CronologiaMillecinquecento

Correva l’anno 1581

I corsari attaccarono Siniscola ma furono respinti dagli abitanti guidati da Bernardino Puliga. Sbarcarono in forze nel febbraio del 1581 presso Santa Lucia (dove ancora non c’era la torre, la cui costruzione iniziò poco dopo) e depredarono, uccisero, fecero prigionieri. Ma sulla via del ritorno alle loro navi, trovarono le squadre armate di Bernardino Puliga, giustamente poi divenuto il principale eroe locale siniscolese (anche se il dotto Salvatore Italo Deledda lo vuole nobile posadino), che li sconfisse, li mise in fuga, recuperò il bottino, liberò i prigionieri e si impossessò di tre bandiere.
Ecco come Matteo Madau, gesuita, linguista e storico, in Dissertazioni storiche apologetiche critiche sulla sarda antichità, presenta il Puliga: ”Prode cavaliere D. Bernardino Puliga, dell’antica e nobile schiatta de’ Puliga di Tortolì, per vari paesi diramata della Sardegna, il quale nel sentire che di nottetempo una forte masnada di Mori africani, aveva saccheggiato Siniscola, terra marittima, situata verso l’orlo dell’Isola, e che si ritirava colla preda di centocinquanta nazionali fra uomini e donne imbelli, alla sua flottiglia, radunati soltanto dieci uomini, sul punto di mezzanotte si fece incontro a cavallo a quei barbari, salvò dalle loro mani tutti i sardi schiavi, fece una grande strage nei predatori, molti ne prese vivi, e li mise in catene, ed impadronitisi delle loro galee con tutto l’equipaggio, a pochi d’essi riuscì di salvarsi colla fuga”. Madau scrive che Bernardino Puliga era “dell’antica e nobile schiatta de’ Puliga di Tortolì”. Uno studioso di Puliga, Vittorio Sella sostiene invece che era di origine sassarese. Più o meno negli stessi termini la vicenda è descritta nel Dizionario di Angius-Casalis, che però la inserisce in un contesto temporale e territoriale più vasto: “Siccome accadea spesso che sbarcando di notte sotto la condotta di qualche rinnegato, assalissero il paese improvvisamente, così dovettero pensare a preservarsi, e costrussero una cinta intorno al paese, della quale sono rimaste alcune reliquie e vestigie sino a questo punto. Nel 1581 non era ancora formata questa cinta, perché essendo arrivati inopinatamente i barbareschi, fecero più di 150 schiavi. Con questi e col bottino si avviavano al porto, quando D. Bernardino Puliga, discendente da gloriosa schiatta, corse con soli dieci uomini a cavallo sulla truppa africana, e sebbene non fossero che uno contro venti, operarono con tanto valore, che scompigliarono i barbari, li posero in fuga, ne uccisero gran numero, e ricondussero liberi nel paese gli infelici che temevano la servitù. I barbareschi proposero di vendicarsi di questa sconfitta, e due anni dopo approdarono improvvisamente con gran navi a questa spiaggia. La terra di Siniscola sentì prima delle altre della baronia il furore degli infedeli, vi fu ucciso gran numero di persone, furono saccheggiate le case, presi molti alla servitù, quindi movendo sopra Torpè fecero altrettanto eccidio. Si fabbricarono poscia le due torri di s. Lucia e della Caletta, ma se giovarono per tenere avvertiti quei del paese quando apparivano navi barbaresche, non poterono impedire gli sbarchi frequenti; e se ne’ conflitti fecero i siniscolesi belle prove di valore ed ebbero la gloria di ricacciar sul mare gli assalitori, non però evitarono ogni danno per quelli che perivano, e per quello che si toglievano i ladroni”.
Sempre su Bernardino Puliga lo storico Francesco Loddo-Canepa scrive che “nel 1.9.1593 fu investito del cavalierato per l’opera prestata in recuperando prado et liberandis hominibus villae de Siniscola…e manibus turcorum qui ipsam in mense februari 1581 invaserant e quibus multi capti et occisi remanserunt…cum suae maximo vitae…pericolo.
Da ricordare che nel 1572 (nove anni prima dell’incursione barbaresca respinta dal Puliga) gli atti del parlamento del regno registrano una vibrata protesta dei rappresentanti baroniesi (poi ribadita anche due anni dopo) perché l’impegno che i popolani di Posada e dintorni dovevano porre nella vigilanza delle coste, ormai con regolarità assaltate dai pirati tunisini ed algerini, sottraeva energie alla produzione; così come si segnalava, con fastidio, che le uccisioni riducevano di fatto anche il numero dei braccianti disponibili. Quantunque a fini essenzialmente utilitaristici, la Casa di Aragona finalmente si interessava di questo grave problema.
Il barone Don Michele Clement fu dunque chiamato ad avallare una richiesta di riduzione delle tasse feudali e invitato a fornire contributi per le fortificazioni. Inoltre, per favorire la ripresa degli scambi, fu sollecitato a favorire la non applicazione, per la Baronia, di alcune norme di commercio interno (una sorta di calmiere vigente) e quindi a non applicare certi dazi.
Due anni dopo, però, la reiterata supplica non ebbe altrettanto successo: la richiesta di miglior protezione militare fu sì esaudita con l’invio di ben due compagnie di fanteria, ma… di stanza a Oliena!
Con il timore dell’arrivo dei Turchi, nel 1575 fu imposta una tassa per la costruzione di una flottiglia di galee; l’anno dopo il barone don Giovanni Fabrizio Manca Guiso, che da Cagliari coordinava le armate isolane, distribuì archibugi e polvere da sparo, preparandosi alla difesa dalle invasioni. L’arcivescovo di Cagliari dispose prudentemente l’ammasso del grano a Cagliari. Ma i Turchi non vennero, e il ricavato della tassa per la costruzione delle galee venne impiegato per costruire il seminario di Cagliari. Non ci volle molto, a queste condizioni, perché Don Michele Clement, proprietario del feudo, chiamato ad occuparsi in prima persona di questioni spinose, si disfacesse della Baronia: con atto del 22 maggio 1579 del notaio Pietro Franqueza la vendette per 16.500 fiorini catalani a Cristoforo Portugues, un buon borghese di Cagliari del quale non si hanno molte altre notizie.

13 agosto

Filippo II dà l’incarico al suo viceré Don Michele di Moncada di visitare le marine del capo di Bonifacio e studiare i luoghi più idonei per erigervi delle torri di difesa.