Mussolini alla Maddalena
Le operazioni a bordo si svolsero rapidamente, tanto che dopo pochi minuti il motoscafo si poteva ormeggiare alla banchina della batteria Padule. Erano con Mussolini, oltre all’Amm. Brivonesi ed il Cap. Marras, gli ufficiali dei Carabinieri che lo avevano scortato da Ponza, il ten. Col. Meoli ed il cap. Di Lorenzo ed il Maresciallo della stessa arma Antichi. L'”Ospite” fu ricevuto dall’Ammiraglio Bona che salutò militarmente, sull’attenti, Mussolini; il quale, a sua volta, ricambiò stringendogli la mano (gesto che non compì con l’Ammiraglio Brivonesi), Mussolini prese immediatamente posto nella prima vettura, avendo alla sinistra lo stesso Amm. Brivonesi mentre il Col. Meoli sedette a fianco dell’autista. Nella seconda macchina presero posto l’Amm. Bona e gli Aiutanti di Bandiera; nella terza, gli Ufficiali dell’Arma al seguito. Il corteo delle auto si diresse rapidamente alla Villa Webber di cui cosi dice Mussolini nel precitato diario: ” la villa nella quale sono stato condotto apparteneva ad un cittadino inglese, tale Webber, il quale, caso strano! fra tutte le località del mondo dove avrebbe potuto stabilirsi, aveva scelto proprio l’isola più arida e solitaria tra tutte quelle che circondano al nord la Sardegna. Intelligence service? Forse”.
Sin dal marzo 1943 ero sfollato nella mia casetta di campagna confinante con la Villa Webber. Lo stesso giorno dell’arrivo di Mussolini decine di agenti in borghese ed in divisa invasero la mia proprietà rivolgendomi le domande più varie e tutte improntate ad una voluta ingenuità. Un altro centinaio di agenti, Carabinieri, Metropolitani, si scaglionò a semicerchio sulle colline che circondano la villa, assicurando così un servizio di guardia impenetrabile. Particolarmente vigilata era la strada che si prolunga verso le batterie di ponente: Punta Tegge, Nido d’Aquila, Carlotto. Dovendo svolgere le mansioni ambulatoriali all’alba e al tardo pomeriggio, (l’esperienza aveva dimostrato che in quelle ore le incursioni aeree avvenivano raramente) ero costretto a percorrere la strada che fiancheggia la Villa Webber almeno quattro volte al giorno; e fu proprio in una di quelle occasioni – all’alba – che alcuni agenti spararono addirittura diversi colpi per fermarmi e chiedermi i documenti, non avendo risposto al loro alt, da me non udito. Mussolini ricorda nelle sue memorie l’allarme dato in tale occasione.
Confesso che dal primo momento dell’arrivo di Mussolini pensai di sfruttare la mia posizione professionale, anche in rapporto alla vantaggiosa ubicazione della mia casa, che mi qualificava come il medico più vicino – materialmente- Mussolini. Nello stesso tempo non mi creavo illusioni, ben conoscendo la schiera dei medici dell’Ospedale Militare Marittimo.
Comunque se ero costretto ad arrendermi come medico, pensavo di trar profitto della vicinanza almeno come… scribacchino di provincia. La passione di giornalista mi spronò a giocare tutte le carte possibili. Da buon conoscitore della zona e delle persone autorizzate a vivere entro il recinto della Villa, pensai che l’unica possibilità poteva essere rappresentata dalla figlia del guardiano della Villa: Maria Pedoli, poco più che ventenne, la cui abitazione era posta, sempre nel recinto della Villa, ad una sessantina di metri da questa. Ed attesi qualche giorno.
La cronaca della prima giornata di prigionia dice poco. Subito dopo l’arrivo Mussolini venne accompagnato in queste camere dove, per un certo tempo si trattennero l’Amm. Brivonesi e Bona e gli Ufficiali della scorta per le relative ed ovvie disposizioni, intese ad isolare e “proteggere” il prigioniero e per l’organizzazione dei servizi. Dopo un po Mussolini chiese una tazza di latte che fu trovata da parte di un carabiniere nella casa dell’agricoltore Leopoldo Spano, ad alcune centinaia di metri dalla Villa. Nel frattempo il servizio d’ordine era stato completato, tutt’intorno, per un raggio di almeno trecento metri; anche perché, già dopo pochi minuti dall’arrivo, essendosi la notizia propagata in un baleno, gruppi di militari e civili si riunirono nei pressi della Villa nella speranza di vedere il “Prigioniero”. Non pochi marinai ingannarono l’attesa con imprecazioni dialettali tutt’altro che confortanti all’indirizzo di Mussolini e delle gerarchie fasciste. Mussolini rimase il resto del pomeriggio nelle due camerette; solo nella tarda serata uscì per alcuni minuti sul terrazzo; e furono pochissimi a vederlo.
Ecco quanto Mussolini scrisse al paragrafo 7 ed 8 del suo “Il bastone e la carota”: “I pensieri di Ponza sono terminati poiché stanotte verso l’una sono stato svegliato con le seguenti parole: “pericolo in vista, dobbiamo partire”. mi sono vestito in tutta fretta, ho raccolto i miei oggetti e le mie carte e mi sono recato a bordo di un Incrociatore che mi attendeva. Sono salito a bordo ed ho incontrato l’Amm. Maugeri, che mi ha detto che la nuova tappa era l’Isola di La Maddalena in Sardegna. Oggi i miei pensieri vanno a Bruno. E’ il secondo anniversario della sua morte. Nelle circostanze attuali sento ancor più profondamente la sua perdita. Caro Bruno! Ho avanti agli occhi la sua immagine mentre scrivo queste parole nella seconda casa dell’esilio, nel secondo anniversario della sua morte! Il viaggio ha durato 12 ore con mare tempestoso. La Villa nella quale sono stato condotto, apparteneva ad un cittadino inglese, e si trova in posizione dominante. E’ circondata da una grande pineta. Di fronte vi è il mare ed al di là, molto più lontano, le montagne frastagliate della Sardegna. Un anno fa visitai La Maddalena fra l’entusiasmo della popolazione. Oggi arrivo clandestinamente. Chissà se oggi vi è qualcuno che ricorda mio figlio e quel che egli ha compiuto nella sua breve e meravigliosa vita. Vent’anni di lavoro sono stati distrutti in poche ore. Mi rifiuto di credere che non vi siano più fascisti in Italia. Forse ve ne sono più di prima, ma come è amaro dover constatare che ciò è stato provocato dai fascisti e realizzato da gente che portava il distintivo del partito. Il fascismo era un movimento che ha interessato il mondo ed indicato nuove strade. E’ impossibile che tutto sia distrutto. Quando ripenso oggi ai compiti, alle realizzazioni, al lavoro ed alle speranze di questi 20 anni mi chiedo: Ho forse sognato? Era tutta un illusione? Era tutto superficiale? Non vi era nulla di profondo?. Una profonda malinconia mi prende alla fine di questo primo giorno di esilio a la Maddalena. Sento che mio figlio Bruno è ora veramente morto”.
Il giorno 8 qualche novità: Da Roma proviene l’ordine di togliere dalla camera di Mussolini il telefono e la radio. Comincia l’isolamento… tanto che più tardi Mussolini nei suoi “Pensieri Pontini e Sardi” scriverà al paragrafo 7: “Il mio isolamento è quasi assoluto, la vigilanza attorno a me è sempre molto forte, le notizie che ricevo dal mondo esterno sono saltuarie e rare“.
in giornata ebbi una lunga conversazione con la Pedoli e venni così a sapere che un’agente della scorta si era già recato da lei per chiederle se accettava o meno di lavare la poca biancheria del “prigioniero”. La Pedoli, accogliendo anche i miei suggerimenti del giorno prima, aderì senz’altro, mettendosi a disposizione per quanto potesse occorrere. Confidai così alla Pedoli il mio piano di avvicinare Mussolini come medico, e pertanto la pregai di fargli sapere, tramite l’agente che un medico civile sarebbe stato felice di prestargli la sua opera professionale. Nello stesso tempo pregavo la Pedoli di sfruttare la sua intelligenza ed il suo sorriso per accattivarsi la fiducia degli addetti alla vigilanza. La risposta arrivò dopo qualche giorno: Mussolini mi ringraziava e mi faceva sapere che era materialmente impossibile servirsi di un medico di fiducia civile, dal momento che il Comando Marina gli aveva messo a disposizione i sanitari ospedalieri.
La giornata dell’8 non deve essere stata troppo tranquilla per il “Prigioniero”, che ebbe sempre più la sensazione del profondo isolamento che lo circondava e che lo avrebbe circondato in seguito.
I miei appunti di allora ricordano che egli passeggiò sul terrazzino antistante le due camere (lungo sette metri e largo poco più di un metro!) la mattina di buon ora ed il tardo pomeriggio.
Dalle “chiacchiere” dei guardiani si venne a sapere che era molto nervoso ed inquieto in rapporto anche alla sintomatologia dolorifica dell’ulcera gastrica. Che non gli permetteva di mangiare se non frutta e qualche pomodoro, e bere solo latte. Ecco quanto egli scrive nel suo diario il detto giorno: “Dopo 14 giorni non so ancora cosa sono, o meglio cosa sono diventato”.
9 agosto
Ai rigori della prigionia si associa il fastidio delle zanzare nelle ore notturne. A seguito di che il Comando Marina invia alcuni operai del Genio per l’installazione di reti protettive alle finestre. Ma, saputo che questo provvedimento riguardava solo la sua camera e non anche quella dei suoi “tutori”, Mussolini si oppose decisamente.
10 agosto
La cronistoria del giorno 10 registra le peggiorate condizioni di salute, tanto chè il Comando Marina invia il Maggiore Medico Stefano Castagna il quale dopo una visita accurata, prescrive le relative cure. Da quel giorno il Maresciallo infermiere Savarese si recherà quotidianamente presso il “Prigioniero” per praticare le iniezioni prescritte dal Castagna. Pare che Mussolini in poco più di due settimane abbia perso più di dieci chili! Nonostante le cure assidue le condizioni del malato non migliorano; aggravate anche dalla quasi assoluta mancanza di appetito e dalla modestia degli alimenti: frutta, qualche uovo, pomodori, latte.
11 agosto
Il giorno 11 Mussolini esprime il desiderio di fare in bagno nelle acque prospicienti la Rada di Padule. La risposta del Col. Meoli (che si diceva allora fosse rigorosissimo) fu negativa ed in contrasto con quanto era avvenuto a Ponza; dove Mussolini poté fare un bagno in quel mare.
12 agosto
Il giorno 12 le condizioni di salute sono ancora stazionarie: le crisi dolorifiche si ripetono con frequenza, compromettendo l’alimentazione ed accentuando lo stato depressivo. E’ di questo giorno il documento storico più importante della prigionia. Alla Pedoli che gli aveva inviato un libro per bambini perché egli esponesse la sua firma, Mussolini scrive nella seconda pagina di detto libro: “Su questo libro posseduto dalla ignota che ha ripulito i miei stracci, scrivo il mio grazie e il mio nome. Mussolini defunto”.
Quest’ultima parola documenta lo stato d’animo dell’ex Duce. Egli si sente finito moralmente e materialmente. Ma ancora in questa, Mussolini fa sapere tramite i soliti “canali” – che vorrebbe conoscere i miei precedenti morali e politici, il mio passato e soprattutto se sono parente del Col. Ettore Chirico, che, durante la sua permanenza alla Caserma Allievi Carabinieri di Roma, gli fu particolarmente vicino, spiritualmente e materialmente. Superfluo ricordare che risposi esaurientemente agli interrogativi del prigioniero; il quale però – e ne aveva ben ragione! – doveva diffidare di tutto e di tutti; tanto che anche nel primo colloquio da lui avuto con il nostro parroco Mons. Capula, mi risulta che chiese dettagliate informazioni sul mio conto.
Inviai dunque a Mussolini la mia prima lettera di “assaggio”, sfiorando la triste vicenda nelle sue linee generali ed esortandolo alle esperienze della storia, ricca di ammaestramenti nel destino non sempre benevolo di tanti uomini illustri. Non mi illudo che sia stata questa lettera a rompere il ghiaccio; forse piuttosto l’assicurazione della mia stretta parentela con il Col. Chirico e la benevolenza del mio parroco. Da quel momento infatti, Musssolini si rivolge a me per iscritto o per interposte persone, con fiducia e forse con larvate speranze.
13 agosto
Così scrive Mussolini al paragrafo 33 del diario: “Sono stato preso da una strana e continua inquietudine. Forse altre infruttuose novità. Infatti alle 17 mi è stato dato il Bollettino delle FF.AA. che assieme all’attacco aereo su Torino e Milano rende noto anche il secondo bombardamento di Roma. Il mito della “città del Papa”, che sarebbe stata risparmiata in quanto tale, è crollato, al pari dell’altra leggenda secondo cui Roma era stata bombardata perché era la sede del fascismo“.
In una lettera alla moglie, sempre nella stessa data, scrive fra l’altro: “vivo da 20 giorni in isolamento totale“.
14 agosto
Stamane 14 agosto è venuto in viaggio di ispezione L’Ispettore di p.s. Polito che ha il rango di Generale di Brigata; gli ho fatto chiedere di venirmi a trovare. E’ infatti venuto assieme all’Ammiraglio Brivonesi, che ha preso parte al colloquio. Ecco quanto mi ha detto Polito: “Ho accompagnato donna Rachele a La Rocca. Il viaggio ha avuto luogo in auto senza incidenti. Romano ed Anna si trovano già a La Rocca. Di Vittorio non so nulla. Si trova a disposizione di Casero ed il 26 ha avuto una licenza. Per quanto concerne la promessa di Badoglio sarebbe stato impossibile mantenerla nel suo caso, poiché telegrammi concordanti del Prefetto, del Questore e del Comandante della Zona Militare prevedevano gravi disordini nel caso anche lei fosse andato a La Rocca. Sul posto mi hanno confermato tutto ciò. Deve riflettere che il cambiamento è stato radicale. Non solo in Italia non si vedono più distintivi del partito, ma tutti i fascisti sono più che dispersi: sono “scomparsi”. Le manifestazioni di odio contro di lei sono state innumerevoli. Io stesso ho visto un suo busto in un cesso pubblico ad Ancona.
A Milano la folla ha preso d’assalto il Popolo d’Italia. Il personale si è barricato. Vito si è difeso. Non so altro.
Sono stati eseguiti molti arresti, ma i capi del fascismo sono quasi tutti liberi, compreso il tanto odiato Starace. Il 26 luglio il Conte Ciano è stato visto in uniforme di Ufficiale. Credo che si sia recato a Livorno. Grendi, Bottai e gli altri sono scomparsi dalla faccia della terra. Per quel che concerne la guerra, il popolo brama la sua fine, per quanto sappia – anche chiaramente – di trovarsi in un vicolo cieco. Esso è ormai indifferente alla possibilità di una disfatta e considera già come una vittoria quella di poter essere liberato dal Fascismo e poter respirare liberamente. Tutto il suo edificio è crollato. Le basti sapere che oggi Bruno Buozzi è il capo dei lavoratori. Le incursioni aeree degli ultimi giorni sono state molto dure. Specialmente quella su Milano, che ad eccezione del Duomo, ha distrutto il centro della città. Non meno duro è stato il bombardamento di Roma che ha colpito i quartieri che avevano costituito il bersaglio del primo attacco. Il Papa ha di nuovo abbandonato il Vaticano.
Non meno pesanti sono gli effetti degli attacchi aerei sulle città tedesche. Le vittime si contano a decine di migliaia. Dopo la conquista della Sicilia gli Inglesi sbarcheranno nell’Italia meridionale. Tutti i porti della Sicilia sono pieni di navi e di mezzi da sbarco. In Siria si prepara un altro sbarco diretto contro il Dodecanneso. Sembra che non si intraprenderà nulla contro la Sardegna e la Grecia. Anche sul fronte terrestre va male per i tedeschi. La superiorità aerea degli Anglo-Americani è schiacciante. Alle centinaia di aerei attaccanti la nostra caccia non può opporre che un numero ridicolmente scarso di apparecchi. A quel che sembra gli inglesi si propongono di ottenere mediante gli attacchi terroristici la completa paralisi morale e materiale del paese e con ciò la resa senza condizioni. Questa guerra pesa più sulla popolazione civile che sull’esercito; pesa sui vecchi sulle donne e su i fanciulli, e così si spiega la stanchezza generale e l’odio contro gli uomini responsabili”.
L’ammiraglio Brivonesi si è mischiato di tanto in tanto al colloquio per sottolineare che la rapidità con la quale si era sciolto il fascismo sarebbe stata ritenuta impossibile ancor pochi giorni prima, per quanto fosse palese che esso era marcio.
Il Gen. Polito mi ha consigliato di starmene tranquillo, mi ha chiesto come stessi prima e adesso; ed ha aggiunto che quando le passioni si fossero calmate, sarebbe stato possibile un più giusto giudizio poiché “nessuno può negare che il suo obbiettivo era quello di rendere il paese grande e ricco “. Ed inoltre nessuno: Nessuno l’ha informata? Cosa facevano i suoi intimi?”. Per quel che concerne la posta l’Ammiraglio ha detto che a causa della situazione sarebbe giunta irregolarmente. Ha aggiunto che sarebbe tornato da me, se lo avessi desiderato. Il colloquio è durato circa un’ora e mezzo. Anche volendo tener conto del “colore” che i funzionari di P.S. usano dare ai loro rapporti, sono giunto a due conclusioni: 1° il mio sistema è disfatto ; 2° la mia caduta è definitiva. Sarei veramente uno scemo se mi meravigliassi delle manifestazioni della massa. A prescindere dagli avversari che hanno asceso per vent’anni nell’ombra, a prescindere dai colpiti, dai delusi, ecc., la massa è stata pronta come in tutte le epoche ad abbattere gli idoli di ieri, salvo a pentirsene domani.
Ma nel mio caso non sarà così. Il sangue, la infallibile voce del sangue, mi dice che la mia stella è tramontata per sempre”.
“Calma giornata di agosto: il mare è immobile, non il minimo venticello. Tutto sembra immobile sotto il sole, anche il mio destino”.
“Nel pomeriggio è venuto a visitarmi il Col. Medico Direttore dell’Ospedale Militare, Dott. Mondini, da Cerea (Verona). Un uomo simpatico, colto, veneziano nel senso migliore della parola; uno di quei veneziani (della provincia veneta) che ho sempre considerato come la miglior stirpe italiana. Mi ha prescritto varie medicine, fra cui iniezioni, Vitamine C, Carbonati e gocce. Gli ho chiesto: “Ne vale ancora la pena?”. Mi ha risposto: “come uomo e come medico dico di si”. La stessa domanda l’avevo rivolta alcuni mesi fa al professor Frugoni che mi dette la stessa risposta. I fatti mi hanno dato ragione. Forse no ne valeva la pena”.
Questo stesso giorno la Pedoli mi informa che Mussolini non ha biancheria di ricambio: E’ costretta a lavare di notte i pochi “stracci” perché siano pronti al mattino seguente. Un paio di calzini, una maglietta, una camicia, una mutanda, due fazzoletti: questo il guardaroba del prigioniero! Nell’agosto 1943 era tutt’altro che facile trovare biancheria od indumenti nuovi a La Maddalena.
La popolazione civile era infatti sfollata, i negozi chiusi da anni e tutti gli oggetti, anche di modesto valore, per paura dei bombardamenti erano stati trasferiti nei più sperduti centri della Sardegna. Inviai a Mussolini quanto mi fu possibile: due camicie, tre mutande, tre paia di calzini, una maglietta, tutti usati se pure in ottimo stato. Pregai la Pedoli tramite il nostro “collaboratore” di far conoscere a Mussolini il perché della mia impossibilità di inviare biancheria nuova. Dopo qualche giorno seppi casualmente – e molto per inciso- dal nostro Mons. Capula che il Prigioniero aveva ricevuto tutto e mi ringraziava vivamente per l’interessamento.
La risposta di Mussolini alla mia prima lettera mi giunse in data 14. Era scritta a matita su un piccolo foglietto. Ecco il testo: “Le vostre parole sono le prime che dopo tre settimane di quasi assoluto isolamento aprono uno spiraglio di luce. Di quanto è accaduto dopo il 25 luglio conosco pochi particolari ed imprecisi. Ignoro persino la sorte di mio figlio. Il futuro è legato alle vicende della guerra. Fissate nella memoria queste parole e stracciate il foglio. Vi contraccambio cordialmente il saluto”.
15 agosto
Le condizioni del prigioniero, in data 15 agosto, sono sensibilmente migliorate, ma lo spirito è sempre depresso: l’isolamento continuo, o meglio, l’internamento nelle due “celle di rigore”, da cui esce saltuariamente il primo mattino ed il tardo pomeriggio per la classica boccata d’aria. Le giornate trascorrono nella lettura di vecchie riviste e di libri, alternate con le visite così dette ufficiali, come quelle dell’Ispettore Polito. Una notizia forse più tranquillante per il Prigioniero: parte il Ten. Col. Meoli, “l’uomo duro” e prende le consegne della guardia il Ten Taiolo, “Latino di Segni”. Pensiamo che anche il maresciallo Antichi abbia tirato un sospiro di sollievo, in quanto potrà usare nei confronti del prigioniero comprensione ed umanità.
16 agosto
Mussolini scrive alla Pedoli il seguente disegno a matita: “Non prendetevi altra pena per me. Vi ringrazio di quanto fate e me ne ricorderò. Poiché malgrado le promesse il mio isolamento morale continua, vi prego di farvi dare dal Dott. Chirico una relazione di quanto è accaduto dal 25 luglio in poi in Italia. Naturalmente se egli è disposto a farla ed ha le notizie. Voi me le mandate con la solita biancheria. Scusate della noia che vi arreco e stracciate questo biglietto sul quale vi ripeto il mio grazie”.
Il giorno appresso feci a Mussolini una relazione dettagliata degli avvenimenti posteriori al 25 luglio, su quattro fogli protocollo. Io penso che il 16 agosto sia stato il giorno più triste della prigionia di Mussolini; a tal punto che egli non sorrideva nemmeno alla piccola di tre anni, figlia della Pedoli; l’unica creatura non soggetta a continue vigilanze e che giocando di fronte al ballatoio della villa riusciva ad interessare lo sguardo del prigioniero ed a fargli scambiare qualche parola. Quel giorno Mussolini non degnò invero di uno sguardo i giochi innocenti della piccola.
“Il 16 agosto – Ancora una mattinata in grande eccitazione. Il mio sangue ribolle”. Così nel suo diario , ed ancora: Oggi 16 agosto ho ricevuto per la prima volta radionavi del 14 agosto, con notizie da Berlino, Tangeri, Lisbona, Madrid, Istanbul e Stoccolma”.
In effetti le sue condizioni fisiche, malgrado le cure quotidiane, erano sempre delicate; anche per l’insufficiente alimentazione; pomodori ed uva costituivano il cibo del prigioniero, le cui condizioni psichiche non potevano non risentire, oltre che degli eventi bellici,della depressione fisica legata alla forma patologica addominale.