranco Adamo nel suo volume Facetas Historicas de la emigración italiana al Uruguay, vivevano nel piccolo paese latino-americano 7.945 italiani. Nel 1843, nella sola Montevideo, su una popolazione totale di 31.189 abitanti, 19.252 erano stranieri, di cui 6.376 italiani44. Il flusso migratorio italiano continuò anche negli anni della “Guerra Grande” (1839-1852), con l’apporto di numerosi connazionali, soprattutto liguri e piemontesi, ma anche lombardi e, in minor misura sardi, molti dei quali, al seguito di Giuseppe Garibaldi, si arruolarono nella Legione Italiana, impegnata nella lotta per la difesa della città di Montevideo dagli attacchi perpetrati dalle forze militari argentine, sotto la guida del governatore federale di Buenos Aires, Juan Manuel Rosas, e dell’ex presidente dell’Uruguay, Manuel Oribe.
La Guerra Grande fu un conflitto nazionale e internazionale. Nato come scontro tra le opposte fazioni dei blancos, con caudillo Oribe, e i colorados, con caudillo Rivera, i primi sostenitori di uno stato federale e i secondi di uno stato unitario, la guerra coinvolse potenze straniere europee quali la Francia e la Gran Bretagna, che appoggiarono Rivera e le cui flotte navali bloccarono il porto di Buenos Aires, impedendo la caduta di Montevideo difesa dalle Legioni francese, spagnola, argentino-unitaria e dalla Legione Italiana, quest’ultima posta sotto il comando di Garibaldi e dei suoi uomini. Uscite di scena le potenze europee, la Gran Bretagna nel 1848 e la Francia nel 1850, la guerra si risolse con l’intervento del Brasile a sostegno del governo unitario di Montevideo, in cambio però della firma di 5 trattati che comportarono per l’Uruguay la perdita di alcuni suoi territori. Blancos e Colorados, con la formula «ni vencidos ni vencedores», l’8 ottobre 1851 firmarono la pace.
L’Uruguay superò il momento più critico della sua indipendenza, ma dovette, in qualche modo, accettare la forte influenza brasiliana.
Tra i sardi che combatterono in Uruguay, nelle fila della Legione Italiana, al fianco di Garibaldi, si menziona l’ufficiale cagliaritano Angelo Portoghese Pigurina, la figura di garibaldino isolano più nota e maggiormente studiata. Si ricorda, inoltre, il colonnello Antonio Susini Millelire de La Maddalena. Costui sostituì l’eroe dei due mondi al comando della Legione Italiana negli anni 1848-1852. Alla fine degli anni cinquanta, si trasferì nel Plata divenendo poi addetto militare della Repubblica Argentina in Italia. In Argentina, si trasferirono anche alcuni cugini di Antonio Susini Millelire: Antonio Susini Origoni, capitano di lungo corso, giunto nel Plata nel 1855, all’età di 27 anni. Nel 1858 entrò a far parte della squadra navale di Buenos Aires. È autore di un’inedito diario, titolato Mi vida, Capitan A. Susini, Buenos Aires 1915, Documentos para el Dr. Dn Dardo Rocha, año 1858 á 186849. Rientrò a La Maddalena intorno al 1875 per poi trasferirsi definitivamente in Argentina. Gli altri cugini sono i fratelli Giovanni Susini Franchini, comandante del vapore argentino General Pinto; Antonio, morto in un carcere del Paraguay, a causa di una malattia, il 28 luglio del 1868, dopo essere stato arrestato durante la dittatura di Francisco Solano Lopez, per aver partecipato a un moto rivoluzionario ad Asunción, capitale del Paraguay; Nicolò, fucilato il 9 agosto del 1868, per aver svolto, anche lui, attività rivoluzionaria contro il regime di Solano Lopez.
Nella Repubblica Orientale dell’Uruguay, si segnala Giovan Battista Culiolo, detto il “Maggior Leggero”. Quest’ultimo, dopo la parentesi uruguaiana e la successiva partecipazione alla prima guerra di indipendenza in Italia, sempre a fianco di Garibaldi, dalla seconda metà degli anni cinquanta si trasferì in America Centrale, prima in Costa Rica, per lottare contro gli schiavisti, e poi in Salvador.
Abbiamo notizia di un altro ufficiale sardo, il trentenne Giuseppe Pil[o] Borgia di Cagliari, il quale è compreso in un elenco di 103 ex militari, in gran parte italiani e in minor misura stranieri, soprattutto ticinesi e ungheresi, imbarcatisi nel porto di Genova nel gennaio del 1851 e diretti a Montevideo per combattere, quali volontari, nelle file della Legione Italiana. Si segnala, infine, il maresciallo Maxia, citato da Umberto Beseghi nella biografia dedicata al Maggiore Leggero.
Tra i sardi, compaiono altre figure di marinai de La Maddalena, impegnati nella rivoluzione farroupilha, la guerra decennale che la Repubblica Riograndense condusse contro l’Impero del Brasile (1835-1845) per staccarsi dalla madre patria e conseguire, senza successo, l’indipendenza. Le notizie su questi marinai provenienti da La Maddalena sono piuttosto scarne. Si ricorda la figura di Giacomo Fiorentino. Si tratta di uno dei protagonisti meno noti della rivoluzione farroupilha, scoppiata nelle province brasiliane di Rio Grande e di Santa Catarina contro l’Impero del Brasile e sostenuta dalla collettività italiana, formata in gran parte di liguri e animata nella sua maggioranza di ideali repubblicani e mazziniani. Moto rivoluzionario sostenuto, tra l’altro, dal mazziniano Giovanni Battista Cuneo, al quale partecipò lo stesso Giuseppe Garibaldi, sbarcato a Rio de Janeiro alla fine del 1835. Quest’ultimo, agli inizi del 1836, prese il largo a bordo di una garopera di 20 tonnellate, battezzata “Mazzini”, per svolgere attività commerciale. Ma, nel 1837, l’eroe dei due mondi giunse nella provincia riograndense per partecipare alla guerra corsara contro il Brasile. Tra gli uomini che lo seguivano, probabilmente già imbarcato sulla nave mercantile “Mazzini”, anche il marinaio maddalenino Giacomo Fiorentino, ucciso dalle forze imperiali nel 1837 a Punta Jesus Maria, laddove anche Garibaldi venne ferito gravemente.
Marino Contu
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