Mostri marini tra le bocche di Bonifacio
La difesa del tratto marino delle Bocche di Bonifacio è un fatto di eccezionale importanza, parte di una difesa più ampia del mare e delle coste, del territorio complessivo dell’isola. E’ grande il merito di Greenpeace, tradizionalmente sensibile nella difesa dei contesti e delle specie marine, e particolarmente dei cetacei, nell’avere mobilitato amministratori francesi e italiani, in specifico delle regioni frontaliere di Corsica e Sardegna, come riportiamo in questo stesso numero. C’è ovviamente da augurarsi che la sensibilità mostrata dagli amministratori non sia inferiore, ad esempio, per aree come l’arcipelago stesso della Maddalena o il Golfo dell’Asinara. O ancora per coste e territori interni che sono a grave rischio di edificazione, grazie alle leggi che le rappresentanze politiche della speculazione attualmente al governo della Regione sarda stanno colpevolmente cercando di promulgare. Ma esiste una storia speciale, una trama più antica che merita evidenza, su questo meraviglioso mare che unisce le due grandi isole mediterranee e le rotte dei cetacei che lo percorrono da Oriente a Occidente. Possiamo apprendere che la difesa dei beni culturali e ambientali è fatto ampio e mediterraneo, tornerei a dire meridiano e meridionale. Ogni lettura che non vede tale ampiezza, separando se stessi dal resto del mare nostrum (o trovando al massimo qualche compagno di separazione) è riduttiva e inadeguata. Con la responsabilità di costruire politiche di tutela e sviluppo sostenibile miopi e fuorvianti. Ad un’osservazione ravvicinata le fonti antiche ci sorprendono ancora una volta, ci rivelano che la tutela di questo mare è la tutela di storie antiche, ambientali e mitologiche mai davvero colte nella loro complessità e bellezza. Ho provato a ricostruire qualcosa. Nel III secolo d.C. Eliano, nel suo De animalia natura, parlava di strani e mostruosi animali, chiamandoli montoni oppure arieti marini, che “passano l’inverno presso lo stretto tra la Corsica e la Sardegna: durante quella stagione se ne stanno fuori del mare, mentre attorno ad essi nuotano delfini della più grande mole.”. Ancora Eliano ci dà un’informazione preziosa, raccontando (nel Settecento lo ricorderà il Cetti scrivendo la Storia Naturale di Sardegna) che essi si cibano dei naufraghi ed aggrediscono in particolare il ‘vitello marino’, ovvero… la foca monaca. Francesco Cetti, e i curatori della bella edizione della Ilisso, per la verità sembrano pensare ad un racconto fantastico. Prudenza eccessiva, perché il racconto è reale, e si può certamente riferire all’orca marina. Lo indica anche il particolare sottolineato da Eliano del “maschio che cinge alla fronte una benda bianca’. Ed è noto come le foche rappresentino un pasto prediletto dalle orche. Se davvero nel ‘montone marino’ di Eliano si dovesse riconoscere un grande cetaceo come l’orca, avremmo una testimonianza diretta e antica di almeno 1700 anni sulle rotte dei cetacei fra Sardegna e Corsica, ciò che rende ancora più preziosa la battaglia condotta da Greenpeace e dagli amministratori che vi hanno aderito. Altre fonti permettono di ampliare l’oggetto della tutela alla storia e al mito. Ettore Pais infatti nella sua ‘Storia della Sardegna e della Corsica’, ricorda che la presenza di ‘mostri marini’ nelle Bocche di Bonifacio si deve collegare al racconto mitico di Forcus, re della Sardegna e della Corsica che – secondo quanto riporterebbe Varrone – fu sconfitto da Atlante e trasformato in essere marino. Per quanto riguarda la nostra vicenda, ci sembra che il suo nome si connetta con quello dell’Orca. A conforto di ciò aggiungiamo che Forcus, in una delle tradizioni che lo riguardano, è sposato con Ceto, o Ketos, evidente radice del termine cetaceo. Su Forcus, figlio della terra e del mare, e la sua geneaologia –sono state scritte diverse cose e proposte numerose interpretazioni. La citazione fattane da Omero prova che si tratti di in realtà di un mito greco, e piuttosto arcaico: rotte e viaggi mediterranei, lungo tutte le coste e non solo su quelle supposte nazionali. Il padre è Poseidone, il fratello è Nereo, è suo nipote Polifemo, tra le figlie vi è Scilla, orribile mostro posto dai Greci lungo le rotte dello stretto di Messina (così care ai Greci e infine controllate, da Fenici, Etruschi e Cartaginesi), le Gorgoni e persino Echidna, guardiana del Giardino delle Esperidi… Un racconto che affascina, con i suoi personaggi impegnati per tutto il mediterraneo, dallo stretto di Gibilterra alla Corsica e alla Sardegna, lungo l’Italia meridionale sino alla Sicìlia e poi in Grecia e Vicino Oriente, per un altro stretto verso il Mar Nero. Su queste rotte passarono gli uomini agli albori della storia, i grandi cetacei e i meravigliosi delfini: gli stessi che conoscevano i greci e i romani, che ci raccontarono Omero, Exekias, Plinio il Vecchio, Varrone ed Eliano.
Perciò se difendiamo il passaggio dalla petroliere e dal traffico di ogni scoria tossica e pericolosa non stiamo solo difendendo una storia insulare, ma una grande vicenda mediterranea. Per questo non sarebbe errato che altri paesi e altre regioni venissero coinvolti in questa battaglia civile.
M. Madau