CronologiaMilleottocento

Correva l’anno 1876

Viene avviata la costruzione del ponte del Liscia: fino a quel momento, per unire le due sponde del fiume, si usava un guado, presso Barrabisa, chiamato lu trajjettu di lu caprioni.

Bonifacio conta 3375 abitanti.

febbraio

L’amministrazione comunale di Santa Teresa (sindaco Anton Paolo Vincentelli) rifiuta di provvedere a un ampliamento del cimitero sostenendo che può reggere il numero medio di decessi del paese). I morti nell’agro (25 all’anno) sono sepolti nei cimiteri rurali di San Pasquale e Buoncammino.

25 marzo

In questo periodo, si registravano 33 barche che sostavano a Cala Gavetta, provenienti da diverse località partenopee, per la pesca stagionale del corallo, tanto che si autorizzava, proprio alle spalle di Piazza Baron des Geneys, l’uso di alcuni locali abbandonati dalla Fanteria Marina, per installarvi un ospedaletto specifico “per ricoverare tutti gli ammalati provenienti dalle barche coralline ed anche estranee alle medesime”. “Pasquale Migliaccio e sua moglie Elisabetta Scotto, residenti in questo comune” erano i promotori e i gestori dell’iniziativa. Questi “si obbligano di provvedere tutti i letti che saranno necessari per gli ammalati ricoverati in detto ospedale, compresi tutti gli accessori, cioè lingeria, guanciali ecc.” Ogni pasto giornaliero non avrà prezzo inferiore ai 75 centesimi per i soli marinai delle barche coralline. Anche gli altri ricoverati potranno fruire di tali pasti ma al prezzo di 2 lire al giorno”. Per la realizzazione di questo ospedaletto, tutti i proprietari delle barche impegnate nella pesca del corallo, versarono la quota associativa di 50 lire, per un totale di lire 1650.

30 aprile

A pochi giorni dalla ‘‘rivoluzione parlamentare’’ che ha provocato la caduta dell’ultimo governo della Destra, muore a Roma Giorgio Asproni (era nato a Bitti nel 1807), giornalista e deputato, leader della Sinistra democratica sarda e personaggio di spicco della politica italiana.

1 maggio

Garibaldi invia un biglietto da Roma all’allora Sindaco della Maddalena, Chirri con il seguente testo: Illustrissimo Sig. Sindaco La Maddalena, io sarò fortunato d’appoggiare il Deputato Sulis in quanto riguarda il nostro caro paese della Maddalena. G. Garibaldi.

13 giugno

Nasce Giuseppe Millelire, detto Mambrì; Di antica famiglia isolana – i suoi antenati furono i celebri Domenico e Agostino – Giuseppe da Battista e Francesca Raffo. A battezzarlo fu il parroco don Michele Mamia Addis, i padrini furono Andrea e Mariantonia Raffo. Crebbe a Cala Gavetta, porticciolo di un paese di circa milleottocento abitanti, e fu lì che gli venne affibbiato il nomignolo che poi si portò per tutta la vita: Mambrì. Ebbe modo di studiare, presso le scuole religiose ed in privato e ai primi del Novecento fu assunto, come assistente d’ufficio, a Cava Francese, dalla Società F.lli Marcenaro e Grondona e vi rimase fino al 1905, anno della grande fornitura di granito per la costruzione del bacino di carenaggio di Malta. Alto di statura, magro sebbene fosse una buona forchetta, don Giuseppe Millelire indossava l’abito talare (e il tricorno in testa) con stile e austerità. Abitava in piazza S. Maria Maddalena in un appartamento di sua proprietà e possedeva un piccolo potere nel vallone di Cala Chiesa, nella parte alta verso Punta Villa. Lino Ornano, che da ragazzo spesso gli faceva da chierichetto, ricorda come all’epoca gli fosse proibito confessare sebbene celebrasse Messa e accompagnassi funerali. “Celebrava in genere la prima messa alle sei del mattino, nel secondo altare di destra, quello delle anime del Purgatorio, che aveva allora le balaustre di marmo come del resto tutte le altre cappelle, mentre nell’altare maggiore, ha detto privilegiato, si celebrava solo domenica e nelle ricorrenze importanti. Don Millelire – ricorda sempre Ornano – predicava bene, senza leggere, forbito nel linguaggio, con buona dizione. Era fiero di essere isolano di scoglio”. Lucia Pinna ci raccontò che una volta, in tempo pasquale, mentre benediceva le case, bussò alla porta di un miscredente dello Spiniccio il quale lo apostrofò. “Vattini Mambrì, chi ghi n’è ghjà monda di acqua und’a cisterna, nun gh’è bisognu puri d’à toa!” E lui per tutta risposta disse: “Si nun voi purtà rispettu pe’ l’abitu ch’indossu, poerami alumancu rispettu cummi vecchju isulanu!“. Guido Mura ricorda ancora come appunto “parlava spesso in dialetto, in maniera colorita ed immediata, con la battuta pronta e schietta, a volte azzardata, con toni e mimiche tipicamente isolani”. I rapporti di don Millelire con vice parroco don Maciocco furono buoni (di don Maciocco, il Cav. Guido Mura ricordava come passasse le giornate nella cappella di San Giorgio, col breviario in mano, pronto a ricevere le confessioni, un sacerdote semplice e buono che, afferma sempre Guido Mura “Ha conservato la fede e ha trasmesso la fede nell’Isola”), meno buoni furono invece i rapporti tra don Millelire ed il parroco don Capula (che Mambrì chiamava “u castiddhanu”). Don Capula lo incaricò della compilazione e del riordino dei registri e della sistemazione dell’Archivio Parrocchiale. Don Giuseppe Millelire nel dicembre 1943 fu trasferito a Baunei (diocesi di Nuoro). Rientrò nella diocesi di Tempio, richiamato dal vescovo Morera, cinque anni dopo, il primo aprile 1948 che lo nominò vice parroco di San Pasquale-Porto Pozzo. Ritornato a Baunei vi morì poco tempo dopo all’età di 76 anni il 18 aprile 1952 e lì fu sepolto.

29 luglio

Si procedeva ad un primo imbrigliamento delle acque della vadina che sfociava a mare, scaricandovi sabbia, detriti vari, col conseguente continuo abbassamento del livello del mare. Le campagne di scavo del fondale della Cala con la continua raccolta dei fanghi, restituirono momentaneamente una possibilità di approdo ai barconi davanti al capannone Ajassa. Ci sarebbe poi da affrontare il discorso delle regie carbonare e quindi del palazzo del Baron des Geneys, sulla piazza omonima e quindi sulla strada per la Quarantena. Questo palazzo, come risulterà dal suo testamento olografo-si componeva di “un salottino d’entrata, una camera e cucina con fontana d’acqua, una sala ed una ancora, e due altre camere con piccolo cortile”. Era sorto intanto il Palazzo Azara, nel 1808, dove risiedeva un tempo colui che potremmo definire il Direttore del Porto. In quel palazzo, durante una ristrutturazione dei piani superiori, demolendo un’intercapedine venne fuori, all’inizio degli anni ’70 dello scorso secolo, una valanga di documentazione dei primi anni dell’800, relativa al traffico marittimo di Cala Gavetta. Questa preziosa documentazione finirà colpevolmente nella discarica di Sasso Rosso, e da lì, in parte bruciata e in parte dispersa tra i vari collezionisti dell’isola. Cresceva intanto la necessità di posti barca, per cui già il 29 luglio 1876 (e certo non per la prima volta) si era proceduto a programmare una riorganizzazione più omogenea degli ormeggi tra “Vigna del Giudizio e sino alla punta della Quarantina, limitatamente ove viene espressa la necessità delle banchine onde consentire l’approdo dei bastimenti e così avvantaggiare gli interessi del commercio in quest’Isola abbandonata. Altre volte un tale argomento venne sollevato nel contesto di competenti persone della marineria appunto perché gli inconvenienti sono notevoli, e con una modesta spesa che non sarebbe d’aggravio alla popolazione, si potrebbe rimediare un simile sconcio, perfezionando tutto il litorale della Maddalena con quei lavori atti a facilitare gli approdi”.

14 agosto

Muore a Cassano Spinola (AL) il maddalenino Giovanni Battista Albini Ammiraglio, suo padre veniva da Villafranca, ma si era fermato nell’isola raggiungendo nella Marina Sarda il grado di Ammiraglio, diventando poi senatore del Regno. Fu Allievo della Scuola di Marina a Genova, partecipò alla prima guerra di indipendenza sotto gli ordini del padre. Nel 1860 ad Ancona l’episodio più ardito della sua carriera. E’ il 28 settembre, Ancona è presa d’assedio. Albini riesce a portarsi a 600 metri dalla batteria della Lanterna per demolirla. Ma la batteria e la casamatta erano bersagliate invano. Albini, chiese per segnale licenza d’attacco con libertà di manovra. Ottenutala, dirige sulla batteria, gli sfila a traverso, e giunto a tiro di pistola dalle batterie avversarie, gli scarica contemporaneamente tutti i pezzi di una fiancata, smantellando la batteria e provocando l’esplosione di una polveriera. La medaglia d’oro concessa dice: “Per il modo ardito e sotto ogni aspetto commendevole con cui si comportò all’assedio di Ancona”.

5 settembre

Muore la cavalla Marsala. Fu un giorno molto triste per Giuseppe Garibaldi, poiché morì la sua amata cavalla Marsala.
Ormai vecchia, all’età di 30 anni, Marsala si ammalò, gettando nello sconforto il Generale che piangeva, imprecava, tentava di farla riavere nutrendola con fette di cocomero imbevute di Marsala, il vino della terra di cui la cavalla portava il nome.
Sebbene apparentemente sollevata dalle amorevoli cure del suo padrone, Marsala nel giro di pochi giorni morì.
Sulla sua lapide mortuaria Garibaldi fece scrivere: “Qui giace la Marsala che portò Garibaldi in Palermo, nel 1860. Morta il 5 settembre 1876, di anni 30”.
La lapide venne fatta e scritta personalmente dal Generale Garibaldi, regalatagli da un siciliano, un certo Giacolone, in occasione dello sbarco dei Mille a Marsala. La scritta della lapide, in seguito, venne rifatta per ben tre volte. La lapide mortuaria della cavalla Marsala conservata nella stalla a Caprera.

16 settembre

Il Consiglio Comunale, delibera n. 28 “Oggetto: Formazione di banchina lungo il littorale”. Sindaco Antonio Chirri, consiglieri: Pasquale Volpe, Francesco Millelire, Antonio Susini Origoni, Gio: Battista Serra, Luccioni Giov. Battista, Cesare Zonza, Marco Maria Zicavo.

18 ottobre

Il Sindaco Antonio Chirri, che gode di un periodo amministrativo piuttosto tranquillo, ordina, per una questione di squisita razionalità urbanistica, la demolizione della piramide di piazza 23 febbraio 1793, definita “di poco rilievo (…) perché di ostacolo per la comodità di passaggio degli abitanti, tanto più che è in sito molto frequentato (…) perché esistente in un punto che la larghezza della strada lascia molto a desiderare”. In effetti la piramide, costruita con sabbia di mare e calce, si sgretola continuamente e necessita di eccessiva manutenzione, peraltro con scarsi risultati. L’impegno nei confronti del consiglio e quindi della cittadinanza è quello di ricostruirla “in altro sito e collocandovi la bomba per ricordo del bombardamento fatto all’isola”. Nella seduta del consiglio comunale i consiglieri Volpe, Zicavo, Zonza, Luccioni, Susini, Serra, Millelire autorizzavano il sindaco a «ricostruire una colonna in granito in ricordo del bombardamento fatto all’isola da Napoleone Bonaparte».

Qualche anno dopo, l’illuminazione pubblica era garantita all’isola da 113 fanali a petrolio di cui 2 in piazza Principe Tomaso, ai margini dello scalo, uno davanti al vicolo Garitta e uno in piazza Baron des Geneys. In via Nelson, poco più avanti delle regie carbonare, c’era pure una scuola con due classi (quarta e quinta maschile con 43 alunni e un solo maestro: Federico Bisconti). Quando già si vociferava che sarebbero arrivate per una nuova visita “le Maestà Reali, il Capitano del Porto Manara disporrà, già dal 14 aprile, una più decorosa sistemazione e tenuta dei gozzi, mentre il Comune imponeva la manutenzione e la tinteggiature di tutte le case della cala. Naturalmente in previsione di questa importante visita, grazie alla Marina, per facilitare collegamenti e percorsi, nel 1896, Cala Gavetta era stata inserita in un progetto per la costruzione di una strada lungomare, per il suo collegamento con Piazza Renella, per l’occasione ribattezzata Piazza Umberto I e con la strada militare di Nido d’Aquila, in prossimità del fabbricato demaniale denominato ex Ospedale in Maddalena.  Tale progetto apporterà “il vantaggio di allargare la strada in quei punti dove prima si riscontrava troppo ristretta ed inoltre, estendendosi verso il vare, aumenterebbe l’altezza dell’acqua e quindi rimarrebbe facilitato l’approdo, il carico, lo scarico dei materiali alle imbarcazioni che per loro volume e peso non possono avvicinarsi alle altre banchine”. “Per ragione di economia e per non diminuire la larghezza del già ristretto porticciolo mercantile di Cala Gavetta, non si sono introdotte-scrive il progettista militare-nel tracciato della banchina suddetta, che le poche modificazioni indispensabili al regolare movimento dei carri; di conseguenza tutti i fabbricati sulla riva Est di Cala Gavetta rimasero intatti ad eccezione di un piccolo caseggiato (proprietà degli eredi Anna Maria Chiozzi e Giovanni Maria Maso) di cui si è proposto la parziale demolizione e ricostruzione” senza che i proprietari stessi perdano alcunché. Il 25 aprile 1899 il sindaco Zicavo pubblicherà un manifesto col ringraziamento dei reali per la calorosa accoglienza e comunicando che gli stessi avevano elargito 4.000 lire per i poveri e per le istituzioni di beneficenza.