Raffet: Bonaparte en Corse, ses premières armes a l’expèdition de Sardaigne
La tentata invasione delle isole intermedie da parte dei Gallo-Corsi nel 1793 venne a lungo ignorata o minimizzata dalla storiografia francese e, più stranamente, anche da quella italiana, ma trovò proprio in Francia un famoso illustratore in Denis Auguste Marie Raffet, che in una stampa del 1830 intese celebrare le prime armi di Napoleone appunto in quella impresa, peraltro sfortunata.
Tra i numerosi pittori ed incisori che nel corso del 1800 esaltarono l’epopea ed il mito di Napoleone, il Raffet eccelse per la sua capacità di fissare sulla carta e sulla pietra le più cruenti scene di battaglie, rendendone tutto l’entusiasmo, l’impetuosità, il tumulto, il disordine e l’orrore con insuperabile maestria.
Tra il 1830 e il 1840 pubblicò una vasta serie di litografie sui fatti d’arme più eclatanti dell’eroe in corso, idealizzandone la figura così come il clima mitizzante di quegli anni imponeva.
La stampa che qui presentiamo ci porta, come indica la sua titolatura, alle giornate del febbraio 1793 in cui Napoleone, sbarcato sull’isola di Santo Stefano, cercò invano con i suoi cannoni di fiaccare la resistenza dei maddalenini.
Riteniamo di dover definire la stampa “importante e singolare” per un complesso di motivi e di considerazioni che qui vogliamo esporre.
Anzitutto occorre chiedersi di quali notizie disponesse Raffet circa questo fatto d’armi: notizie che dovevano essere certamente generiche e frammentarie, non sufficienti ad immaginare la scena con un minimo di elementi di realismo e di veridicità.
Non dobbiamo dimenticare che negli anni di Luigi XVIII gli eventi della rivoluzione e dell’Impero erano stati pressoché demonizzati e quindi assai scarsa pubblicistica doveva essere stata a loro dedicata.
Solo con l’avvento di Luigi Filippo il mito napoleonico esplose in tutta la sua enfasi, culminata con la trionfale traslazione dei suoi resti agli Invalidi nel 1840.
Nel 1827 era uscita la prima edizione della fortunata “Storia di Napoleone” del Norvins, illustrata appunto dal Raffet e da altri incisori. Ma in questa storia la tentata invasione delle isole intermedie viene sbrigativamente liquidata in mezza riga: ” la spedizione non ottenne successo”.
Nella edizione del 1859 il mancato successo venne attribuito ai venti contrari.
Solo nel 1837 ci pare che cominci ad emergere la realtà dei fatti di Sardegna e ciò non per merito di uno storico, ma dal racconto di un viaggiatore, M. Valery, che diede un ampio resoconto scritto di un suo viaggio in Corsica, Elba e Sardegna.
Parlando della Maddalena, in cui a quanto pare si trattenne abbastanza a lungo, il Valery riferisce che Napoleone faceva parte della “sciagurata” spedizione diretta nel 1793 contro l’isola. Dilungandosi in particolari sull’episodio, ci narra anche della bomba che fu “appuntata vuota da Napoleone, che voleva solamente atterrire gli abitanti……….. essa cadde placidissimamente su una tomba in mezzo alla Chiesa”.
La Maddalena, continua il Valery, possedeva fino a pochi anni prima due doni “dissimili” di due grandi condottieri: il Crocefisso ed i candelabri di Nelson e la bomba di Napoleone (che era stata venduta pochi anni prima).
Soffermiamoci ancora un attimo sul suo racconto, perché egli termina la parte interessante La Maddalena inquadrando la sfolgorante carriera militare di Napoleone tra le due sconfitte: la “piccola ed oscura” sconfitta della Maddalena e “l’immensa sventura” di Waterloo.
Dobbiamo essergli grati per l’accostamento.
Ritornando ora alla nostra stampa, anteriore di sette anni a questo racconto, il Raffet ci presenta un Napoleone idealizzato al centro della scena, la spada sguainata, incurante del fuoco nemico: completando la raffigurazione con le consuete scene guerresche: ufficiali, soldati che rispondono al fuoco nemico, vessilli, tamburini, feriti, barche ed una nave sul mare.
Manca solo quello che si aspetterebbe di vedere: il cannone con cui Napoleone si distinse nella pur infausta giornata.
Un particolare della scena contrasta poi decisamente con la verità storica: Napoleone viene fasciato per una ferita alla coscia sinistra da un soldato inginocchiato accanto a lui. Questa ferita Napoleone la ricevette veramente, ma alcuni mesi dopo, all’assedio di Tolone, per un colpo di baionetta.
Ciò conferma che Raffet, quando disegnò questa stampa, disponeva solo di notizie generiche e frammentarie.
Una figura in basso a sinistra attira la curiosità dell’osservatore: un uomo in cilindro e con fascia a tracolla arriva su una barca suonando la tromba.
Chi avrà voluto rappresentare Raffet in questo personaggio?
Qualcuno, forse trascinato da troppo entusiasmo campanilistico, ha creduto di riconoscere in esso il nocchiere Domenico Millelire che, come si sa, giunse sull’isola di Santo Stefano con una barca armata con un cannone (ma, probabilmente senza tromba).
Anche noi vorremmo poter adottare questa tesi, ma dobbiamo restare con i piedi per terra. Raffet non poteva conoscere l’episodio del Millelire, dato che aveva così scarse notizie sull’intero fatto bellico; quand’anche l’avesse conosciuto avrebbe certamente ritratto il Millelire non in abito civile ma con una divisa o qualche attribuzione militaresca.
L’uomo in cilindro potrebbe dunque essere un commissario della Convenzione, così rappresentato in altre stampe, ma si può avanzare una diversa ipotesi.
La presenza di una seconda barca su cui è un uomo con un braccio al collo e sulla quale sta per essere caricato un ferito potrebbe far pensare al medico della spedizione, venuto a soccorrere i feriti.
Lo stesso gesto dell’ufficiale al fianco di Napoleone, che lo prende per un braccio e gli indica il nuovo arrivato potrebbe far pensare alla premura dell’ufficiale affinché Napoleone si faccia curare la ferita alla gamba, sommariamente fasciata dal soldato.
Ma allora la tromba, come si collocherebbe in questo contesto?
Pare che nel 700 i medici di campagna francesi girassero per i paesi suonando una tromba per avvertire i parenti degli ammalati del loro arrivo.
Avveniva così anche sul campo di battaglia?
La scimmietta in primo piano della stampa è infine l’altro particolare curioso.
Qui potremmo però essere in piena veridicità storica, perché è noto che a quell’epoca una piccola colonia di scimmie era presente sull’isola di Santo Stefano.
Rimane la domanda: come faceva a saperlo il Raffet?
Abbiamo definito la stampa importante e singolare: singolare in effetti lo è per quanto di realtà e di immaginazione l’artista ha potuto inserire nella rappresentazione di un evento che, ancora nel 1837, cioè sette anni dopo, il Valery citava come “oscuro”, nel senso di poco noto; ma ancor più la stampa è importante perché risulta essere l’unica rappresentazione grafica di un fatto taciuto o minimizzato da tutti gli storici successivi.
Spetta al Raffet il merito di avere, lui solo, saputo cogliere nei fatti di La Maddalena la prima manifestazione del talento militare di Napoleone, anche se poi il risultato della impresa fu “une deroute complète” per usare le parole di Masson.
La stampa non ebbe tuttavia molto successo e non venne utilizzata nelle numerose storie illustrate di Napoleone che si susseguirono per tutto l’800 ed oltre.
La troviamo finalmente ripresa in un volume di Armand Dayot: Napoleone nelle opere de’ pittori, degli scultori, degl’incisori, tradotta e pubblicata nel 1896 dal Corriere della Sera come dono agli abbonati.
Ancora nel 1961 Octave Aubry la pubblica nel suo volume “Napolèon” senza però fare cenno nel testo della spedizione alla Maddalena.
Da parte italiana, troviamo la stampa pubblicata nel 1952 da Mondadori nel volume “Napoleone Bonaparte”, raccolta di scritti di autori vari a cura di Jean Bourguignon.
Non ci è stato possibile rintracciare un originale della stampa che è ora rarissima, essa non fu presente nemmeno alla grande esposizione “Napoleonica” che si tenne a Milano nel 1916 e dove erano pur presentate più di 600 stampe e disegni; ed è quindi una fortuna che un’esemplare sia presente nella raccolta di un cultore locale.
Infine un ultimo cenno su Napoleone.
La stampa si richiama a “Napoleone in Corsica” e non pare inutile ricordare qui come si concluse la sua presenza nell’isola.
Entrato in dissidio col suo vecchio idolo Pasquale Paoli che disgustato dai metodi della rivoluzione si batteva per l’indipendenza dell’isola, venne in aperto conflitto con i paolisti che gli incendiarono la casa di famiglia ad Ajaccio.
Tutta la famiglia dovette trovare rifugio in Francia, dove però l’eroe corso iniziò veramente la sua brillante carriera militare all’assedio di Tolone, guadagnandosi la ferita ma anche il grado di generale.
Giusto DAVOLI – CO.RI.S.MA. (Comitato Ricerche Storiche Maddalenino)