Batteria di Carlotto (Isola Maddalena)
Batteria contraerea (Ml97), armata dalla Marina. Dalla strada panoramica per Cava Francese, superata la batteria di Nido d’Aquila, a sinistra di uno slargo con possibilità di parcheggio, una stradina conduce alla batteria di Carlotto. Il complesso è costituito da una banchina molto ben protetta da tutti i venti, da una caserma costruita in modo tradizionale e, dietro questa, sulle rocce a mare, dalle postazioni antiaeree mimetizzate. Poco distante, aggrappata ad un macigno di granito a picco sul mare, in uno dei luoghi più belli e suggestivi dell’Arcipelago maddalenino, ancor oggi metà dei fedeli devoti alla piccola statua di Maria, salvatrice dei pericoli del mare. La piccola Cappella della Madonnetta si trova a ponente della città di La Maddalena, all’interno del territorio della batteria militare di “Carlotto”. E’ La statuetta vi fu collocata alla fine dell’800 dal pescatore Michele Scotto detto ‘zi Cristu‘ , il quale, colto con la sua barca da una terribile tempesta trovò riparo e salvezza nella piccola insenatura della frastagliata costa granitica. Uomo devoto, essendovi appellato alla Madonna per la salvezza propria e dell’equipaggio, volle porre in una nicchia, per riconoscenza della grazia ricevuta, una piccola statua di Maria. La devozione degli isolani ed in particolare dei pescatori per ’ la Madonnetta ‘ crebbe negli anni e il luogo divenne sempre più metà di pellegrinaggi. Nel 1928 venne edificata, col contributo dei devoti scalpellini di “Cala Francese” e dei militari della “Batteria di Carlotto”, la piccola Cappella, più volte restaurata a causa delle continue corrosione marine. La festa con Santa Messa e processione , si celebra il 1° maggio di ogni anno.
Nel settembre del 1943, la batteria di Carlotto fu teatro di uno dei tre gesti eroici compiuti a La Maddalena in azioni di resistenza. Iniziamo parlando della ribellione del capitano Carlo Avegno, comandante della caserma Faravelli, il quale con alcuni plotoni di soldati del 391° Battaglione Costiero e un plotone di Carabinieri dell’Arsenale si diressero verso Piazza Comando con l’intento di liberare gli ammiragli Bruno Brivonesi e Aristotile Bona fattisi arrestare, senza colpo ferire, insieme a diversi ufficiali, da alcuni plotoni di soldati tedeschi. Molti di quei militari, tra i quali lo stesso Avegno e il suo vice Veronesi, morirono in combattimento nella zona di Murticciola. Brivonesi e Bona, ostaggi di tedeschi vennero da loro portati nelle varie fortificazioni di Maddalena e Caprera per convincere i comandanti ad arrendersi. La maggior parte obbedirono. Vogliamo ricordare anche due giovani militari che, nonostante le difficili circostanze, opposero un netto rifiuto, salvando l’onore loro e di tanti altri colleghi. Intanto ricordiamo il capitano dell’esercito Rosa, comandante della Batteria di Carlotto. Il 10 settembre si vide arrivare, prigioniero dei tedeschi, l’ammiraglio Brivonesi il quale gli ordinò di sospendere i cannoneggiamenti che stava effettuando contro le motozattere tedesche che trasportavano uomini e materiale verso la Corsica, navigando sotto Punta Sardegna o tra le isole di Maddalena e Spargi. Il capitano Rosa gli oppose un netto rifiuto e Brivonesi, Bona e i tedeschi andarono via. Prima di giungere a Carlotto la ‘pattuglia’ italo-tedesca si era fermata sotto le mura di recinzione della Batteria di Nido d’Aquila, che era al comando del tenente dell’esercito Arturo Valentini, di 27 anni, batteria che i suoi potenti cannoni il giorno prima aveva affondato un’imbarcazione tedesca all’altezza dell’attuale Porto Rafael. Brivonesi e Bona parlarono a distanza, loro nello spiazzo davanti al cancello di ferro sprangato, con il comandante della Batteria, il tenente d’artiglieria Arturo Valentini, che rispose da dietro il cancello, al riparo, prudentemente, di alcuni sacchetti di sabbia. “Parlarono a lungo, e il tenente disse, rivolto a noi, che l’ammiraglio richiedeva il disarmo della batteria per evitare guai con i tedeschi. Quelle parole vennero coperte da una salva di fischi”. La testimonianza è Vittorio Longo, raccolta da Franco Nardini e pubblicata nel suo libro dal titolo ‘Storia e storie di un’isola in guerra, La Maddalena 1940-1946’ edito dall’Associazione Storica Sassarese. Longo era un operaio artigliere che lavorava presso l’Arsenale Militare, alcune officine del quale, dopo i bombardamenti e le distruzioni delle settimane precedenti erano state trasferite, in parte in quella Batteria e in parte a Cava Francese, requisita per ragioni belliche ai proprietari Grondona. Il tenente Valentini opponeva ai tedeschi un centinaio di uomini della sua Batteria e diverse decine di operai dell’Arsenale, anch’essi armati di fucili e di mitragliatrici, schierati in diverse postazioni e dietro le feritoie. “Indispettiti, i tedeschi rientrarono velocemente nella loro vettura e così gli ammiragli” scrive Nardini. “Il tenente Arturo Valentini fu trovato cadavere nel primo pomeriggio dentro la stalla degli asini, nella parte alta dell’opera”. Accanto a lui c’era la sua pistola d’ordinanza. La brevissima indagine attestò il suicidio. Fu davvero un vero suicidio o venne da qualcuno assassinato per consentire che un nuovo comandante della batteria abbassasse, come in effetti avvenne, le armi contro i tedeschi? È psicologicamente plausibile che un ufficiale di così grande coraggio e di alta dignità, possa essersi suicidato nella stalla degli asini e non piuttosto, più dignitosamente, nel proprio alloggio? (C. Ronchi)