Testimonianza di Quintino Leoni. (27 marzo 2006)
Domanda: Anche tu eri ‘uno di quelli’. Ti aspettavi la lettera?
Quintino Leoni: “Cosa devo dire, anch’io aspettavo che la tranvata arrivasse sulle mie spalle, ed invece no. Ho immaginato molte cose: che hanno rispettato magari i miei fratelli, le mie sorelle …”.
Domanda: I tuoi fratelli e le tue sorelle erano democristiani?
Leoni: “Non erano democristiani, ma non erano sfegatati come me … “.
Domanda: Tu eri la pecora nera?.
Leoni: “Me l’ha detto anche monsignore che io ero una pecora nera. No, m’ha detto che ero una pecorella smarrita. Se io sono una pecorella smarrita, gli dissi, lei cos’è allora?”
Domanda: E lui cosa t’ha detto?.
Leoni: “Ha detto che non era vero. Certo, ho risposto, lei dice che non è vero perché si deve difendere in questo modo, lei però non è una rosa. ‘No’, rispose, ‘mettiamo che io sono una rosa …’ . Allora ha centrato bene l’idea mia perché le rose sa dove nascono? In mezzo alle spine e qui è tutto spinato. Ohi, ha fatto un muso! Però non andava a casa di nessuno lui, lui veniva solo a casa nostra, il giorno di San Pietro e Paolo … “.
Domanda: Dove abitavate?
Leoni: “All’ospedale (vecchio, n.d.a.), è dal ’34 che c’eravamo, dopo che io avevo fatto la cresima ci siamo fatti le case”.
Domanda: Come mai questa tua propensione verso il ‘rosso’ mentre gli altri familiari erano di diverso avviso?”
Leoni: “E’ stato quando ero in guerra. Mi hanno catturato a Pola nel ’43. Ci presero i tedeschi, poi ci liberarono i partigiani di Tito che è venuto pure a parlarci – parlava bene l’italiano – per farci arruolare con loro. Noi non siamo andati, abbiamo dato metà della roba e l’altra l’abbiamo venduta. Lì io ho cominciato questo viandare attraversando peripezie di ogni genere, a cominciare dalla fame… .”
Domanda: Questa è la tua storia. Ma per tornare ai licenziamenti che sono stati effettuati in Arsenale cosa potresti dire, cosa sai?”
Leoni: “Guarda, vedi quel bancone, lì ho fatto la prima tessera. Sai quando l’ho fatta? Nel ’44 l’ho fatta, la tessera del Pci. Il giorno non me lo ricordo, ma ero marinaio, io ero ancora di carriera“.
Domanda: Praticamente, ti hanno assunto in Arsenale quando sei tornato dalla guerra?
Leoni: “Sì, però ero ancora militare con una licenza illimitata datami dal comando in capo del Basso Tirreno, a Napoli, infatti mi dovevano imbarcare, invece poi sono partito”.
Domanda: Quando sei stato assunto in Arsenale?
Leoni: “Sono stato assunto nel febbraio del ’44”.
Domanda: Quali sono stati i motivi perché non hanno licenziato anche te?
Leoni: “E’ stato il rispetto che hanno avuto. Per quello”.
Domanda: Cosa hai pensato del licenziamento dei tuoi amici?
Leoni: “Che era un crimine quello che avevano fatto. La gente poi… . Più la cosa andava e più la gente diventava acerba, cattiva. E’ che loro facevano così, cercavano di umiliarci. Organizzavamo qualche festa de ‘L’Unità’ e tanti compagni si sottraevano. Non so, quando chiedevamo di mettere una quota, si sottraevano. Ce n’erano tanti simpatizzanti, ma avevano paura … .“
Domanda: Ma la commissione interna era costituita più da rossi o più da bianchi?
“Da rossi, e sì, da rossi. Ce n’erano: Contini, c’era quello alto, Castelli, c’era Bartolomè Acciario, Giulio Bartolozzi. Mi pare ce n’era uno solo non rosso. C’era Carola, poi è andato dall’altra parte della barricata, volevamo mettere me. Io sono stato anche consigliere comunale … .
Ero affascinato, diciamo così. Non guardavo quelli che si sottraevano, capito. Io guardavo, guardavo gli altri. A tanti dicevo ‘eh, dai niente per l’Unità, ajò’ tipo il fratello di Giovanni Abis, Tullio, o quello che era in officina, basso, parente di Barca, della suocera di Barca, del tabacchino …”.
Domanda: Insomma, cosa facevi tu in Arsenale?
“Ero motorista. Io prima ho fatto la scuola allievi operai, poi mi sono arruolato in marina. Ero già al secondo corso, quando poi sono passato, finito il corso, aiuto operaio. Dopo mi sono arruolato in marina e c’è stata quella tragedia dell’8 settembre e sono ritornato. Sono ritornato però per me non c’era ragione di esistere. Dicevo: me ne vado insieme a questi democristiani. Tanti dalla marina, come me o Tore Lullia se n’erano andati. Lui addirittura prima l’avevano arruolato in polizia, poi sono venuti a sapere che era comunista e l’hanno buttato fuori. A me facevano male queste cose, perché tanto odio? Persone che si reputavano , che andavano a ingoiarsi le ostie, che si credevano d’essere i migliori, gli angeli, ed invece erano i peggiori. Hai capito?. E poi quelli che sono morti, Umberto Acciaro, Francé Sechi, Frettard … . Sono morti di dispiacere”.
Domanda: Cosa ricordi di quei giorni?
Leoni: “L’antivigilia di Natale, entriamo in Arsenale, abbiamo visto che ce n’erano due o tre fermi là. Vado a cercare la cartella, la mia c’era. Di quelli che poi hanno licenziato non c’era. Chiedo il perché. ‘Mah’, dicono, ‘i carabinieri. Noi non sappiamo niente ’. Poi c’era Rodeddu che era il marcatempo che fa: ‘a me hanno dato questo e io questo ho messo nel casellario’. Dopo un’ora, quando è suonata la sirena per riprendere il lavoro, vediamo questa passata qui, tutti fermi. Noi guardiamo dall’officina. Bisogna sostare qui nell’officina che era mezza distrutta dai bombardamenti tant’è vero che poi ci avevano mandato a basso vicino ai congegnatori.
Dico, va bene aspettiamo gli eventi. Ecco che arriva questo picchetto di carabinieri tutti armati in assetto di guerra, hai capito? va dagli operai. Ho detto a qualcuno di loro: ‘ma non vi vergognate, voi carabinieri che siete disoccupati, vi siete arruolati perché stavate morendo di fame!’, sai a me mi stavano già girando i cosi, e pensavo ‘tanto a me non fanno niente, sanno che se mandano via a me, come minimo, perdono cinquanta voti, il mio già non lo prendono manco se mi mettono il mitra!’.
Ero diventato proprio troppo acceso, infatti facevo parte del consiglio, del consiglio direttivo, mi volevano far fare anche il segretario nel comitato federale, insomma mi hanno apprezzato. Io porto la croce per farla vedere. Te la faccio vedere la croce? Ce l’ho qui, però non lo dire a nessuno. Ecco questo è lo stemma di famiglia, il corno, poi qui …”
Domanda: Ma qui c’è la falce e martello … .
Leoni: “Sì. E poi c’è la bilancia, perché sono di settembre, della bilancia. Capito? Ma ti volevo dire di aggiungere questo: sai a me cosa m’ha dato le prime forze, diciamo così, per andare nel partito? quando siamo arrivati nell’Emilia Romagna. Mi credi che mentre dalle altre parti ci negavano il pezzo di pane, te le immagini? morendo di fame e domandando l’elemosina, lì ci facevano trovare le tavole imbandite, tutti con la falce e martello, tutti compagni, e c’era qualche paese dove c’era pure qualche prete, in mezzo, distribuendo … . Un paradiso!. Poi dopo l’hanno dimostrato Bologna, Ferrara e tutte quelle parti”.
Domanda: Un episodio particolare te lo ricordi con quelli che sono stati licenziati?
“Poi cos’avevano fatto? per mascherarsi dal malfatto sai cosa avevano fatto? Avevano fatto lettere ad Antelmi, a Babonchia, ad Azara Eliseo … . Hanno mandato le lettere di diffida. ‘Mì, anche a me hanno mandato la lettera!’, dicevano, ed erano democristiani, iscritti alla Democrazia Cristiana, cattolici, che hanno ingoiato più ostie loro che le parole che io sto dicendo. Capito?”.
Il Pane del Governo di Salvatore Abate e Francesco Nardini – Paolo Sorba Editore – La Maddalena