Pinna Nobilis – Gnacchera
Conosciuta volgarmente anche come ‘gnacchera’ o ‘nacchera’, la Pinna Nobilis è un mollusco filtratore presente nel Mediterraneo che suscita sempre un certo interesse. Indicatore dell’inquinamento marino, può raggiungere lunghezze che sfiorano un metro, e la sua raccolta è vietata.
Grande mollusco bivalve, vive in fondali melmosi con l’apice della conchiglia saldamente piantato nella sabbia. Molto abbondante nei nostri mari, veniva staccata dal fondo con uno speciale attrezzo ellitico di ferro, attaccato ad una lunga asta. Se ne estraeva il bisso che, nella prima metà dell’Ottocento veniva impiegato per ricavarne scialli, cravatte, guanti e cappelli. Il Lamarmora, nel suo “Viaggio in Sardegna”, dà notizia della grande quantità di gnacchere esistenti “nei bassi fondi della Sardegna, soprattutto dall’isola dell’Asinara alla Maddalena, e quelli di San Pietro e Sant’Antioco …… La gnacchera che se ne trae è filata a Cagliari, dove ne ho visto una quantità sufficente per farne scialli e cappelli; sono abbastanza comuni nell’isola i guanti fatti con questa sostanza”. La lana della gnacchera, estratta dal mollusco, doveva essere ben lavata con acqua di mare, asciugata al sole e dopo “ben pettinata e ben maneggiata in modo che rimanga perfettamente pulita come si usa per la lana. Con un piccolo fuso si accoppia il filo e senza alcuna tessitura, con un’asticella di legno ben fino eseguivano il lavoro“.
La pesca avveniva con un attrezzo menzionato da Plinio col nome di pernilegum. Constava di due branche di ferro curve ad arco che servivano a cingere in una morsa la conchiglia ed erano innestate alla loro estremità ad una pertica di altezza variabile a seconda della profondità del fondale. Il pescatore non doveva far altro che far entrare la conchiglia fra le branche del pernilego ed imprimere allo strumento una rotazione di 90° per estrarre la pinna dal fondale.
Questo attrezzo era di invenzione tarantina. Laddove invece era sconosciuto veniva usato un altro tipo di pesca con una cordicella a nodo scorsoio manovrata da due individui, uno che si tuffava in acqua e adattava il nodo alla Pinna e l’altro che dalla barca tirava la funicella e la preda. Il ciuffo di filamenti in quei tempi si prendeva tutto intero, aprendo la conchiglia e tagliandolo direttamente dal suo piede, in questo modo si utilizzavano i filamenti in tutta la loro lunghezza che arrivava a cm. 25 ma si uccideva la gnacchera.
Ma nel 1892 il sindaco Zicavo, che ci ha lasciato queste preziose notizie sull’utilizzo della gnacchera a La Maddalena, lamentava che ai suoi tempi ormai “l’industria della gracchera è insignificante riducendosi a qualche cravatta e a qualche paio di guanti, raramente qualche scialletto che si commissionava da fuori“. (Archivio Comunale 28 – 2 – 1892) Abbandonato l’uso tessile il bisso della gnacchera, preventivamente lavato e asciugato, immerso nell’olio caldo, fu ancora impiegato per curare forme di mal d’orecchio. Rimase, limitatissimo, l’uso commestibile; si mangiava infatti crudo il muscolo bianco e fibroso che tiene unite le due valve, e l’apparato interno bollito e condito come insalata. All’interno si trovava spesso una perlina grigia o marroncina, di nessun valore commerciale, a volte brillante e lucida, piacevole a vedersi.
La Pinna nobilis appartiene alla classe dei molluschi e rappresenta il più grande bivalve presente nel Mediterraneo, uno dei più grandi al mondo. Specie endemica del Mar Mediterraneo, può raggiungere e, eccezionalmente, superare un metro d’altezza, mentre la dimensione media di un organismo adulto è tra i 20 e gli 80 cm. Secondo la Direttiva “Habitat” dell’Unione europea, relativa alla conservazione degli habitat naturali e di fauna e flora selvatiche la nacchera (Pinna nobilis) è classificata tra le specie che richiedono una protezione rigorosa (Allegato IV): perciò tutte le forme di cattura intenzionale o l’uccisione di esemplari di questo bivalve sono vietate. Le attività di informazione, educazione ambientale e formazione che quotidianamente vengono sviluppate dal personale dell’Ente Parco, a volte, si scontrano con la superficialità di quanti molto spesso nella piena consapevolezza delle conseguenze dei propri gesti considerano l’ambiente un affascinante complemento d’arredo per i salotti delle proprie abitazioni.
Parzialmente tratto da “Il mondo della pesca” – Co.Ri.S.Ma – Giovanna Sotgiu
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