I rapporti con la Repubblica di Genova (1767-1768)
Il secondo trattato di Compiègne (6 agosto 1764), che prevedeva l’invio in Corsica di truppe francesi per tenere a freno i ribelli, con la clausola che esse sarebbero state ritirate se entro quattro anni Genova non fosse stata in grado di riportare la pace fra i Còrsi, aveva messo in chiaro da una parte l’impotenza della vecchia Repubblica a mantenere le sue posizioni, e dall’altra le mire interessate del duca di Choiseul, che con astuto calcolo tendeva a far apparire necessaria la presenza delle guarnigioni francesi nelle principali piazzeforti: passo indispensabile per la successiva conquista dell’isola (35).
La Guerra dei Sette anni era da poco terminata con un bilancio disastroso per la Francia, e la diplomazia di Luigi XV cercava di ottenere nel Mediterraneo un compenso alle vistose perdite subite nell’Oceano Indiano e nell’Atlantico. La necessità di procedere sollecitamente all’occupazione armata della Maddalena, intravista dalla corte di Torino subito dopo la stipulazione del trattato, appariva dunque pienamente giustificata. E se potrà sembrare alquanto esagerata l’affermazione del Marmonier (36) che il Re di Sardegna da quella posizione avanzata si proponeva di seguire da vicino l’evolversi degli avvenimenti in Corsica e prender parte, all’occorrenza, ai torbidi che necessariamente sarebbero seguiti al definitivo insediamento’ francese nell’isola, è però vero che, nonostante il pretesto della repressione del contrabbando, Carlo Emanuele III attribuiva una grande importanza al possesso di quelle isolette.
Nel 1766 e all’inizio del 1767 i preparativi, come si è visto, furono affrettati (37), perchè la crisi còrsa, per effetto della capito lazione di Capraia, sembrava prossima alla prevista conclusione. Ancora una volta l’atteggiamento del governo sardo fu ispirato a prudenza: era necessario, innanzi tutto, assicurarsi che le disposizioni d’animo degli abitanti della Maddalena fossero favorevoli: a tal fine furono inviati nelle isole, verso la fine di marzo del 1767, i comandanti Allione di Brondel e Nobili, che vi si trattennero oltre un mese. I pastori di Caprera manifestarono loro il desiderio di essere ammessi sotto la protezione della bandiera sarda; quelli di S.Stefano, una quarantina e tutti armati, fecero presente la necessità di essere efficacemente tutelati contro possibili rappresaglie da parte dei loro padroni di Bonifacio. Anche la popolazione della Maddalena, che era la più numerosa, si mostrò disposta a riconoscere la sovranità di S. M. Sarda, a patto, però, che nell’isola prendesse stanza un forte distaccamento armato per proteggere le persone e le cose dalle incursioni dei pirati barbareschi e dalle inevitabili ritorsioni dei Bonifacini (38).
Un’altra ricognizione fu compiuta nei mesi di luglio e agosto dal Brondel e dal misuratore di marina Ferreri con l’intento di scandagliare le acque e di determinare i punti di approdo più favorevoli allo sbarco (39).
La presenza delle navi sarde nelle acque dell’arcipelago non sfuggì alle autorità genovesi di Bonifacio, e il 27 maggio il Commissario Bernardo Aldovino procedette a una prima inchiesta per stabilire la natura e l’estensione dei diritti della Repubblica su quelle terre. Alcuni testimoni dichiararono sotto giuramento che i Bonifacini non solo godevano da tempo immemorabile del possesso delle isole, ma che i loro abitanti avevano sempre pagato e pagavano ancora le decime alla chiesa parrocchiale di S. Maria Maggiore di Bonifacio, dalla quale dipendevano per gli affari ecclesiastici; che i rei di delitti commessi alla Maddalena e a Caprera erano stati sempre perseguiti dalle autorità genovesi; che le navi da guerra sarde incrocianti nelle acque dello stretto non avevano mai molestato le gondole bonifacine che approdavano in quegli scali (40).
Una seconda inchiesta fu latta, tra il 23 giugno e il 18 settembre, direttamente nelle isole dal cancelliere Scotto, inviato appositamente dal Commissario Aldovino per raccogliervi altre testimonianze. Domenico Culiolo, Giuseppe e Francesco Ornano e Marco Alfonsi confermarono quanto avevano dichiarato in precedenza i testi interrogati in Bonifacio, e aggiunsero che la popolazione della Maddalena desiderava rimanere sotto la giurisdizione di Genova, anche se qualche mese prima un certo Santi di Bonifacio, residente in Sardegna, era venuto con altri Sardi per prendere i loro nomi, annunciare la prossima costruzione di una nuova chiesa e invitarli ad andare a coltivare, se volessero, le terre della Gallura. L’Alfonsi, inoltre, dichiarò che anticamente le isole erano abitate dalle famiglie degli Aldovrandi, dei Maestroni, dei Mattarana, dei Serafini e dei Doria, tutti sudditi di Genova.
Altri abitanti della Maddalena e di Caprera, nel rendere la testimonianza, manifestarono il loro sdegno per il fatto che la gondola del « patron » bonifacino Antonio Mamberti era stata sequestrata il 10 settembre dalle vedette guardacoste sarde mentre trasportava in Corsica un carico di bestiame che, per il fatto di essere stato imbarcato nelle isole, era di spettanza dei Còrsi (41).
Ai primi di ottobre corse voce che le truppe sarde stavano per effettuare lo sbarco. Il Commissario di Bonifacio inviò di nuovo alla Maddalena il cancelliere Scotto affinchè, rappresentando ufficialmente la Repubblica di Genova, notificasse agli aggressori la formale protesta e tutelasse gli interessi degli isolani. Il delegato attese qualche giorno l’arrivo delle truppe, ma, visto che i Sardi non si presentavano, fece ritorno a Bonifacio, dopo aver lasciato nelle mani dei due più autorevoli capifamiglia della Maddalena e di Caprera, Pietro Millelire e Domenico Moriano, gli stendardi di Genova e la seguente protesta, che essi avrebbero dovuto consegnare al comandante della
spedizione (42):
«Noi tutti abitanti nell’isola di Caprera, Giurisdizione di Bonifacio, dominio della nostra Ser.ma Repubblica di Genova, che all’immemorabile, senza alcuna contradizione nè ostacolo, è al possesso non solo dell’isola nominata Caprera, ma di tutte le altre nominate La Maddalena, Spargi, Spargiano, S. Stefano, S. Maria, il Budello, la Risuola e le due isolette del Cavallo e Lavezzo, sempre state quietamente e pacificamente possedute dalla Ser.ma nostra Repubblica, e nelle quali, cioè in quelle della Maddalena,Caprera e S. Stefano, hanno sempre prima di noi abitato li nostri antenati, come veri e fedeli sudditi di detta Ser.ma Repubblica, verso la quale sino all’ultima stilla di sangue professiamo, dichiariamo la più inviolabile ubbidienza, fedeltà e sommissione.
« Presentendo che l’armamento di S. M. il Re di Sardegna possa pretendere tentare lo sbarco in questa o in altre Isole di sovra espresse, ancorché senza verun Jus, titolo, ragione nè azione, per indi impadronirsi contro ogni legge ed urbanità di dette isole o parte di esse, non potendosi mai ideare però, essere ciò ordine nè mente della Reale M. S., ma bensì mera idea di qualche capriccioso umore, che voglia tentare per turbare un sì antico e pacifico possesso, dominio e tenuta di dette isole alla prefata Ser.ma Repubblica, e non avendo noi al presente forma di ripararci dalle ostilità, che possa usarci, da chi, come si è detto, contro ogni ragione si macchina l’ingresso in dette isole senza saputa del nostro Ser.mo Governo; perciò, anche in vista di non peccare verso Iddio, e di non acquistarci una generale taccia di infedeltà, della quale ci dichiariamo assolutamente involontari e lontani, offrendoci pronti a sacrificare non che le sostanze che le proprie e della nostra prole vite per difesa della già mentovata nostra Ser.ma Repubblica, della quale di nuovo ci dichiariamo giurati e costanti fedeli sudditi, ci protestiamo d’una irreparabile violenza ed ostilità contro chiunque perturbatore della nostra gente e Stato, richiedendo frattanto che non debba rinnovarsi cosa alcuna, nè tentare lo sbarco prima che da noi, a tenore del nostro debito, non se ne avanzi l’avviso al nostro Ser.mo Governo, altrimenti ci riprotestiamo tutti come sopra » (43).
L’occupazione delle isole, come è stato detto, avvenne nel breve giro di tre giorni, dal 14 al 16 ottobre, senza colpo ferire. Dalle varie relazioni pervenuteci (44) non risulta, come afferma il Marmonier, che gli abitanti della Maddalena e di Caprera avessero innalzato lo stendardo genovese prima di consegnare al maggiore La Rocchetta la protesta scritta a loro nome dal cancelliere Scotto (47). È bensì vero che gli isolani non nascosero le loro ansie per la sorte dei loro beni lasciati in Bonifacio e per le difficoltà degli approvvigionamenti, ben sapendo che da allora in poi non avrebbero potuto più recarsi nella loro città di origine per le provviste, nè, d’altra parte, avrebbero potuto ottenere facilmente dei crediti nei vicini paesi della Gallura, dove si guardava a loro con un malcelato sospetto (48).
Il 16 ottobre i capifamiglia delle isole mandarono al Commissario Aldovino una lettera per informarlo del modo come era avvenuta l’occupazione. La missiva, nonostante l’enfasi di qualche frase, lascia trasparire, attraverso l’ingenua semplicità della forma, di che natura fossero le speranze che quei pastori, di cui a mala pena solo qualcuno sapeva leggere e scrivere, riponevano nell’aiuto del Prencipe di Genova. «Illustrissimo sig. Commissario, non manchiamo di darli parte siccome alli 14 di ottobre à ore 23 siamo stati asaltati dalla truppa Savoiardi, e ci hanno fatto tre sbarchi, e ci hanno misso nel mezzo con sette lancie grosse e due Pinche. Si che noi non eravamo in forza di poterli smontare, ci hanno preso li nostri schiffe perchè noi non fossimo venuti à dar l’aviso a Bonifacio a darli aviso perchè sanno che in Bonifacio vi è la Galera che vi portano gran paura, li detti capi dell’isola della Caprera e della Maddalena con tutti l’isolani li hanno detto che I’isole erano del Prencipe e noi semo figli del Prencipe di Genova, lui hanno risposto che l’isola erano del Rè e se noi ni parlavamo ci volevano farci a pezzi, nell’isola della Maddalena vi è sbarcato numero di soldati trecento a bordo à essi non sapemo ciò che vi può esse, alli 15 di ottobre e arrivato il filocono sichè adesso sono alla Maddalena, dalla Maddalena anno da venire alla Caprera, noi semo pronti semo fedeli sempre al nostro Prencipe tutti l’ora che ci comanda sempre viva il nostro Prencipe fino al ultima stilla di sangue noi stiamo sempre allo aspetto e aiuto del Prencipe. Sue bon servitore Matteo Culiolo, Domenico Moriano, Giovan Batista Zicavo, Pietro Millelire, Giovanni Andrea Ornano, Silvestro Panzano e Pietro Culiolo per li detti a nome di tutti li abitanti delle isole della Maddalena e Caprera della nostra Ser.ma Repubblica dichiarando altresì essere stata fatta la protesta tanto di quella della Maddalena quanto da me sottoscritto e dalli altri abitanti della Caprera alle arme Sarde quando sono sbarcate, et in fede questo giorno 16 ottobre 1767, Pietro Culiolo à nome di tutti li isolani » ( 22).
Il felice esito della spedizione era tosto comunicato a Torino, dove il conte Bogino, prevedendo ingiustificate reazioni da parte delle corti italiane e straniere, ebbe premura di redigere un Promemoria, destinato a illustrare alle varie Cancellerie le ragioni che avevano indotto il governo sardo a passare all’azione (48). Il documento, che per la sua importanza merita di essere inserito nel testo anziché riportato in appendice, contiene « in nuce » tutti gli elementi di fatto e di diritto dei quali si sarebbe avvalsa più tardi la diplomazia sarda per respingere le rivendicazioni francesi: «Ne’ mari adiacenti alla Sardegna dalla parte della Gallura, che trovasi al settentrione del Regno verso la Corsica, sono situate alcune Isole denominate della Maddalena, Santa Maria, la Caprera, ed altre minori, le quali fanno quasi corona allo stesso Regno, cui indubbiamente appartengono. Ne fa prova oculare e conveniente la stessa loro situazione, e adiacenza alla Sardegna, dal cui continente la più lontana non è discosta più di due miglia, quando la distanza minore delle stesse dalla Corsica è di otto in nove.
«A questo argomento, che ben si sa quanto abbia di valore e di peso sul proposito, si uniscono non solo tutte le carte geografiche rappresentanti i due Regni, ma anche gli Storici, e Geografi sì antichi che moderni, i quali attribuiscono concordemente le accennate isole alla Sardegna. Che anzi alcuni degli stessi scrittori ne forniscono ancora la prova negativa, asserendo non avere la Corsica Isole adiacenti, siccome di fatto la medesima Nazione Còrsa, che il mondo sa quanto ben conosca i diritti di quell’isola, nella Carta, che ne fece di recente stampare neH’anno 1704, nò ha anche pensato d’inserirvi le isolette di cui trattasi.
«Per contro il governo di Sardegna non potè mai dubitare che le medesime spettassero a quel Regno, e come tali le ha sempre considerate, e trattate, siccome di fatti sin da’ primi tempi, dopo l’ingresso della Real Casa di Savoia, vennero comprese e nominatamente specificate fra le adiacenti ed appartenenti al Regno negli Editti emanati nel 1721 in occorrenza della peste di Marsiglia, siccome si è fatto in appresso in occasione di altre simili contingenze, che sono anche troppo succedute, di contagi manifestatisi in altre parti.
«Ancorché le predette Isole siano di tanto più vicine alla Sardegna, che alla Corsica, tuttavia i Sardi le hanno sempre lasciate incolte, siccome tale trovasi ancora al dì d’oggi per tratto di molte miglia il Territorio della Gallura, che vi sta a fronte, attesa l’intemperia dell’aria che vi domina, e gli altri ampissimi Territori e pascoli comuni che trovansi nel Regno, non lasciarono luogo ai Nazionali di cercare quelli delle Isole adiacenti.
«In tali circostanze vi si sono introdotti dalla Corsica, e singolarmente da Bonifacio, alcuni Pastori co’ loro bestiami a profittarne, come di un frutto abbandonato, trattenendovisi per la maggior parte dell’anno a consumarlo, e ritornano poi per due o tre mesi alla propria casa, o de’ loro padroni; seppero non v’ha forse taluno stabilita in qualche capanna permanente dimora; ed il governo di Sardegna lascia loro godere un prodotto della natura, che riusciva inutile ai suoi nazionali, siccome se ne credeva anche innocuo l’uso, e la maniera, con cui la facevano i suddetti Pastori.
«Da alcuni anni in qua avendo poi la M. S. dovuto vedere che crescevano a dismisura i contrabbandi, i furti e le rapine, che commettevansi dal canto della Gallura col mezzo de’ Banditi più famosi di Sardegna, e di malviventi, che trovavano aperto ricovero, e fors’anco fomento, ne’ vicini presidi di Corsica, e singolarmente di Ajaccio, e Bonifacio, dai quali con frequenti scorrerie nel Regno si praticavano ogni sorta di violenze, e ladronecci, con infinito discapito non solo de’ Regi dritti, ma anche della quiete pubblica e de’ sudditi sempre minacciati nella vita e nelle sostanze, che rapite loro si trasportavano poscia ne’ suddetti presidi a segno che in Bonifacio eravi un pubblico macello detto de’ Sardi, per la carne derubata, che vi si recava di continuo da quel Regno; pensò la M. S. ad apportarvi riparo; e dopo di aver dato pubbliche provvidenze, e stabilite con esse diverse cautele adatte all’oggetto, fece anche allestire, ed armare, alcuni legni per corseggiare nelle acque più sospette, ed esposte, a scanso di tanto male.
«Queste misure però giovarono bensì a scemarlo, non già a ripararvi come si conveniva; e rintracciate le vere cagioni per cui si continuava tuttavia l’infame tragitto, ed i contrabbandi, si riconobbero procedere anche dalla facilità, che presentavano le suddette Isole, con i suoi abitanti, servendo di scalo e talvolta anche di deposito di generi, e bestiami derubati, e di sfroso, come di ricovero, e di passo agli stessi Banditi, e Frodatori, i quali con tal mezzo sottraevansi egualmente a ogni persecuzione di giustizia, ed eludevano tutte le diligenze per impedire loro il traffico sovradescritto.
«Queste misure però giovarono bensì a scemarlo, non già a ripararvi come si conveniva; e rintracciate le vere cagioni per cui si continuava tuttavia l’infame tragitto, ed i contrabbandi, si riconobbero procedere anche dalla facilità, che presentavano le suddette Isole, con i suoi abitanti, servendo di scalo e talvolta anche di deposito di generi, e bestiami derubati, e di sfroso, come di ricovero, e di passo agli stessi Banditi, e Frodatori, i quali con tal mezzo sottraevansi egualmente a ogni persecuzione di giustizia, ed eludevano tutte le diligenze per impedire loro il traffico sovra descritto.
«Sentesi ora solamente, che all’arrivo del distaccamento come sovra, spedito dalle Regie truppe in dett’Isole verso la metà dello scorso ottobre, siasi presentato da uno di quei Pastori, che senza dubbio non sa nè leggere nè scrivere, una specie di protesta, che gli è stata posta tra le mani, a quel che dicesi, dal Cancelliere di Bonifacio, nella quale dichiarasi a nome di quegli abitatori, essere eglino sudditi della Repubblica di Genova, come non si controverte che siano in origine, e si accenna inoltre, che le Isole spettano alla medesima, senza però allegare nè fondamento di ragione, nè alcun atto, che vi abbia mai esercito, di giurisdizione, come se la loro abitazione, e tolleranza in esse, avesse potuto acquistare alla Repubblica alcuno di questi diritti; onde trattandosi di scrittura informe rimessa da un particolare, senza titolo, e senza principio di pruova d’esercizio di giurisdizione, nonché di sovranità, e dominio per parte della Repubblica, la cosa risalta abbastanza da sè medesima all’occhio, per conoscere se possa farsene il menomo caso.
«E non consistendo le determinazioni prese da S. M., che di un passo fatto in casa propria, ed in territorio di sua indubitata pertinenza, non occorre di farne discorso, se non a semplice informativa di chi, non essendo a lume delle circostanze, potesse prendere abbaglio, o sentirne parlare in aspetto diverso, od alterato».
Il Bogino non aveva tutti i torti di temere che la notizia dello «inopinato disimbarco» giungesse ampiamente alterata alle altre corti. Infatti a Napoli e a Roma ben presto si diffuse la voce che allo sbarco avevano preso parte oltre 600 soldati (numero di gran lunga superiore al vero) e che erano state occupate anche le isolette di Cavallo e Lavezzi, situate dall’altra parte delle Bocche di Bonifacio, a qualche centinaio di metri dal litorale còrso. Contemporaneamente a Venezia il governo della Repubblica veniva informato che era imminente l’apertura delle ostilità tra Genova e lo Stato Sardo (49).
Le relazioni dei rappresentanti stranieri a Torino, tuttavia, accreditavano le buone ragioni addotte dal ministro Bogino nel suo Promemoria, nel quale i veri motivi di ordine politico e strategico apparivano abilmente camuffati sotto l’apparente esigenza di porre freno al contrabbando e alle attività delittuose nelle acque dell’arcipelago (50).
Il Marmonier afferma che « cet acte de violence, commis en pieine paix, san aucun avis préalable » (51) causò viva emozione a Genova. Negli Archivi di quella città non vi sono elementi documentali che confermino la veridicità di tale affermazione (52), nè se ne trova traccia negli storici genovesi meglio informati. È vero che alcuni decenni prima, quando le autorità sarde fecero le prime intimazioni ai pastori còrsi introdottisi abusivamente nelle isole, il governo genovese, informato dalle autorità di Bonifacio, aveva fatto fare delle ricerche nei vecchi fondi d’archivio intorno ai diritti possessori della Repubblica su quelle terre, ma l’esito era stato scarsamente fruttuoso: i pochi dati raccolti riguardavano, infatti, il mancato riconoscimento dei diritti concessi dal Re di Spagna a Giacomo Antonio Carboni sullo sfruttamento dei pascoli dell’arcipelago e alcuni atti processuali istruiti presso il tribunale di Bonifacio per reati avvenuti alla Maddalena e a Caprera. L’indifferenza dimostrata nel passato dal governo genovese verso una «questione» ritenuta così poco importante non deve far credere, però, che la Repubblica se ne disinteressasse del tutto anche quando giunsero dal Commissario di Bonifacio e dal Governatore della Corsica le informazioni sul colpo di mano fatto dalle truppe sarde: il ministro degli esteri non potè fare a meno di presentare formale protesta attraverso le consuete vie diplomatiche; e poiché erano interrotte da qualche tempo le normali relazioni con Torino, fu incaricato di compiere i necessari passi l’ambasciatore genovese a Parigi, Agostino Sorba. Questi recapitò al conte Lamarmora, rappresentante sardo in quella città, una breve nota, nella quale, tra l’altro, era detto: «… Le 14 octobre dernier il a été inopinément débarqué 200 hommes de troupe de S.M. le Roi de Sardaigne, autant de Sardes, des vivres et des canons dans les petites isles de la Magdelaine, de la Cabrera et de San Stephano. Ces trois isles qui font partie de 18 qui se trouvent entre la Corse et la Sardaigne sont occupées de tems immémorial par les sujets de la Ser.me République. Ils ont fait une protestation autant qu’il leur a été possible en faveur du Souverain au commandant piémontois; mais celuici en a entendu la lecture sans en tenir aucun compte, et en se contentant de répondre que cette affaire se décidera entre le Roi et la République, après quoi profitant de l’état des lieux, où l’on n’à jamais cru avoir rien à apprendre, il s’y est établi militairement et s’y est fortifié, outre deux fregates armées qui y sont en croisière… » (53).
Nello stesso tempo il Sorba consegnò una Memoria al duca di Choiseul, invitandolo a interporre i suoi buoni uffici per appianare la controversia (54). Nel rispondere, il Lamarmora accusò semplicemente ricevuta della nota, senza neppure dare assicurazione che ne avrebbe fatto conoscere i termini al suo Sovrano; lo Choiseul, da parte sua, si mostrò scarsamente interessato. L’esito di un primo colloquio, fu, infatti, negativo, in quanto il ministro francese dichiarò di non avere elementi sufficienti per dare un giudizio. In un secondo tempo osservò semplicemente e con somma indifferenza che, nonostante le prove addotte dal governo della Repubblica nella Memoria precedentemente trasmessagli, la carta geografica ad essa allegata sembrava confermare i buoni diritti del Re di Sardegna (55). Il duca dimostrò la stessa freddezza con gli altri rappresentanti stranieri che lo avevano invitato a esprimere il suo parere sulla vertenza in atto (56).
In realtà la Francia non aveva allora alcun interesse ad andare incontro alle difficoltà in cui si dibatteva il governo della Repubblica. Le trattative per la cessione della Corsica si erano arenate perchè Genova, prima di impegnarsi definitivamente, cercava di fare il « doppio gioco » intrigando con la Spagna; di ciò era a conoscenza lo Choiseul, che, nascondendo la sua irritazione sotto le apparenze dell’indifferenza, aspettava che maturassero gli eventi: a suo giudizio, dunque, era giusto che i Genovesi, sempre più irretiti nella trappola loro tesa dalla Francia, «cuocessero nel loro stesso brodo » (57). Essi erano venuti a trovarsi in una posizione ancora più grave perchè l’inopinata mossa del Re di Sardegna si era aggiunta alla perdita dell’isola di Capraia, all’arrivo dei Gesuiti in Corsica e alla manifesta inattività dei presìdi francesi nelle piazzeforti marittime.
La diplomazia francese ne sembrava contentissima; addirittura canzonatoria era stata la lettera con la quale l’ambasciatore di Francia a Genova, Boyer, aveva dato notizia al suo governo dell’occupazione della Maddalena: «Il vient de se passer un incident qui ne pourrait arriver plus mal à propos pour troubler les plaisirs que messieurs les Gènois goutent en cette saison » (58). Lo Choiseul, in risposta, gli aveva ingiunto di non occuparsi allatto della «questione» e di prendere atto soltanto delle comunicazioni del governo genovese (59). La Repubblica di Genova finì col disinteressarsi del tutto della faccenda, a tal punto che, riallacciate poco tempo dopo le relazioni diplomatiche con Torino, il Sorba, incontratosi col conte Lamarmora a Parigi in una riunione di ambasciatori, lasciò cadere volutamente il discorso quando il rappresentante sardo gli fece osservare, confidenzialmente, che, considerato il silenzio delle autorità genovesi, anche il Re di Sardegna era d’avviso che la «questione della Maddalena» non meritasse alcuna ulteriore attenzione (60).
Dai fatti finora esposti risulta chiaro che l’interessamento di Genova per quelle isolette in contestazione fu puramente formale. La protesta era stata fatta non già perchè la Repubblica fosse convinta della legittimità delle sue rivendicazioni (si vedrà più avanti quanta parte vi ebbe, invece, la comunità di Bonifacio), ma unicamente per salvare il suo prestigio agli occhi delle potenze straniere.
Del resto, la sorte della Corsica era segnata, nonostante le ultime esitazioni del governo genovese. Nell’estate del 1768 scadeva il quadriennio previsto dalla seconda convenzione di Compiègne per la permanenza delle truppe francesi nell’isola. Di fronte alla richiesta di Versailles tendente a ottenere la cessione di alcune città in compenso dell’aiuto prestato contro la resistenza del Paoli, Genova fece un ultimo tentativo, cercando di accordarsi col capo dei ribelli: non vi riuscì, e allora fu giocoforza stipulare, il 15 maggio di quello stesso anno, il contratto di vendita dell’intera isola, esclusa Capraia, per la somma di due milioni di lire: ultimo atto di una vicenda oltremodo dolorosa per quella terra italianissima (61).
NOTE:
(35) Cfr. Volpe op. cit., p. 195; Izzo, op. cit., p. 67; Rota E., Le origini del Risorgimento, Milano, Vallardi, 3″ ediz. Ia ristampa, 1948, voi. I, pp. 274-275.
(36) MARMONIER, op. cit., p. 8: Les Iles Intermediaires lui offraient (a Ciarlo Emanuele III) d’ailleurs un poste avance d’observation très avantageux et devaient luì permettre de prendre aisement une part discrète aux troubles qui ne pouvaient manquer d’éclater en Corse.
(37) A.S.C., collez. cit., un. 9, 15, 22, 23, 24; A.S.T., Sardegna, Materie politiche, cat. I°, mazzo 3°, nn. 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76, 77, 78
(38) A.S. T., collez. cit., nn. 79, 80.
(39) A.S.T., collez. cit., n. 81.
(40) Testimonianze sull’appartenenza delle isolette dello Stretto di Bonifacio alla Repubblica di Genova raccolte dal Commissario di Bonifacio Bernardo Oldoini nel mese di giugno 1767, in A. N. P., serie Q. 295, n. 6, testimonianze nn. 1-5. In alcuni documenti si legge Oldoini anziché Aldovino.
(41) Ibidem, testimonianze nn. 6-15.
(42) A. S. T., collez. cit., n. 85: Copia di lettera del Maggiore del Reggimento di Sprecker, La Rocchetta, contenente la Relazione del modo con cui il distaccamento da lui comandato aveva preso possesso delle Isole Intermedie in nome di S. M., con copia della protesta che alcuni giorni prima il Commissario di Bonifacio aveva rimesso agli abitanti di dette Isole per farne uso in occasione dello sbarco delle Regie Truppe, in data 15 ottobre 1767.
(43) Il testo della protesta è riportato integralmente dal Garelli, op. cit., pp. 60-62.
(44) Una è quella del maggiore La Rocchetta, cit. nella precedente nota 42; ; un’altra è datata Tempio, 18 ottobre 1767; Relazione del modo con cui le armi di S.M. presero possesso delle isole aggiacenti alla Sardegna, in A.S.T., collez. cit., n. 86. Vengono poi le Due Lettere scritte dal sig. Della Rocchetta a S.E. il Viceré, in cui notificava essere falsa la fuga degli abitanti delle isole della Maddalena e Caprera, come era stato supposto, e l’altra colla quale assicurava la prefata S.E. che quell’Isolani non erano in situazione di fare attentati contro le Regie Truppe, che anzi davano segni di docilità e obbedienza, in data 24 e 29 ottobre 1767.
Cfr. pure il n. 90 della cit. collez. dell’A. S.T., in data 1° marzo 1768: Relazione della partenza, andata e ingresso nelle isole intermedie del distaccamento comandato dal maggiore La Rocchetta, e de’ lavori che si sono fatti nelle medesime. Lettere da esso scritte in precedenza al Viceré al riguardo delle stesse isole, in data 24 dicembre 1767 e 21 gennaio 1768, e nota delle spese fattesi. Il Garelli, op. cit.t pp. 52-56, riporta anche il Giornale di bordo delle scialuppe dei vascelli di S. M. comandati dal cav. de Foncenex, dall’11 al 15 ottobre 1767.
(45) Marmonier, op. cit., p. 9.
(46) Cfr. la Relazione del maggiore La Rocchetta, cit. nella precedente nota 42.
(47) il testo della protesta è allegato alle testimonianze raccolte dal cancelliere Scotto, cit. nelle note 40-41; cfr. SOLE C., Contributo alla storia della Maddalena,
(48) A. S. T., collez. cit. n. 88: Promemoria, che si crede un Progetto o sia Minuta di Manifesto da pubblicarsi per parte di S. M. per giustificare il possesso delle isole adiacenti alla Sardegna, con allegata copia della lettera che Agostino Sorba, Ministro della Repubblica di Genova presso la corte di Francia, trasmise al conte Lamarmora, Ambasciatore sardo a Parigi, il 23 novembre 1767. Cfr. MICHEL, op. cit., p. 46, nota 2, e doc. IX dell’appendice, pp. 62-64.
(49) Le notizie sulle reazioni delle varie corti italiane all’occupazione della Maddalena sono dovute alle diligenti ricerche fatte negli Archivi di Stato di Torino, Genova, Venezia e Napoli dal Michel, op. cit., pp. 43-44.
(50) Il ministro di Napoli a Torino, conte Pignatelli, in una lettera del 25 novembre 1767, cosi scrisse al marchese Bernardo Tanucci: «Riceviamo sempre maggiori conferme dello stabilimento dei Sardi sulle isolette del canale di Bonifacio, perché supposte dalla Sardegna dipendenti; ma so che i Genovesi reclamano di questa, ch’essi chiamano violenza, vantando dei possessi antichi e mai interrotti di esse». Cfr. Michel, op. cit., p. 45, nota 2.
(51) Marmonier, op. cit., p. 9.
(52) È significativa, a questo proposito, la corrispondenza intercorsa nel 1728 tra il Commissario di Bonifacio, Ascanio Pallavicini, il Governatore della Corsica, Felice Pinelli, e il Governo della Repubblica di Genova, sulle infruttuose ricerche eseguite negli Archivi di Bonifacio, Bastia e Ajaccio; cfr. i docc. 20-23 dell’A.S.G.. Archivio segreto, fondo Corsica, I, 2115
(53) L’originale si trova in A. E. P., Corrispondenza politica, Genova, vol. 151, sotto la data del 23 novembre 1767; copia in A. S.T., collez. cit., n. 88, allegata al Promemoria del conte Bogino del 14 novembre 1767.
(54) A. E. P., Corrispondenza politica, Genova, vol. 151, fol. 285 : « Mémoire remis par le Chevalier de Sorba, Ministre de Gènes, au due de Choiseul ».
(55.) MARMONIER, op. cit., p. 10.
(56) Cfr. la corrispondenza dell’ambasciatore Sorba, lettere del 26 e 30 novembre 1767. in A. S. G., Lettere ministri, Francia, mazzo 76, n. 2252.
Introduzione di Sovranità e Giuristizione sulle Isole Intermedie (1767-1793) Carlino Sole
I rapporti con la Repubblica di Genova (1767-1768)
Le relazioni Franco-Sarde al momento della cessione della Corsica (1768)
Le rivendicazioni della comunità di Bonifacio (1768-1777)
L’azione diplomatica del governo francese (1778-1784)
La replica della corte di Torino (1785-1787)
Le ultime rivendicazioni dei corsi (1788-1792)
La spedizione contro le Isole Intermedie (1793)
Sovranità e Giuristizione sulle Isole Intermedie (1767-1793) Carlino Sole 1959