Il nuovo calcolo di Cochis e l’appalto di mastro Ambrogio Dessanti
Dai documenti successivi, che nel 1774 chiusero la partita relativa all’appalto con una intricata coda di conti e che si vedranno più precisamente in seguito, apprendiamo che il capo mastro Ambrogio Dessanti “prese l’opera ad impulso del signor conte Des Hayes quando trovavasi in visita [ a Sassari] e del signor cavalier Blonay già governatore di Sassari”. Nel suo noto viaggio per la Sardegna, quel viceré ebbe quindi modo di regolare la questione cui dedicava molte attenzioni, ma non per questo i tempi per la definizione del contratto furono brevi. Sorsero immediatamente pesanti impedimenti per la difficoltà di avere una idonea “sicurtà”(assicurazione), ma soprattutto erano considerati troppo bassi i conti del calcolo e quindi non remunerativi. Il dibattito sui conti dovette essere intenso anche prima della costruzione se alla fine si decise di impegnare il luogotenente ingegnere Cochis, che si trovava alla Maddalena nel maggio del 1771, “di far un nuovo calcolo per la costruzione della casamatta all’isola di S. Stefano, sì per accertarlo colla ocular inspezione, massimamente perché il primo erasi fatto in Cagliari [da Belgrano], come per riconoscere se la difficoltà d’intraprenderla avesse il preteso fondamento d’essersene fissati i prezzi troppo tenui”.
Il nuovo calcolo risolse, per il momento, i problemi e portò il mese successivo alla firma del contratto tra il capo mastro sassarese Ambrogio Dessanti ed il segretario della Reale Amministrazione delle Torri, Rodriguez. Des Hayes già in una sua nota a Bogino del 14 giugno annunciò l’avvenuta stesura del contratto a Sassari, rallegrandosi del fatto che, se pur non avesse potuto vedere conclusa la torre durante il suo mandato, la aveva comunque avviata. La firma del contratto avvenne il 21 giugno 1771 per la somma di lire sarde 11.200, rispetto alle 11.412 lire sarde del calcolo di Cochis, con l’impegno di completare l’opera in un anno. Prima di iniziare, però, si dovettero risolvere due problemi preliminari: la possibilità di impiegare nei lavori anche dei soldati del distaccamento senza nuocere al servizio, e la individuazione di un esperto direttore dei lavori. Il nuovo viceré, conte di Robbione, risolse il primo ordinando al comandante del distaccamento maddalenino, il capitano tenente delle compagnie franche Ferraris, di favorire la soluzione ad una giusta paga. Per il secondo problema comandò il vassallo Marcandi, capitano delle porte di Cagliari e già ufficiale ingegnere, di recarsi a S. Stefano ed assumere la direzione dei lavori della casamatta, secondo i calcoli e le obbligazioni previste dal luogotenente Cochis.
I lavori furono avviati a gennaio 1772 e furono subito disturbati da una brutta grana, per un diverbio tra Marcandi e mastro Ambrogio, che impegnò il viceré, il governatore di Sassari ed il nuovo comandante del distaccamento, il capitano tenente Schmid. Quest’ultimo fece il primo intervento di mediazione che ebbe buoni effetti, per questo ricevette l’apprezzamento da Cagliari. A sua volta Robbione intervenne anche direttamente sul vassallo ed indirettamente sull’impresario. Nella lettera a Marcandi si riscontrano i termini della diatriba, ricavandoli dalle direttive negative che vi sono espresse. Il sovrastante – scrisse il viceré – non poteva intervenire per impedire il lavoro nei giorni festivi e non poteva impedire altresì l’uso delle mine per la vicinanza del magazzino delle munizioni, ma doveva avvertire il comandante per le cautele necessarie. Non doveva, infine, allontanare dal lavoro certo mastro Fabrizio con il pretesto di non avere la delega del Dessanti. Se mastro Fabrizio chiederà indennizzo per il tempo fattogli perdere – ammonì lo stesso Robbione – l’importo sarà addebitato al vassallo, che subì anche una ammonizione perentoria: il sovrastante deve solo vigilare perché il lavoro si faccia bene. Per altro il viceré impegnò il governatore di Sassari ad intervenire sull’impresario perché non pretendesse un soprastante a lui gradito, né minacciasse di rescindere il contratto con quelle scuse.
Sul terreno tecnico si registrarono molti inconvenienti che portarono la conclusione dei lavori oltre l’anno previsto. Le notizie più precise in tal senso si ebbero a luglio del 1773, e già a fine settembre il comandante delle Intermedie ancora rinnovato, il capitano Gromis, informava che il distaccamento di S. Stefano aveva già iniziato ad abitare la casamatta, che il vassallo Marcandi ha assicurato essere asciutta. A questo punto da Cagliari ci si preoccupò del collaudo di prammatica, per cui s’incaricò il solito Cochis, che già in occasione della lettera d’incarico fu avvertito che non avrebbe avuto disponibili gli usuali profili e le misure, perché Marcandi non li aveva predisposti. Avrebbe dovuto fare tutto da solo, e tenere in conto che la cosa più rilevante sarebbe stata la valutazione dei problemi causati dall’uso della pietra, più dura del previsto. Lo stesso luogotenente ingegnere fu contemporaneamente incaricato anche di relazionare sull’armamento necessario alla casamatta. Sull’armamento i documenti consultati non hanno offerto elementi sufficienti a conoscerne la quantità e la qualità in questa fase di primo impianto che interessa questo lavoro, per cui non è possibile fornire alcuna informazione utile. Al contrario, sappiamo tutto sui materiali di costruzione, che come già visto furono da subito evidenziati come dati problematici, e che determinarono un contenzioso sui costi dell’opera con l’appaltatore.
Salvatore Sanna – Co.Ri.S.Ma
La torre di Villamarina a Santo Stefano pubblicato in ALMANACCO MADDALENINO n° 5 – 2007 – Paolo Sorba Editore