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28 luglio 1811 Il combattimento di Capo Malfatano

È la battaglia contro i barbareschi più nota e celebrata. La sua fama è dovuta non tanto al fatto in sé, ma soprattutto per la circostanza che si svolse nelle acque cagliaritane, e si concluse con il trionfale rientro nella capitale del Regno, alla presenza del re Vittorio Emanuele I e con l’accoglienza di tutta la corte e della popolazione. Lo scontro avvenne nei pressi di Capo Malfatano ed impegnò le due mezze galere sarde allora in servizio: Il Falco e L’Aquila, ed il lancione Sant’Efisio, al comando rispettivamente del cavalier De May, del cavalier Vittorio Porcile e del 2° nocchiere La Violetta. I bastimenti sardi salparono da Cagliari in caccia di tre bastimenti barbareschi segnalati dalle vedette. Si trattava di un felucone, una galeotta ed un legno minore che avevano a rimorchio una tartana mercantile sarda appena predata. I bastimenti intercettati cercarono la via di fuga che venne loro tagliata dalla rapida manovra dei sardi. I barbareschi, a quel punto tentarono la carta dell’attacco, determinando uno scontro tra L’Aquila ed il felucone, tra la galeotta ed Il Falco, mentre il lancione se la vedeva con la terza nave barbaresca.

L’episodio centrale avvenne tra l’Aquila ed il felucone. La mezza galera speronò il felucone. Ne seguì un abbordaggio ed un corpo a corpo che portò i contendenti barbareschi a prevalere momentaneamente ed a passare sul bordo dell’Aquila, che rischiò di soccombere. Porcile benché ferito guidò il contrattacco con cui si passò sul bordo del felucone, che con la morte del rais si arrese e fu catturato. La galeotta barbaresca soccombette a favore del Falco aiutato dall’Aquila e dal lancione, che in seguito si dedicò all’inseguimento del piccolo bastimento barbaresco. Lo scontro durò oltre 4 ore con il risultato a favore dell’armamento sardo, che oltre a molti feriti soffrì anche nove caduti.

Stavolta il provvedimento delle ricompense fu immediato e particolarmente generoso.

Ne beneficiarono una ottantina di unità, compresi molti remiganti di grazia e forzati. Le più importanti furono le promozioni degli ufficiali e la ricca pensione di ben 600 lire di Piemonte accordata a Porcile.

Anche le medaglie furono tante, tra cui spiccarono le due d’oro, assegnate al nocchiere Tomaso Zonza ed al sergente dei fucilieri Colber. Zonza ebbe accordata anche la paga ed i vantaggi da piloto senza alcuna ricompensa diretta di denaro, con la motivazione di “solita fermezza e bravura”, che sembra riconoscere i meriti alla carriera. Colber ricevette anche una pensione di 36 lire di Piemonte, con la motivazione: “ferito al petto d’un colpo di palla, condotta valorosa ed intelligente”.

Nella nota relativa a Tomaso Zonza si legge anche che sarebbe stato decorato di medaglia d’argento nel 1793, invece che nel 1794. Un errore di datazione che creò nel tempo qualche equivoco, e che oggi appare risolto per la conoscenza che si ha dei documenti che individuano il nome di guerra La Fedeltà nella persona di Tomaso Zonza.