Renato Jacopini
Figura di notevole rilievo nella lotta antifascista e poi nella lotta armata della Resistenza in questa parte d’Italia tra Liguria, Toscana ed Emilia, “Marcello” (questo il suo nome di battaglia), fu decorato di Medaglia d’argento, divenne questore della Spezia alla Liberazione, subendo poi persecuzioni politiche dei governi a guida democristiana. Nato in una famiglia contadina, Jacopini divenne, giovanissimo, un militante del Partito repubblicano; a quindici anni era segretario del circolo giovanile “Nathan”, ma subendo l’influenza dei cugini della madre, (Zelmira e Pasquale Binazzi, dirigenti del movimento anarchico in Italia), formò una corrente repubblicano–anarchica. A diciassette anni, nelle file degli Arditi del Popolo, partecipò alla difesa di Sarzana -21 luglio 1921- contro gli squadristi. Diplomatosi, divenne ragioniere dell’Arsenale M.M. della Spezia e nel 1936 aderì all’organizzazione comunista clandestina, facendo parte dell’attivissima cellula di Piazza Garibaldi, caduta tutta, nel 1937, nelle grinfie dell’OVRA. Fermato e interrogato, si salvò in quanto richiamato alle armi come ufficiale di fanteria (il regime non voleva far vedere che anche nell’Esercito vi erano cospiratori antifascisti). Richiamato di nuovo nel maggio 1940, fu inviato col grado di capitano di fanteria sul fronte francese e in Jugoslavia. Esonerato successivamente dal servizio, riprese il suo posto di lavoro presso la Marina Militare. L’8 settembre, sul ponte di Sarzana, provocò il primo scontro armato avvenuto in provincia contro i tedeschi. Fu tra i primi organizzatori della lotta armata a La Spezia, entrando a far parte del Comitato militare del CLN provinciale come rappresentante del PCI. Insieme a Mario Fontana (“Turchi”), organizzò i primi nuclei partigiani operanti nello Spezzino. Nel giugno 1944 fu arrestato insieme ad altri membri del CLN; nel corso di un bombardamento riuscì ad evadere e raggiunse le formazioni in montagna. Processato in contumacia, fu condannato a morte dal Tribunale speciale. Dopo la costituzione della I Brigata Garibaldi “Liguria”, ne divenne coordinatore militare e responsabile del Servizio Informazioni. In seguito al rastrellamento dell’agosto del 1944 avvenuto nello Zerasco, la formazione fu costretta a disperdersi e passò in Lunigiana, unendosi ai partigiani di quella zona. Qui d’intesa con Roberto Battaglia e con l’ufficiale inglese Oldham, “Marcello” collegò le due Brigate garibaldine della Lunigiana alle due Brigate G.L. attive in Garfagnana, costituendo la Divisione Garibaldi “Lunense”. Quando nel novembre 1944, gran parte di questa formazione passò la Linea Gotica, rimase nel territorio occupato dai tedeschi e, riunite le forze superstiti, creò le basi della seconda Divisione Lunense, continuando ad operare nell’alta Lunigiana fino alla liberazione. Dai primi giorni dell’aprile del 1945, in seguito a divergenze politiche con la missione alleata in seno al Comando unico di Parma, dovette lasciare il comando della Lunense, ma continuò a combattere sino all’ultimo giorno come capo di stato maggiore nella IV Brigata Apuana, partecipando alla battaglia di Licciana Nardi contro i nazifascisti in ritirata. Dopo la Liberazione, Jacopini fu nominato dal CLN questore della provincia della Spezia. Prese i primi accordi per far emigrare gli ebrei scampati dai lager (“ Exodus “), ma per le sue idee di sinistra, sgradite ai capi dell’Amministrazione alleata, fu ben presto esonerato. Ripreso il posto in Arsenale divenne segretario della commissione interna dello stabilimento, che allora contava 13.000 operai. Fu responsabile della sezione Statistica della Federazione Comunista e nel 1953, mentre era presidente dell’ECA, fu trasferito per motivi politici in Sardegna, alla base navale della Maddalena (dove costituì una sezione del PCI) . Ha scritto saggi e libri sulla Resistenza: i più noti Canta il gallo, L’isola dell’ultima solitudine e Lunense.