CronologiaMillesettecento

Correva l’anno 1788

Paolo Martinetti e Battista Millelire saranno sindaci di La Maddalena.

Grande carestia e crisi sociale nella vicina Corsica. Nel 1788, le intemperie (in modo particolare la permanenza di vento secco, come ricorda un rapporto dell’intendenza del 15 aprile 1789) sono all’origine di un cattivo raccolto di cereali, particolarmente evidente nella provincia di Ajaccio. Con diverse gradazioni, tuttavia, le zone più colpite dell’isola sono la Casinca, la Castagniccia, il Nebbio, il Capo Corso, Bastia, la zona di Corte, la provincia di Vico, il Sartenese, Bonifacio. Il cattivo raccolto porta delle conseguenze molto più serie rispetto alle crisi che colpiscono in quel periodo la Francia e l’Italia. In Corsica, la situazione è aggravata da un inverno rigoroso, insostenibile per il bestiame. Malgrado interdizioni e multe, i contadini del Bozio (zona di Corte) sono costretti a tagliare per tutto l’inverno delle frasche per nutrire le bestie, minacciate dalla carestia. Il cattivo raccolto si trasforma rapidamente in carestia, sotto l’effetto di meccanismi legati più ai rapporti sociali ed all’atteggiamento contraddittorio dell’amministrazione reale, che al clima. Intendenti e subdelegati tentano di frenare una speculazione ed un rialzo dei prezzi che gli appaltatori della tassa, i grandi proprietari ed i ricchi commercianti nutrono e rinforzano sulla base anche del gioco delle istituzioni fiscali e delle decisioni governative. Si può, grazie soprattutto al lungo rapporto dell’intendenza dell’aprile 1789, delineare il carattere generale di questo processo. Inquieti, fin dall’ottobre 1788, per la situazione delle regioni di Ajaccio e di Vico, l’amministratore ed il subdelegato generale si sforzano di inviare orzo e castagne in enormi quantità in diverse zone della Corsica. Nel gennaio 1789, essi tentano anche di vietare le esportazioni fuori dall’isola. I Nobili Dodici si oppongono invocando la necessità, per gli appaltatori detentori delle scorte, di esportare e vendere ad alto prezzo per pagare la Cassa della Corsica. I grandi commercianti di Bastia, alla fine dell’inverno 1789, appena il mare si calma, spediscono in fretta delle grandi quantità di castagne a Livorno, dove il grano è carissimo. Nel Capo Corso, che si era rifornito in Italia (via Livorno)… si riesporta in Provenza per approfittare degli alti prezzi di Tolone (dove domina la carestia). Premi e direttive pubblicate dall’amministrazione reale incitano ad andare in questa direzione. Insomma, le derrate scarseggiano ed i prezzi aumentano; gli appaltatori corsi accumulano scorte aspettando che i prezzi si impennino ancora, per vendere ciò che non hanno esportato: essi realizzano dei profitti mentre la carestia e la mancanza di sementi diventano ossessive per le famiglie più povere. In generale, l’amministrazione reale sembra voler frenare ogni misura che trascinerebbe la caduta dei prezzi in poco tempo. Un’inchiesta della municipalità di Bastia (del marzo-aprile 1790) e la corrispondenza delle autorità reali mostrano che l’editto del Consiglio del 9 maggio 1789, che accordava dei premi a chi esportava delle derrate in Corsica, non è stato pubblicato, né affisso nell’isola, «sotto pretesto che prima che l’ordinanza giunga in Corsica, il paese era approvvigionato, il raccolto di orzo già fatto, quella di grano imminente». Le conseguenze della carestia sono gravi: la tassa diretta diventa sempre più difficile da pagare. Nella primavera del 1789 in Balagna, nel Nebbio, in Casinca, in Castagniccia, nel Rostino, nella provincia di Ajaccio, i contadini sono costretti a chiedere degli anticipi in sementi agli appaltatori, anticipi da rimborsare a tasso d’usura e con le more della tassa non pagata. Nell’agosto e nel settembre 1789, gli appaltatori premono sulle guardie per fare ritirare la tassa con la forza; i contadini devono pagare anche le decime. Peraltro, l’azione delle tasse sul commercio continua a farsi sentire: esse irritano la borghesia e sono considerate responsabili del rialzo del costo della vita per le masse popolari. In questo processo di impoverimento della maggioranza dei piccoli contadini, gli abitanti di alcuni villaggi invadono i boschi in inverno per tagliare la frasca ed evitare la moria del bestiame; il mantenimento delle pratiche pastorali diventa vitale. La repressione si amplifica: le multe per reati agrari e forestali si moltiplicano e si aggiungono a quelle dei periodi anteriori. Questi prelievi, impossibili da pagare, contribuiscono ad esasperare la collera popolare. Si riscontra un analogo appesantimento della situazione per le tasse devolute ai conti, ai marchesi ed agli altri concessionari dei grandi domini: tasse come il terratico e l’erbatico pesano su terre che i contadini giudicano di loro appartenenza; la mediocrità dei raccolti e la carestia, rendono ancora più insopportabile il pagamento di tasse ai Signori. L’alto costo della vita crea problemi anche per il pubblico impiego: si ravvivano le rivendicazioni dei pescatori, dei marinai (sottomessi alle tasse per uso boschivo), degli artigiani delle corporazioni di Bastia e di Ajaccio. (Il paese viene rifornito così poco e così male, che il timore della carestia si manifesta frequentemente nella zona di Bastia per tutta l’estate e l’autunno del 1789. Anche ad Ajaccio, all’inizio del mese di agosto 1789, mentre si aspetta il nuovo raccolto, l’inquietudine e l’emozione sono ancora così vivi che la popolazione cerca di opporsi con la forza alla partenza per Rogliano di due barche capocorsine cariche di cereali). La collera per la concorrenza dei pescatori napoletani, per l’impiego di stranieri sulle barche (particolarmente le navi postali) si esaspera. A Bastia sarà uno dei temi principali dell’assemblea generale rivoluzionaria del 14 agosto 1789. L’alto costo della vita e la carestia acuiscono anche il problema del lavoro nei campi. Il subdelegato di Ajaccio segnala l’esistenza, nelle pievi vicine, di centinaia di capifamiglia costretti a cercare lavoro salariato per sopravvivere: l’esercito li costringe a costruire strade e ponti ed a lavorare gratuitamente nei vigneti del Demanio. Souiris si rallegra di questa situazione perché obbliga numerosi piccoli contadini a lavorare a basso costo, favorendo gli interessi dei grandi proprietari, costretti a pagare profumatamente i lavoratori specializzati. La crisi economica inizia ad assumere una portata inedita, in Corsica, in ragione dell’esistenza di una crisi politica generale. Gli effetti politici della crisi di sussistenza del 1788-1789 saranno seri e profondi: il rialzo dei prezzi, la carestia ed il rincaro del pane creano un legame tra le rivendicazioni delle masse popolari urbane e quelle delle popolazioni rurali. La crisi concentra l’attenzione della classe contadina contro i grandi proprietari concessionari e gli appaltatori di pieve, accaparratori ed usurai, la cui responsabilità è percepita come indissolubile da quella dello Stato e del suo apparato: doganieri, subdelegati, direttori del Demanio, tesorieri, Nobili Dodici, ecc. Essa rende sempre più insopportabile un sistema politico in cui, dal livello del villaggio o della pieve a quello dell’isola, il Terzo Stato nelle sue diverse componenti (e per ragioni diverse a seconda che si tratti dei contadini, degli artigiani o della borghesia urbana) sembra non avere voce in capitolo. Queste prese di posizione sembrano affermarsi attraverso la coscienza della specificità della Corsica e dei corsi. Lo studio dei Cahiers de Doléances delle comunità permette di analizzare la complessità della coscienza isolana: perciò occorre deplorare, ancora una volta, la scomparsa della stragrande maggioranza dei Quaderni dei villaggi. La coscienza di una specificità etnica della Corsica e dei corsi si manifesta chiaramente, con forme diverse nei Quaderni delle comunità: 12 su 16 villaggi nella zona Calvi-Corte-Bastia, 36 su 63 nella zona di Ajaccio. Lo prova inoltre l’attaccamento agli Stati di Corsica, che si vorrebbero con gli stessi diritti e privilegi di quelli Linguadoca, cioè di un Pays d’Etat. Lo prova anche la richiesta fatta da quattro comunità della giurisdizione di Ajaccio del diritto di navigazione per le navi corse con la bandiera a testa di moro. Lo testimonia ancora la distinzione operata in due Quaderni della Porta e in altri tre della zona di Ajaccio tra corsi, francesi residenti da molto tempo in Corsica (giudicati affini ai corsi), ed altri francesi. Nelle doléances si manifesta anche una forte esigenza (sottolineata in vent’otto Quaderni) della piena uguaglianza tra corsi e francesi nell’accesso alle cariche ed agli uffici reali in Corsica o nel resto del Regno.

29 gennaio

Il viceré accorda particolari incentivi per la coltivazione dei gelsi (nello stesso anno Giuseppe Cossu pubblicherà la Moriografia sarda ossia catechismo gelsario).

24 maggio

Il viceré riordina le disposizioni «riguardanti le feluche pescatrici di corallo».

luglio

Il comandante generale in Corsica, visconte di Barrin, di fronte alle rimostranze presentate al governo còrso da quello sardo perché intervenisse con misure energiche per frenare il traffico di contrabbando fra le due isole, individuava proprio nel regime vincolistico che regolava le attività commerciali del Regno sardo la causa principale di tale diffusa pratica. Rimarcava, infatti, che tale fenomeno poteva essere frenato, non ricorrendo a semplici misure di repressione, ma intervenendo sul piano legislativo per modificare un così restrittivo sistema commerciale, liberalizzando la circolazione delle merci e, soprattutto, sgravando gli operatori dai pesanti balzelli e dalle farraginose e interminabili lungaggini burocratiche necessarie per ottenere le licenze di esportazione. Faceva così notare che in questo modo, “ridotte a tenue spesa le imbarcazioni che sogliono farsi dai Bonifacini nei litorali della Sardegna, di grano, legumi, formaggio e bestiame“, avrebbero cessato “di commettere, come han fatto finora, il contrabbando”. Inoltre “colla cessazione del contrabbando” – proseguiva – si sarebbe venuto “a stabilire un lecito commercio assai più vantaggioso agli interessi della Regia Azienda della Sardegna, ai Bonifacini che non si espongono più al pericolo di essere sorpresi nell’atto delle clandestine loro imbarcazioni, con grave loro pregiudizio e rovina dei suoi interessi ed ai Regnicoli istessi, cioè ai pastori ed abitanti della Gallura, i quali ritrovando un mezzo, dal governo approvato, per esitare le loro derrate a prezzo vantaggioso resta così animato lo spirito di commercio, e conseguentemente l’industria e l’agricoltura”. Faceva poi osservare che “l’estensione assai vasta del litorale, in gran parte deserto e spopolato della Gallura, è la causa di tale inconveniente, giacché non vi sono porti abilitati ad eccezione di Terranova e Longosardo, e d’altronde la trasferta dai patrimoniali residenti in Tempio esige delle spese veramente gravose in confronto della piccola portata dei legni che servono al commercio della Sardegna con Bonifacio“. Ma il governo sardo, di fronte alle osservazioni del comandante corso, che focalizzavano con estrema chiarezza e puntualità i nodi che occorreva sciogliere sul piano legislativo per eliminare, o quantomeno ridurre la pratica del contrabbando, restava sordo. Ancora nel 1799 “per estirpare gli abusi che da più tempo lungo il litorale del Regno si commettono, e per contenere gli sfrosatori; i quali a man salva defraudano i Dritti Regi”, poiché all’erario non conveniva tenere in ogni porto uffici doganali, venivano indicati i porti dove gli armatori dei bastimenti si sarebbero dovuti rivolgere per ottenere le autorizzazioni d’esportazione. “Così – veniva rimarcato – tutti quei bastimenti che dovranno caricare o in Oristano o in Palmas saranno obbligati venire a questa Capitale [Cagliari] per l’operazione anzidetta da farsi, sia ancora quei bastimenti che caricheranno in Sarrabus, Ogliastra ed Orosei. “Quelli poi che dovranno caricare in Siniscola, Terranova e Gallura, saranno tenuti di portarsi all’isola della Maddalena, dove vi esisterà pure un esperto. Quei che vorranno caricare nel distretto di Castelsardo, si porteranno a Porto Torres, quelli poi che caricheranno a Bosa, dovranno subire l’operazione anzidetta nel porto d’Alghero“.

21 luglio

Regnier du Tillet chiede al viceré sardo che l’ingegnere francese Franchot possa eseguire rilievi idrografici nelle acque dell’arcipelago. La notizia viene riportata anche da Tyndale che, però, parla di un capitano Finch.

agosto

Si eseguono osservazioni geodetiche nelle Bocche di Bonifacio, nel quadro delle rivelazioni per la stesura della carta del Mediterraneo. Per provvedervi arriva alla Maddalena un tale De Tranchot, francese, raccomandato al comandante delle isole, Rainaldi, dal viceré Carlo Francesco Thaon.

5 dicembre

Nota indirizzata al comandante della Beata Margherita, La Maddalena. Prende atto della sua partenza, “in seguito agli avvisi ricevuti dal podestà di Terranova per spedire il Furet a prendere un prigioniero”. Una successiva nota del 3.7.1789 indirizzata allo stesso. Gli manifesta tutto iI suo compiacimento per la preda “fatta dai regi legni sotto i di lei ordini d’uno scampavi a tunisino equipaggiato di 17 uomini, lo trasmetto la di lei relazione alla Corte, persuaso che S.M. si degnerà far merito di questa nuova riprova del di lei zelo“.