La Maddalena AnticaUne visite au Gibraltar italien

Visita a Barrabisa

Lontano, sulla sommità di una collina, distinguiamo un piccolo gruppo di case; decidiamo di andare a visitarle l’indomani mattina per avere un’idea dei villaggi sardi.
Sabato 2 luglio – Ci alziamo molto presto; il barometro è un po’ salito, marca 766 m/m e mezzo; il termometro è a 22°. Dopo una leggera colazione, partiamo verso le case che abbiamo scoperto la sera prima. Poiché abbiamo sentito raccontare una serie di orrori sui banditi sardi che, sembra, siano altrettanto pericolosi come i banditi corsi, che non si danno scupolo di taglieggiare i viaggiatori, prendiamo delle precauzioni; ognuno di noi mette nella sua tasca un revolver e un stiletto e armiamo il nostro marinaio volontario con una carabina a ripetizione.
Dopo un’ora e mezza di salita in mezzo alla macchia, arriviamo ad un gruppo di case che è situato su un largo altopiano alla sommità di una collina con una pendenza abbastanza dolce. Questo insieme comprende cinque o sei case basse, ma di un aspetto per niente miserabile; è interamente chiuso da muri in pietra a secco destinati ad impedire al bestiame e principalmente ai maiali di scappare.
Un boschetto di alberi piantati qua e là sono sparpagliati nella campagna; nei dintorni, campi di grano frammezzati ad arbusti; a circa 300 metri, scorgiamo con sorpresa la ciminiera di un mulino a vapore. La contrada è ricca; essa produce in abbondanza grano, vino e bestiame. Queste ultime informazioni ci vengono date da una donna che, dalla soglia della sua porta, ci invita ad entrare a riposare nella sua casa.
Noi accettiamo la graziosa offerta, felici di conoscere un interno sardo. La nostra accompagnatrice è una donna di circa trent’anni con una fisionomia abbastanza distinta e che emana intelligenza; si esprime con facilità e in un dialetto molto elegante; ha presto riconosciuto che siamo Francesi e che uno di noi è italiano. Nel parlare, culla un bambino di 18 mesi, ha vicino a lei la figlia maggiore di dodici anni; il suo terzo figlio, un piccolo ragazzo, dorme ancora in un’altra camera.
La sua casa che si impegna a farci visitare, comprende due camere. La prima, molto vasta, è tutta annerita dal fumo; il che non spaventerà nessuno quando si saprà che in mezzo a questa stanza si fa del fuoco in un braciere e che, in più, il forno vi ha la sua apertura. Lungo i muri vediamo degli utensili di casa, gli oggetti necessari alla fabbricazione del burro, dei secchi di sughero, una piccola macina; in fondo un grande letto; nessuna finestra, ma due porte. Nella seconda camera, il decoro cambia: questo ambiente è di una pulizia rimarchevole, essa racchiude due grandi letti guarniti di tende, un comò e una credenza piena di stoviglie; due larghe finestre l’inondano di chiarore.
Terminata la visita, chiediamo di acquistare del latte, delle uova e del formaggio; la proprietaria ci versa qualche tazza di un latte eccellente, ci da due dozzine di uova, ma rifiuta di di darci più di un formaggio, avendo, dice lei, bisogno della sua provvista. Per il pagamento, abbiamo una piccola discussione monetaria, non perché i prezzi siano elevati, il latte costando un soldo alla tazza e le uova dodici soldi la dozzina, ma perché differiamo nella maniera di contare. In questa regione, quello che noi chiamiamo soldo si chiama denaro; si riserva il nome di soldo per la moneta da dieci centesimi. D’altronde, contando in centesimi, ci intendiamo subito; eccoci richiamati da questa paesana all’osservazione del sistema metrico. Sorge un’altra difficoltà: la nostra proprietaria non accetta che con qualche ripugnanza le monete che non portino le effigi di Vittorio Emanuele o del re Umberto; per accontentarla gli offriamo una moneta d’oro che lei cambia con sollecitudine.
Una volta rincuorati continuiamo a discutere: apprendiamo che noi siamo a Baravisa (Barrabisa), frazione di Tempio; che per arrivare a questo capoluogo bisogna viaggiare sette ore a cavallo; che l’agglomerato più vicino è Longosardo.
Al momento di lasciare questa oasi, la nostra proprietaria ci fa la sua confessione; dapprima ci aveva scambiato per doganieri, poi per dei contrabbandieri! Fa fatica ad ammettere che noi siamo dei semplici viaggiatori. Credo che gli sia restato un dubbio nella sua mente; ma se comprendiamo che conserva di noi un’opinione così poco lusinghiera da certi punti di vista, essa ci autorizza a credere che da parte nostra forse ha più spesso offerto l’ospitalità a dei contrabbandieri che a dei difensori della legge. Comunque sia, felici della nostra escursione, rientriamo a bordo per salpare.