Pietro Marchisio
di Antonio Frau, da Il Vento, n. 82/83/84/85 del 2003
Sull’opera del prof. Marchisio a La Maddalena una serie di refusi ci inducono a riproporre una ulteriore nota chiarificatrice ed a puntate sul prof. Pietro Marchisio (1885-1933), figlio del prof. Andrea (1850-1927), il quale operò anche a La Maddalena. Una reale difficoltà ad attribuire correttamente l’opera pittorica ora al padre ora al figlio è data dal fatto che era in uso definire come prof. Marchisio sia l’uno che l’altro. Le brevi note dello scorso articolo apparse in questa rubrica del Il Vento sono state rettificate da alcuni discendenti sassaresi del maestro (prof. Pier Franco Marchisio ed altri che qui ringraziamo) che ci hanno fatto pervenire addirittura una recente tesi di laurea (1995/96) sull’opera grafica di Pietro Marchisio, discussa alla facoltà di lettere dell’Università di Cagliari dalla dott.ssa Silvia Garau con la professoressa Maria Grazia Scano Naitza relatrice. L’attività del valente decoratore a La Maddalena è molto documentata e precisa e si può così riassumere. Nel 1910 dopo essersi sposato con una nuorese residente a Sassari, Pietro Marchisio si stabilisce con la moglie Matilde Rossi Cuneo a La Maddalena, dove lavora come insegnante di disegno e calligrafia nella Regia Scuola Tecnica. Nel mese di agosto istituisce presso il Cantiere Navale una nuova scuola di arti e mestieri.
La notizia, scrive la Garau, viene accolta con grande entusiasmo dal sindaco Giuseppe Volpe e dal direttore della scuola tecnica il maddalenino Martino Branca, i quali assicurano all’artista l’appoggio necessario affinché possa ottenere dal Provveditore l’aula ed i finanziamenti necessari. L’unico intervento murale ancora esistente di quegli anni (1910) a La Maddalena di Pietro Marchisio (e non di Andrea Marchisio, come erroneamente scritto sullo scorso numero), è come abbiamo già detto nel palazzo comunale in quel cielo liberty della stanza del primo piano. Nota bene: dai documenti apprendiamo che nel moderno palazzo comunale erano state eseguite altre decorazioni ora disperse, come quella della sala consiliare e di altre stanze di rappresentanza del primo piano. Allo stesso anno risalgono le prime prove documentate nel campo della grafica applicata di cui rimangono, come sostiene la Garau, solo testimonianze scritte nelle recensioni coeve del giornale sassarese La Nuova Sardegna. Si tratta di una pergamena eseguita dal maestro alla Maddalena per il decimo anno di attività del collega alla scuola tecnica maddalenina professor Egidio Stefani, e la copertina per un libro di Giovanni Giganti, edito a Sassari ma progettato all’Isola, che si intitola ‘Onde d’oblio: liriche’, con l’indicazione del disegnatore (così si faceva chiamare) Pietro Marchisio nel frontespizio, posseduto solo nella Biblioteca Universitaria di Sassari.
I primi mesi di permanenza a La Maddalena del Marchisio lo vedevano ben inserito e partecipe alla vita cittadina. La sua, scrive Silvia Garau nella citata tesi di laurea (Il Vento n. 82 del 1 ° luglio 2003), doveva essere una presenza culturale non trascurabile nell’ambiente locale e sicuramente punto di riferimento per quel che riguardava le novità in campo artistico. Precisiamo che solo nel 1913 affrescò nella chiesa di Santa Maria Maddalena gli interni con ornati ed il catino absidale con una Sacra famiglia nella quale Gesù Bambino aiutava il padre in falegnameria (così ricordano ancora gli anziani dell’Isola), e un Gesù nell’orto del Getzemani. Ora le pitture a fresco sono state ‘scialbate’ con una mano di bianco e non possiamo più goderne se non per quel che i documenti e le rarefatto ci tramandano. Nel 1920 il parroco canonico Antonio Vico scriveva che tutto era eseguito con somma valenzia da destare l’ammirazione dei visitatori della chiesa. Scaduta la nomina annuale ministeriale alla Scuola Tecnica, nell’estate del 1913 il prof. Pietro Marchisio lasciò l’Isola per stabilirsi nuovamente a Sassari, con la moglie ed il figlio Leone Pietro Andrea. Ritornerà a La Maddalena solo nel maggio del 1926, assunto come decoratore presso la sede staccata del Genio Militare e vi rimase fino al termine del contratto avvenuto nel settembre del 1928.
La Maddalena ritorna dunque nella sua vita come un dolce ricordo ma i tempi sono cambiati. L’artista conosceva bene l’ambiente maddalenino e riuscì ad ottenere la commissione per le decorazioni del ‘Cinema Teatro Verdi’. Si conoscono, grazie alla documentatissima tesi di laurea della dottoressa Silvia Garau, tutte le decorazioni del teatro (qui riprodotte). La lezione liberty del primo decennio del secolo si è evoluta sempre più nella grazia del lavoro del Marchisio, sempre con più eleganza, aggiornando quel suo personale gusto in quello che altrove si definirà gusto decò. Qualche critico ha obbiettato che la sua lezione decò, impregnata di cultura classico-rinascimentale, si svolse in ritardo secondo i tempi della grande Parigi. Non bisogna dimenticare che la ‘Piccola Parigi’ era purtroppo molto lontana, alla periferia dell’Impero, e forse la parabola storica del modernismo era in fase di declino e altrove si stavano sperimentando altre strade più razionali e lontane dall’ordine classico. Il Teatro Verdi di La Maddalena, ubicato in piazza Umberto I, doveva essere un vero capolavoro per la sontuosità delle decorazioni tra il neo rinascimento ed il neo rococò. Purtroppo non si conoscono foto del lavoro, ma solo bozzetti, per ogni parte del teatro andato distrutto e dimenticato per sempre.
Altre piccole commissioni realizzate da Pietro Marchisio, come quella dell’Opera Nazionale Balilla, sempre a La Maddalena, sono a pieno titolo nel clima di quegli anni, nella retorica del regime senza possedere un vero trasporto creativo. Fa anche copertine per un settimanale sportivo umoristico ‘La pesca’ di La Maddalena ma tornerà a Sassari nel 1928 dove lavorerà alle dipendenze delle Ferrovie Settentrionali Sarde in qualità di disegnatore. Lavorerà a qualche cinema sassarese ma nel 1933 l’autore improvvisamente verrà a mancare.
Antonio Frau