CronologiaMilleduecento

Correva l’anno 1246

7 aprile

Pietro di Civita, vescovo emise un decreto con il quale accordava esenzioni e privilegi al monastero di “Sancta Maria delle Isole Budellis”, il cui priore, in calce al documento si firmò “frater Jacobus prior monasterii Sancte Marie insule Celsarie”.

19 giugno

Bolle pontificie di conferma di esenzioni vescovili per S. Maria dei Budelli e S. Angelo in Porcaria. Compare il toponimo Celsaria (Panedda l’attribuisce a S. Maria). In un documento (datato 21 novembre) si legge: “negoziare in Buxinarie”. Se ne potrebbe dedurre che le isole erano abitate, oltre che dai monaci, anche da altre persone che qui scambiavano i loro prodotti.

Gli eventi più significativi, che hanno influenzato la formazione dell’insediamento nell’arcipelago di La Maddalena e, in particolare, nell’isola madre, a Santo Stefano e a Caprera, sono illustrati qui di seguito, prendendo spunto anche da quanto scritto nel 1961 dal Baldacci e nel 1982 dalla Racheli. Un quasi totale silenzio avvolge la vita dell’arcipelago durante il medioevo. Le isole rimangono tagliate fuori dalla storia generale e locale e, da luogo di deportazione, diventano luogo di eremitaggio per un gruppo di Monaci, sotto la regola dell’Ordine di San Benedetto. Il castello di Bonifacio finisce per attrarre la loro attività e, alla fine del 1238, li troviamo quivi stabiliti con chiesa e convento, sempre alla dipendenza della diocesi di Civita. In data 19 giugno 1246 identici privilegi furono concessi al monastero di Sancto Angelo in Porcaria, cioè, ad un convento sito a La Maddalena.

Dal punto di vista politico l’arcipelago è terra di nessuno, e vi esercitano indipendenti diritti amministrativi sia sardi che corsi. In realtà le isole sono date per deserte o disabitate; siamo però sicuri che, almeno dalla seconda metà del secolo XVII, dall’anno 1683, sono stati battezzati a Bonifacio bambini nati nelle isole di La Maddalena e di Caprera.
L’interessamento politico-amministrativo del Regno sardo all’arcipelago comincia nel 1728, quando i confini settentrionali della Gallura vengono considerati come porta aperta al contrabbando.