Visita a Lavezzi
Leviamo l’ancora alle 9 meno dieci. Un po’ al largo, troviamo un mare abbastanza agitato e un piccolo vento da Est; in vista una nave da carico e due velieri: uno latino e un brik-goletta. Alle 11 e mezzo, ormeggiamo all’isola di Lavezzi, a circa 300 metri da terra; molto vicino al battello, vediamo una roccia a fior d’acqua che non è per niente segnalata sulla carta (abbiamo poi appreso che è lo scoglio che è stato rilevato dai comandanti delle torpediniere). Mettiamo la lancia a mare per andare a visitare il faro, i due cimiteri e il monumento innalzato alla memoria dei naufraghi della Sémillante.
L’isola di Lavezzi così come la sua vicina isola di Cavallo, appartengono a dei proprietari di Bonifacio che le affittano come pascolo a dei pastori; ci domandiamo che cosa possano brucare le sventurate greggi su un suolo che produce soprattutto pietre ed appena qualche filo di erba seccata dal vento. Lavezzi è molto pittoresca col suo insieme di rocce all’interno e le numerose frastagliature delle rive. All’estremità sud, sullo Stretto, si trova il faro, massiccia ed imponente costruzione. Il guardiano fa prima qualche difficoltà per lasciarci entrare nel recinto; un colpo d’occhio sugli annessi luoghi circostanti mi spiega la ragione di quelle precauzioni … io sono soddisfatto che si decida infine in Francia ad imitare la diffidenza degli Italiani all’isola di La Maddalena.
Come tutti i fari in generale questo è di una pulizia meticolosa; forse è anche troppo lussuosamente arredato. Si è qualche volta accusato MM, gli ingegneri civili di essersi poco preoccupati dei denari dei contribuenti, ma qui bisogna accordare loro le circostanze attenuanti, poiché il mestiere è duro a Lavezzi e a Bonifacio.
Che mi si permetta di sfuggita un’altra riflessione: perché si prende il primo venuto come guardiano del faro? Mi sembra che il personale dovrebbe essere reclutato tra gli anziani marittimi, principalmente tra i timonieri, oggi soprattutto che certi fari possono essere considerati, a causa dei loro annessi, come dei veri posti fortificati.
Al momento di scendere per visitare i cimiteri, vediamo passare al largo un grande vapore, riconosciamo il Canton, della Compagnia Nazionale. Auguriamo buon viaggio ai nostri piccoli soldati; possano essi sfuggire alle febbri ed ai pirati di Tonkino!
I cimiteri, dove sono sepolti i naufraghi della Sémillante sono in numero di due, divisi l’uno e l’altro in aiuole ornate di piante grasse e bordate di mattoni; l’Amministrazione del Genio Civile mette la più grande cura per la loro conservazione.
Noi non ci permetteremo affatto di ricominciare, dopo Alphonse Daudet, il racconto del naufragio della Sémillante; ricordiamo solamente che quella orribile catastrofe avvenne nella notte del 15 febbraio 1855.
Nel primo cimitero riposa, con qualcuno dei suoi compagni di sventura, il capitano di fregata Jugan, comandante della Sémillante. Un’iscrizione estremamente lunga, scolpita su una placca di bronzo, ci dice che il comandante Jugan era nato il 7 settembre 1807: che sua madre, la sua donna e i suoi figli piangono la sua perdita e si augurano di essere insieme con lui in Cielo, ecc. ecc. Al posto di un epitaffio così sviluppato avremmo preferito qualche rigo breve ed energico meglio in relazione con il carattere di questo bravo marinaio. Nel secondo cimitero sono sotterrati gli altri cadaveri; dove si legge la seguente iscrizione: «Alla memoria dell’abate Carrière, cappellano della Sémillante, naufragato il 15 febbraio 1855».
Il monumento innalzato alla memoria dei naufraghi si trova su un piccolo isolotto a Nord-Ovest di Lavezzi; comprende al centro una piramide surmontata da una croce di rame; attorno, una cancellata rettangolare in ferro con ad ogni angolo un trofeo formato da rampini e proiettili. Si legge di lato alla piramide: «Alla memoria dei naufraghi della fregata Sémillante, distrutta sulla punta di questa scogliera nella tempesta del 15 febbraio 1855. – 350 marittimi e 400 soldati francesi partiti da Tolone il giorno prima per andare all’assedio di Sebastopoli, si sono tutti inabissati. – Il mare ha reso soltanto 592 cadaveri mutilati, 560 riposano nei due cimiteri dell’isola. Il corpo del comandante Gabriel Jugan, che è il solo che si è potuto riconoscere, è deposto in una tomba separata. – Sotto
il regno di Napoleone III, imperatore dei Francesi.»
Si sa che il cadavere del comandante fu riconosciuto perché, vedendosi perduto, questo fiero marinaio volle per salutare la morte indossare la sua grande uniforme.
Nel terminare questa descrizione, non dimentichiamo di complimentarci con l’Amministrazione per aver fatto riparare recentemente il monumento.