Antonio Biancareddu
Articolo della ricercatrice e scrittrice maddalenina Giovanna Sotgiu
Fu parroco a La Maddalena dal 1799 al 1808 quando fu richiamato a Tempio, suo paese natale, per ricoprire l’incarico di Vicario generale sotto il Vescovo Stanislao Paradiso, il successore Stanislao Mossa e nei due periodi di vacanza 1819-23 e dopo il 1825. (1) Morì nel 1830.
Nella lettera del 1 giugno di quell’anno, in risposta alle condoglianze presentategli dal Consiglio Comunitativo di La Maddalena, il fratello Giovanni Battista chiedeva ai maddalenini di pregare per “l’anima del [loro] antico pastore che con vigilanza e zelo governò nello spirituale codesta parrocchia e popolazione, aprendo per così dire il varco alle prime funzioni parrocchiali, che tuttora non erano conosciute ai medesimi“. Questo lusinghiero apprezzamento, pur provenendo da persona interessata, conferma la stima che i maddalenini riponevano in Antonio Biancareddu e la scarsa considerazione nei confronti del precedente parroco Mossa: malgrado il suo servizio fino al 1799, infatti, non sarebbe stato Mossa ad aprire il varco alle prime funzioni parrocchiali ma il suo successore.
Antonio Biancareddu, uomo colto, “dottore in ambe legi” visse nel periodo turbolento e attivo delle guerre napoleoniche, quando La Maddalena era diventata meta di corsari, di navi militari inglesi, di fuoriusciti corsi e di avventurieri, con le polemiche che il rispetto della neutralità del Regno di Sardegna nei confronti di Inghilterra e Francia provocava.
L’avvenimento decisamente più importante del mandato di Antonio Biancareddu fu il dono dell’ammiraglio Nelson di due candelieri e del crocifisso in argento oggi conservati al Museo Diocesano. È stato già scritto molto su questo argomento per cui ci si può limitare qui a poche annotazioni e a suggerire qualche spunto di riflessione.
Nelson arrivò a La Maddalena la mattina di giovedì 18 ottobre 1804 (era la settima sua visita), ma non sappiamo quando inviò i doni alla chiesa. Sappiamo che il parroco Biancareddu era, in quel momento, a Tempio, e, quindi, fu il suo vice parroco Luca Demuro a riceverli. Data l’eccezionalità del gesto di Nelson si può ipotizzare che Demuro abbia inviato qualcuno a Tempio ad avvertire il Parroco. Ma se è così, perché, invece di aspettarlo, si premurò di scrivere la sua sperticata lettera di ringraziamento il 21 dello stesso mese affermando, fra l’altro, di aver “registrato nel libro parrocchiale” questo evento, per conservare “viva sempre la gloria del suo Gran Benefattore propenso in ogni Epoca a felicitare poveri, e favorir luoghi pii”? Inoltre, se già l’ammiraglio inglese era stato ringraziato da un rappresentante della Chiesa maddalenina, perchè Biancareddu, il giorno seguente, 22 ottobre, gli scrisse una lettera dello stesso tenore, anche se con toni più sobri, senza fare riferimento a quella di Demuro? Sapeva dell’iniziativa del suo viceparroco? Il dubbio viene anche dal fatto che nell’Archivio Parrocchiale esistono due traduzioni della lettera di Nelson, una redatta dal suo segretario, il reverendo Scott e regolarmente protocollata da Biancareddu,l’altra no.
Un altro piccolo interrogativo concerne il famoso Te Deum di ringraziamento per il dono, che la Segreteria di Stato di Cagliari non apprezzò perché esagerato. E la Chiesa, che aveva ben altri motivi di perplessità nei confronti degli scismatici anglicani, approvò l’iniziativa? C’è da dire che, essendo vacante la sede vescovile, (2) solo un Vicario o la potente collegiata di Tempio avrebbe potuto dare uno stringente parere in merito: chi assunse la decisione?
A questo punto vale la pena di dedicare qualche riga al viceparroco Demuro, personaggio controverso e, per certi versi, sfuggente. Lo troviamo a La Maddalena quale aiuto cappellano dal 1792, poi vice parroco con Mossa prima e con Antonio Biancareddu poi. Dopo la questione Nelson abbiamo altre notizie sul suo conto e sempre problematiche: infatti nel 1806 il console inglese a Cagliari, Francis William Magnon scriveva al Segretario di Stato Rossi definendolo “privo di quella modestia propria del carattere sacerdotale” e accusandolo di avergli inviato una grande quantità di lettere anonime “attaccanti indistintamente ogni cetto di persone dell’isola della Maddalena” tanto che il console aveva deciso di “rimetterle tutte indietro disigillate per liberarsi da quella fastidiosa lettura ogni corriere. Il sottoscritto si prende la libertà di pregare Sua Eccellenza il Cav. Rossi si compiaccia dare quelle sue proprie savie provvidenze per por fine agli spiriti turbolenti di quell’isola, dove anche i preti hanno preso lo spirito di partito, e si perseguitano fra di loro come osserverà dalle lettere del sacerdote Demuro, trascurando fra queste chimeriche loro opinioni i doveri del sacerdozio e che servono di cattivo esempio agli abitanti“. Lo spirito di partito di cui parla Magnon va attribuito a Demuro, non certo al parroco Biancareddu che doveva subirne le intemperanze.
Se la lettera di Magnon può lasciare qualche dubbio sulla cattiva impressione suscitata da questo prete, altrettanto non si può dire per quella scritta appena due anni dopo da Desgeneys in risposta a Rossi che gli chiedeva un parere sulla richiesta, avanzata da Demuro, di diventare parroco a La Maddalena.
“Sig cavaliere, mi avete chiesto già due volte informazioni sul conto del prete Luca Demuro senza che io abbia risposto alla vostra richiesta; il mio silenzio vi avrà spiegato abbastanza che non avevo niente di buono da dirvi; infatti mi ripugnava dovervi confermare ciò che molti altri vi avranno riferito sul carattere di questo ecclesiastico. Gode in questo paese della reputazione di un intrigante, di uomo capace di inventare ogni sorta di impostura per calunniare coloro ai quali vuole nuocere, e ci sono poche persone oneste che non si lamentano di essere state a loro volta vittime della sua maldicenza: queste qualità sono ben lontane da quello spirito di pace e di conciliazione che deve essere attributo di un pastore; le sue qualità sono atte solo a seminare disordine e desolazione nelle famiglie. Così in questa circostanza non voglio avere da rimproverarmi, a causa di una malintesa delicatezza, di mettervi in condizione di rendere un così cattivo servizio a questo paese quale sarebbe quello di favorire la sua richiesta di essere nominato parroco di questa parrocchia e, a questo punto, aggiungerò ancora che, quando il vicariato è rimasto vacante prima della nomina di Mr Biancarello a questo posto, la comunità aveva fatto rimostranze al Vescovo perché il prete Luca ne fosse escluso, e non sembra che da allora si sia meritato maggiore fiducia da parte degli abitanti. Quanto al servizio reso in qualità di cappellano militare di cui si fregia, è vero che da qualche anno il distaccamento di guarnigione in questa isola ha assistito alla sua messa e anche che, ultimamente, sotto mia richiesta, si è prestato a dirla anche per i forzati quando è capitato che il nostro cappellano non ha potuto celebrare, ma è anche vero che da molti anni le funzioni del suo ministero, sia in qualità di assistente della parrocchia, che in quelle di cappellano che egli si attribuisce, si sono limitate necessariamente al servizio divino visto che quasi per tutto il tempo gli era interdetto, da parte del defunto vescovo di Tempio, di confessare e questo, si dice, per averne abusato. Tutto ciò non gli ha impedito di godere di una pensione di 300 scudi e di una porzione di pane gravanti sulle Finanze, così se volete rendere un servizio a La Maddalena facendone risultare, nello stesso tempo un risparmio, senza che possa lamentarsene, non c’è che da nominarlo cappellano del Primo Corpo di Fanterìa che si formerà; forse con questo compito, avendo solo a che fare con questo Corpo al quale sarebbe aggregato, avrà meno occasioni di intrighi e di calunnie e assolverà al suo compito con vantaggio del servizio, tanto più che, mi assicurano, non manca di mezzi personali. Ecco, signor cavaliere, tutto ciò che posso rispondervi su un oggetto che non è di mia competenza, ed è solo per rispondere alla fiducia della quale mi onorate che vi ripeto tutto ciò che ho sentito dire da molti e da molto tempo sul conto di questo prete che io non conosco personalmente in quanto la sua reputazione mi ha sempre tenuto lontano da lui“.
Qualche anno più tardi, nel 1815, dalla Segreteria di Stato si avvertiva Agostino Millelire comandante di La Maddalena di mettere a disposizione “il braccio forte”, su richiesta del vescovo Paradiso, per arrestare Luca Demuro. Non sappiamo quali fossero le accuse mosse contro di lui. Morì nel 1818.
Ritorniamo a Antonio Biancareddu. Richiamato a Tempio, come Decano dell’insigne collegiata di Tempio nello spirituale e nel temporale, Vicario generale capitolare di Civita, fu anche il controllore dei registri contabili della chiesa di La Maddalena. Conoscendo bene la situazione maddalenina o forse per semplice zelo, cercò di mettere ordine nella povera gestione della chiesa. Per prima cosa, pur lodando l’attività del fabbriciere Gallone, pretese che si cessasse l’uso per il priore di tenere a casa propria le entrate e il fondo di riserva stabilendo che dovessero essere conservati in una cassetta ad hoc munita di tre chiavi da affidare al parroco, al priore e al sindaco. Molto attento alle registrazioni di Gallone, notava “con sorpresa”, nel 1822, l’assenza dell’introito della tanca della Trinità e ne chiedeva conto precisando che intendeva conoscere il nome dell’affittuario, il periodo di affitto e l’ammontare; cercava tutti i possibili sistemi di risparmio che a noi appaiono esagerati, quali, come abbiamo visto, il numero delle candele da usare. Prendendo atto di una diminuzione progressiva degli introiti della chiesa, attribuiti forse solo in parte all’anziano priore Gallone, ne favoriva la decadenza e la sostituzione, che avrebbe dovuto essere solo momentanea, con il parroco Ferrandico e, alla sua morte, con il suo stimato amico Giovanni Battista Millelire.
Antonio Biancareddu morì a Tempio nel mese di maggio 1830, compianto dalla popolazione isolana presso la quale aveva lasciato un ottimo ricordo.
Tratto dal libro “Santa Maria Maddalena faro di fede tra Corsica e Sardegna” – Paolo Sorba Editore – La Maddalena
1. I Vescovi avevano la loro sede a Castelsardo e, quindi, a Tempio risiedeva un Vicario che amministrava la parte settentrionale della vasta diocesi di Ampurias e Civita. Tempio sostituì ufficialmente Civita come sede vescovile solo a seguito della bolla papale del 1839.
2. Mons. Michele Pes era morto qualche mese prima, a Tempio, nel suo palazzo (antico seminario), il giorno 7 giugno 1804, dopo 27 giorni di malattia per un blocco renale. Fu sepolto sotto la predella dell’altare maggiore nella chiesa della collegiata di Tempio. Tenne l’orazione funebre il sac. dott Gio Maria Dettori, professore di morale nella Regia Università di Cagliari. Mons. Pes aveva 90 anni; fu vescovo per 19 anni. Era nato a Tempio 15 gennaio 1714.