Beni CulturaliCo.Ri.S.MaCulturaLa Maddalena Antica

Casa Zicavo

Quella di Giuseppe Zicavo è una figura ancora tutta da studiare. Avendo passato gran parte della sua vita a Genova, sembra non avere avuto rapporti stretti con La Maddalena. Ma non è così: piccoli riscontri documentali ci raccontano il suo continuo interessamento per l’isola fino al momento della morte quando volle lasciare il suo bel palazzetto come cespite di beneficienza: peccato che le sue buone intenzioni si siano infrante nelle recenti speculazioni. Giuseppe Zicavo era nato a Caprera il 7 giugno 1778. Si arruolò presto nella Marina del Re, fece una lunga gavetta nella bassa forza, iniziò a salire i gradi della carriera quando aveva già 30 anni, passando da piloto a sottotenente di fanteria, impegnato al comando delle navi regie, fino a diventare maggiore generale, comandante dell’arsenale e del porto di Genova. Dal 1814 Zicavo visse lontano dalla Maddalena. Costruì, in un momento che non possiamo determinare, una casa all’isola che sembra rispecchiare il suo carattere schivo ben lontana dalle altre che, invece, si andavano ammassando intorno alla chiesa. La carta di Giuseppe Albini, rilevata prima del 1812, mostra la situazione della punta est di Cala Gavetta dove la casa di Giuseppe Zicavo sarebbe sorta molto più tardi. Essa spiccava, per eleganza nel suo quadrato perfetto, ritmato dalle aperture simmetriche, sollevata dal piano della piazza ancora sterrata grazie ad un largo basamento che la circondava interamente: la vediamo nell’acquerello del mercante inglese William Craig, che conosceva molto bene La Maddalena per avervi abitato a lungo prima di diventare console inglese a Cagliari.
Sui tre lati la casa aveva solo il mare, a nord una sottile lingua di terra la legava al paese: sul lato di ponente, dal portone d’ingresso principale, attraverso una bella gradinata si poteva scendere direttamente sul mare dove una barca poteva facilmente accostare. Possiamo supporre che l’avesse costruita in vista di un suo ritiro al momento della pensione, ma non abbiamo certezze. La moglie Margherita Raggio era genovese: avrebbe accettato di ritirarsi in un borgo isolano, lontana dalla sua famiglia di origine, in mezzo a gente sconosciuta? Poco prima di morire, nel 1844, Zicavo aveva fatto il suo testamento, nella stampa Millelire mostra la bella casa isolata con la scalinata verso ovest che arriva direttamente al mare Carta allegata al Verbale di consegna di Cala Gavetta 1888 Speranza von Schwartz evidenzia casa Zicavo pur attribuendola al capitano inglese Roberts.1857-62 arriva direttamente al mare quale stabiliva che quella casa dovesse servire a beneficare i membri indigenti della sua famiglia e le ragazze povere del paese al momento del matrimonio. Responsabili dell’amministrazione del bene erano il parroco, che doveva tenere un libretto nel quale conservare una cifra per le manutenzioni, il sindaco e due membri della sua famiglia. La casa non veniva lasciata in proprietà ai suoi eredi, perché Zicavo la considerava un bene produttivo di ricchezza da ridistribuire. Fu affittata all’inglese Daniel Roberts che la tenne fino alla morte avvenuta nel 1868 e ciò faceva supporre, come testimonia Speranza von Schwartz nel 1862, che appartenesse a lui: e a lui veniva attribuita anche la beneficienza stabilita da Zicavo, tanto che qualcuno gli aveva dato il nome di Padre dei poverelli. Nel 1888 sulla costa sud, la casa Zicavo era ancora isolata, circondata dai piccoli scali che si susseguivano fino a quello, più importante, degli Olmi.
Da Roberts la casa passò al suo pupillo Giovanni Susini che, secondo il contratto, poteva subaffittare il piano terreno: ciò che fece, complicando le cose. Progetto del Comune per la realizzazione di pubbliche latrine. 1891 Progetto del Comune per la realizzazione di pubbliche latrine. 1891 Fino al 1872 le disposizioni di Zicavo furono rispettate: il parroco Mamia svolgeva le funzioni, diremmo con termini moderni, da presidente di questa gestione, la casa fu affittata per accogliere le classi della scuola elementare, poi la pretura al piano superiore, la dogana e il dazio di consumo; i proventi venivano distribuiti secondo le volontà del testatore. Nel 1891, quando già a ponente la baia di fronte all’ingresso principale della palazzina era stata interrata, il Comune progettava la realizzazione delle latrine pubbliche sulla punta sud con un notevole allungamento della banchina che avrebbe ricoperto gli scogli fino ad arrivare ad una discreta profondità. La carta catastale del 1896 fotografa questa situazione, mentre l’ulteriore allargamento progettato per “creare un prezioso pennello per difendere dal ponente lo sbarco dei passeggeri dei piroscafi” fu momentaneamente accantonato.
Ancora negli anni Cinquanta le imbarcazioni tirate a secco ingombravano la piazza sulla quale, dal 1907, svetta la colonna Garibaldi. La palazzina Zicavo mostrava il suo primitivo ingresso principale rivolto a ponente, ma le porte si erano moltiplicate per dare accesso ai vari uffici, ai magazzini dati in affitto e ad alcune classi delle scuole elementari: il balconcino del piano superiore, testimoniato da Craig, era scomparso. Per quanto ben costruite e di effetto scenico, le latrine si ponevano in primo piano nelle foto dal mare mentre l’edificio, privo della manutenzione che ne aveva garantito un buono stato di conservazione, venne deteriorandosi: aveva perso le persiane e l’intonaco appariva corroso; nella piazza si ricavavano la piccole aiole in mattoni rossi con gli angolari in granito a piramide.
Intanto il prolungamento della banchina continuava per arrivare ad una profondità del mare che consentisse l’attracco sicuro a grosse imbarcazioni.
Dopo la seconda guerra mondiale erano iniziate le contestazioni sulla reale proprietà della palazzina rivendicata da una dei numerosi eredi di Zicavo; questa riuscì a venderla ad un privato, che, a suo volta, la cedette al Banco di Sardegna nel 1978. La parrocchia, che aveva per anni fruito del piano superiore grazie al ruolo di amministratore sostenuto dal parroco, ebbe una liquidazione. Il Banco realizzò una buona ristrutturazione dell’edificio conservando fedelmente l’estetica esterna anche se, per motivi di sicurezza, mantenne un solo ingresso verso sud e trasformò tutte le altre porte in finestre.

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