CronologiaMillenovecento

Correva l’anno 1910

Il parroco di Santa Maria Maddalena canonico Antonio Vico concede in enfiteusi al generale Ricciotti Garibaldi l’isolotto di Giardinelli, assegnato dal Re di Sardegna Carlo Alberto alla stessa parrocchia nel 1843. L’assegnazione diede luogo a lunghe controversie con la risoluzione del contratto alcuni decenni dopo.

L’Arsenale della Maddalena occupa 117 civili e 200 detenuti che in seguito vengono sostituiti da manodopera locale.

Elezioni parziali. Giuseppe Volpe è sindaco di La Maddalena.

Si teme un’epidemia di colera: si predispone perciò un locale di ricovero con letti e mobili.

Radicale pulizia delle vie cittadine.

18 gennaio

In un naufragio causato dal maltempo muoiono i pescatori Gaetano De Luca, di 50 anni, e Antonio Colonna, di 16 anni. Tragedia in mare per due pescatori maddalenini, nel tratto di mare prospiciente Tre Monti con la morte di due persone, fu, con dovizia di particolari per noi importanti, registrato dal Capitano di porto del Compartimento Marittimo di La Maddalena, Pietro Azara, in base alla testimonianza dell’unico superstite, De Roberto Alfonso. Riportiamo la parte del verbale della Capitaneria riguardante il susseguirsi degli avvenimenti: “….. Si era stati nel golfo di Arzachena e di lì costeggiando si era venuti a Barca Bruciata, da dove avendo pescato alquanto pesce, si decise verso le undici di ieri 18 corrente di far ritorno a Maddalena mettendoci alla vela nell’ora stessa con vento fresco, da ponente maestrale. Ci eravamo da poco allontanati dalla costa quando, il vento ed il mare rinforzando contro ogni nostra previsione, fu necessario diminuire le vele. Lasciato il timone in mano al De Luca attendevo a sostituire il fiocco comune con altro più piccolo, allorché un’ondata furiosa prendendo di traverso la barca la riempì quasi totalmente. Aiutato dagli altri cominciai a gettar zavorra di pietre che era a bordo e successivamente buttai buona parte delle reti e la vela di cui sguarnii tosto l’antenna, perché il vento non vi avesse presa; ma la barca era troppo carica d’acqua e non governava più; ogni ondata ne invadeva sempre più l’interno e noi eravamo tutti e tre immersi nell’acqua che raggiungeva i banchi mentre il vento ed il mare facevano deviare la barca in direzione parallela alla costa di Tre Monti verso Capo Ferro. Si stette in tali condizioni molte ore perché la barca cominciò a fare acqua verso le 12 ed il tempo facendosi sempre più burrascoso, la barca si capovolse una prima volta e poi molte altre. Aggrappati alla parte emergente del galleggiante, lottando disperatamente per rimanere con la testa fuori dall’acqua, flagellati dalle onde che minacciavano di strapparci dalla barca, intirizziti dal vento violentissimo e dal freddo, si cominciava a perdere le forze. Io tentavo di incoraggiare i miei compagni dicendo loro che presto il vento ci avrebbe portato a derivare sulla costa e qualche aiuto ci sarebbe stato inviato dalle vicine batterie di Tre Monti e Punta Rossa, ma invano. Il De Luca, che da qualche tempo non parlava e che io a volte sorreggevo col braccio destro, tenendomi col sinistro all’antenna della barca, si abbandonò per primo. Lo vidi mollare il suo appoggio, un’ondata lo portò lontano e disparve. Ripetei gli incoraggiamenti al Colonna dicendogli che un rimorchiatore dirigeva verso di noi, ma esso pure divenuto muto e livido, tralasciando di tenersi aggrappato a me e alla barca, cessò di lottare; non riuscì a trattenerlo e scomparve di un tratto. Rimasto solo continuai a tenermi istintivamente avvinghiato all’antenna ed estenuato di forze svenni. Quando ripresi conoscenza ero nella bassa prua del rimorchiatore n. 12 dal cui personale ero stato raccolto, riscaldato e vestito ed al cui intervento devo esclusivamente la mia salvezza. Tenuto conto che il rovesciamento della barca si è verificato a forse un miglio dalla costa sarda e che il vento era esattamente maestro, suppongo che i corpi del De Luca e del Colonna possano essere portati dal mare sulla costiera di Capo Ferro e su quella della attigua isoletta dei Cappuccini. Sottoscritto Alfonso De Roberto“.

 13 marzo

Esce a Sassari ‘‘Libertà’’, battagliero periodico cattolico.

maggio

Fu il comandante del Distaccamento ‘Goito’, dei Bersaglieri di Stagnali, a Caprera (XXV Battaglione del 3° Reggimento Bersaglieri), Tenente Colonnello Giovanni Maggiotto che ebbe l’idea di far costruire, sul piazzale antistante la banchina del porticciolo, un grande plastico in cemento raffigurante l’Italia e le sue isole, con indicate tutte le regioni, province e distretti, in modo che i bersaglieri, ponendosi in piedi sull’isola di Caprera, “potessero volgere la fronte al loro paese e mandare un saluto alla mamma lontana”. Il Sotto Tenente Monticelli, arrivato pochi mesi prima, ne fu il disegnatore ed il direttore dei lavori. I lavori di costruzione del plastico iniziarono nel marzo del 1910. Il Comandante aveva ottenuto dalla Marina cemento e materiali vari. Un drappello di bersaglieri fu incaricato di raccogliere la ghiaia; una decina di zappatori adibiti alla costruzione del plastico; il tempo assegnato, un mese; nel mese d’aprile del 1910 il plastico era pronto. Fu solennemente inaugurato alla presenza dal Principe di Udine in visita a La Maddalena, alla presenza dell’ ammiraglio Faravelli, comandante Militare e Marittimo della Piazza, e degli altri comandanti dei distaccamenti di  Caprera e di La Maddalena. I “Baraccamenti militari agli Stagnali” di Caprera erano in origine un grande insediamento realizzato dal Ministero della Guerra (ramo Marina) all’inizio del secolo scorso ed utilizzato come caserma per ospitare i 630 uomini del Battaglione Bersaglieri ad uso alloggi, magazzini, uffici, cucine, refettorio e stalle per cavalli e muli. L’insediamento di Stagnali, sorto su terreni espropriati agli eredi di Giuseppe Garibaldi, è stato previsto per l’accasermamento di truppe mobili di soccorso al litorale, allo scopo di assicurarsi la difesa dell’arcipelago contro un tentativo di sbarco e impedire al nemico un ancoraggio sicuro nelle acque interne. All’interno di un lungo trinceramento furono approntati baraccamenti e magazzini per il ricovero di almeno 500 uomini, padiglioni per gli ufficiali, cucine, cisterne, lavatoi e tutti i servizi necessari, per un totale di 90 ambienti delle più varie dimensioni, una superficie coperta di 2.700 mq e una dotazione di servizi comprendenti 7 cisterne capaci di contenere più di 550 mc di acqua potabile.

21 maggio

Curioso “avviso” che cerca di evitare – per proteste degli anziani isolani dei vicoli, desiderosi di tranquillità e di silenzio – il frastuono provocato dai “Mazzucchi” (una sorta di maniglioni attaccati a una tavola, liberi di sbatterci sopra freneticamente) agitati dai ragazzini subito dopo il periodo quaresimale.  I “Mazzucchi” venivano conservati in sacrestia. Con questa ordinanza si cominciava a mettere in crisi un’altra tradizione molto popolare all’Isola.

24 maggio

Vittorio Emanuele III e consorte giungono a Cagliari, da turisti, a bordo dello yacht Trinacria. Breve visita in provincia.

25 maggio

In un articolo apparso sulla Nuova Sardegna, si apprende dell’esistenza dell’azienda agricola di Santo Stefano di proprietà di Pasquale Serra “Guarrè” e della piantagioni di olivo e vite. Dalla vite si produceva un vino rosso “Gioia dell’arcipelago” che vinse anche premi nazionali. “Un’isoletta beata nell’estuario maddalenino. ” Delle tre isole maggiori che costituiscono l’ossatura dell’estuario maddalenino, quella di Santo Stefano è la meno rinomata, ma non è per questo la meno importante, anche sotto l’aspetto storico. 
Infatti, se Maddalena è la titolare del forte e bizzarro arcipelago e il centro di una magnifica base strategica, se Caprera rifulge della gloria garibaldina, Santo Stefano, oltreché per l’accenno geografico che ne hanno fatto Plinio e Strabone, va orgogliosa di aver dato l’ancoraggio alla squadra di Nelson, poco prima di Trafalgar, e di aver ospitato nel 1793 il capitano di artiglieria Napoleone Bonaparte, sbarcato da un naviglio gallo-corso invasore, e di averlo visto in fuga dopo un vano tentativo di bombardamento della Maddalena. Santo Stefano preluse a Watherloo!
Questo ammasso di blocchi di granito, che all’esterno appare brullo e inospite, rinserra invece, nel bel mezzo, un tesoro di vigneti, di agrumi, di case rustiche e di opulenza campestre, risonanti di fatiche liete, di muggiti e di belati. Una tale oasi deliziosa, tutta ombrata di verzura e irrigata di canaletti freschi e molli, è una creazione recente dell’opera umana, tenace e appassionata.
Basti dire che una quindicina di anni fa Santo Stefano era uno scoglio deserto e arsiccio.
L’uomo, self man, che ha compito il prodigio si chiama Pasquale Serra, proprietario dell’isoletta, il quale ha il merito insigne di aver trasformato, come per magica virtù di incantamento, una roccia solitaria in un erboso, ridentissimo verziere. Ecco un vero, autentico cavaliere del lavoro!
Ma il suo maggiore titolo di gloria è un succhio prelibato della sua vigna, un vinello color granata, limpido, razzente e profumato, che è la gioia dell’arcipelago. Peccato che se ne producano soltanto due centinaia di ettolitri circa. Troppo poco!
Il nostro buon Pasqualino, allorché vuoi ricrearsi dalle molteplici sue occupazioni di appaltatore, di negoziante e di agricoltore, ha la felice ispirazione di invitare una gioconda schiera di amici alla sua isola beata per un georgico spuntino, largamente innaffiato. Deus nobis haec otia fecit.
In quelle ore psicologiche è bello l’ammirare l’informe accozzaglia di isolotti sparsi dirimpetto alle Bocche di Bonifacio, quasi perle cadute dallo strappo di un monile, mentre il sole declina imporporando le altissime montagne nevate della Corsica! E’, davvero, uno spettacolo superbo, specialmente se contemplato dalla vetta della torre vetusta di Villamarina, sovrastante a un dolce pianoro smaltato di fiori e sempre verde, come la valle di Tempe; da quella se vera torre che l’ammiraglio Aristide Garelli, storiografo di Maddalena, vorrebbe a ragione dichiarata monumento nazionale, quale modello venerabile e ben conservato della architettura militare dell’epoca. Giro, senz’altro, la domanda al commendator Corrado Ricci …. 

28 maggio

La Camera approva il progetto di legge sulle convenzioni marittime. La legge consente il sovvenzionamento – in attesa dell’istituzione di linee marittime statali – di imprese private che garantiscano stabili collegamenti tra le isole e il continente.

17 luglio

Augusto Baffigo spara due colpi di revolver contro Giovanni Bargone, che morirà due giorni dopo, e si toglie la vita.

28 luglio

Entra in funzione la terza coppia di treni da Golfo Aranci a Sassari e a Cagliari. E’ in vigore, inoltre, il servizio cumulativo ferroviario-marittimo. Garantiti i collegamenti giornalieri tra la Sardegna e il continente. Entrano in funzione i piroscafi Città di Cagliari, Città di Sassari e Caprera. Istituito un treno diretto Sassari-Cagliari. Il tragitto da Golfo Aranci a Cagliari è coperto in 9 ore.

16 agosto

Il comandante del forte Arbuticci (Galeschi), scoprì che nella notte tra il 16 e il 17, la cassaforte era tata aperta e trafugate 500 lire – in tanto consisteva il peculio del forte – e alcuni piani militari di un certo interesse strategico. Il primo pensiero, naturalmente, corse alla spionaggio, ed in questa direzione vennero orientate le indagini. L’ammiraglio Faravelli, diede ordine al comandante dell’ottavo bersaglieri di Caprera il capitano De Bartolinis di intensificare le indagini. Il 22 il sottotenente Lombardini riuscì a porre le mani sulla refurtiva. I giornali annunziarono il fatto con titoli, per le consuetudini giornalistiche del tempo, fuori misura, e la popolazione vi si appassionò come di fronte ad un giallo dalle imprevedibili sorprese. In realtà si trattava di un semplice furto operato da tre modesti ladruncoli, due soldati ed un cuoco, abbagliati da quelle 500 lire e senza alcun interesse per i piani delle fortificazioni, ma per alcuni giorni alla Maddalena e altrove si visse in un clima da “suspance” come si direbbe oggi. Negli stessi giorni, a render più eccitato il clima, il maresciallo di marina Augusto Baffigo, sparava due revolverate contro il consigliere comunale Giovanni Bargone, ferendo al braccio e quindi uccidendosi. Pare si trattasse di vecchi rancori per questioni di interesse.

19 ottobre

In una cittadina che si stava velocemente ingrandendo, con l’Arsenale della Regia Marina, istituito nel 1895 e he contava circa 50 militari fissi, 117 dipendenti civili e 200 forzati, viene alla luce un allarme per un’emergenza sanitaria. Una Commissione di Vigilanza, stila una relazione sulle condizioni igieniche del Rione ad ovest della Via Italia Piazza della Chiesa, Via Ilva e Via Cairoli. All’Ill. mo Sig. Sindaco, La Commissione composta da: Dott. E. Bassu, Presidente, Biaggi  Pasquale, Spano Paolo, Piras Giovanni, Bertorino Nicolò, Bolasco Vincenzo, Bargone Simone, Ajassa Carlo, Angiolino Gennaro e Marciani Carlo, scrive: avendo compiuti  i lavori dalla S. V. Ill.ma affidatigli con onorifico incarico, crede suo dovere completare con una relazione finale i rapporti quotidiani perché i rilievi fatti siano meglio raccolti e raggruppati, ed emergano le questioni principali sulle quali specialmente occorre fissare l’attenzione. “Chiamati ad esaminare le condizioni igieniche del paese abbiamo dato a questo mandato il significato più ampio, perché l’opera nostra riuscisse completa, corrispondesse allo scopo e giungesse veramente al suo fine di risanare La Maddalena. Siamo stati perciò minuti nell’esame, severi nelle critiche, larghi nelle proposte, non preoccupandoci se il nostro metodo rigido abbia o no ad incontrare resistenze o favori, convinti che tutto bisogna dare all’igiene, che tanto largamente ci ricompensa i nostri sacrifici. Non ci siamo  arrestati dinanzi ad interessi di parte, a difficoltà finanziarie, a sistemi, a principi radicati, e, senz’altro abbiamo proposto. Avremo fatto troppo, ma è questo proprio il caso di dire che il troppo… non stroppia. La rigenerazione del nostro paese reclama uno studio serio e coscienzioso, studio che non è arduo, ma complesso. Sotto un cielo quasi sempre limpido e terso, su di un suolo asciutto, con un esposizione la più sana, con un vento dominante spazzatore, dovremmo godere di più buona salute. La statistica delle malattie e della mortalità invece non conforta in genere, ed è rattristante quella dello stato sanitario dei bambini, di questi piccoli esseri che hanno solo bisogno di cure perché crescano sani e robusti,  che sono l’indice di benessere di questo paese e che ne segnano il grado di civiltà.  Ma qui i bambini muoiono! Da tempo vediamo la strage di questi innocenti e chi ha la pratica professionale assiste pur troppo, ogni anno, a questo triste spettacolo. Quali le cause? Molteplici. Quali i rimedi? Numerosissimi. Due risposte che dicono come tutto sia da farsi per quanto riguarda l’Igiene.  Privi d’acqua, sprovvisti di latrine, agglomerati in grotte e stamberghe senz’aria e luce in questo paese di sole, minati negli alimenti, circondati di traffico, quali mali dobbiamo aspettarci ? Il colera ? Ma il colera è la raffica che passa dopo un po’ di sbigottimento, e sono gli altri mali che restano: la febbre tifoide, il morbillo, la pertosse, il tracoma, la tubercolosi, più micidiali del colera, più radicati, più invincibili. Il grido di guerra lanciato contro il morbo asiatico sia quindi rivolto contro i mali di casa nostra, ringraziando quasi che la minaccia di un’invasione colerica ci abbia fatto aprire gli occhi. I nostri rapporti quotidiani sono pieni di denunzie e di aggiornamenti, e di proposte per dichiarare case inabitabili. Esistono dormitori rimpinzati di brande, dove si affitta anche il sottotetto, pieni di squallore e di miseria, ove l’aria difetta ed il puzzo ammorba, case o meglio ripostigli neri, sotto scale umide, capanne affumicate affittate ad una numerosa classe di persone che non può pagare quasi per nulla la pigione e che invece paga 10 – 15 franchi mensili, frutto magari di elemosina. E’ vergogna per noi il constatarlo, ma è forza dire che un’altra classe di persone sorge accanto a questa e con quattro legni e poche pietre mette su la baracchetta per cacciarvi dentro quei poveri disgraziati senza tetto, che pagano il fitto senza poterlo. Anche questa è una piaga gravissima, una nuova forma di usura, che noi, da buoni igienisti vorremmo risanare con un po’ di bonifica morale. Sorga un dormitorio pubblico che accolga questi diseredati, queste vittime della cupidigia. Provveda l’amministrazione comunale perché nei tuguri restino gli scarafaggi e i topi e non gli uomini. Si costituiscano delle società cooperative sotto il patronato del Municipio, si uniscano i cittadini in uno spirito filantropico e sventrino i quartieri insalubri.  Sorga un istituto per le case popolari che si occupi di questa rigenerazione. A Napoli si costruiscono case ed un vano si affitta per un massimo di 7 lire. Da questo punto dovrebbe partire il risanamento del paese, tenendo presente che demolire i fondaci significa eliminare altrettanti fomiti di infezione. Accanto alle belle vie lastricate e pulite, che suscitano ammirazione e che strappano al forestiero giudizi lusinghieri sulla nostra nettezza, ne abbiamo altre sporche ed irregolari con detriti, ove affiora il granito e le acque non hanno scolo. E’ uno strano contrasto che dà l’idea di un imbellettamento superficiale che nasconde le sconcezze di una toilette abborracciata.! Sono complici in questo stato di cose i cortili privati che mal tenuti e sistemati, immettono per un buco qualsiasi le acque luride e sporche sulla pubblica via. E ciò che attraverso quel buco esce dai cortili e facile immaginare quando si pensi che le famiglie fanno in questi recinti, che sono di sfogo alle loro case anguste e senza cesso, tutte le operazioni della giornata, dalle più intime e riservate a quella della cucina, in mezzo, per giunta, all’immancabile pollame vagante per il fango o costretto e pigiato in sedicenti gallinai tanto che quelle bestiole fanno pena. E quasi non basti a rendere pernicioso questo luogo di abitazione, non mancano le cataste di legna scoperte ed accessibili a qualunque maleficio, i mucchi di pietre che seppelliscono immondezze e trattengono liquidi marci, i muri dirupati o crollanti, i pozzi scoperti. In certe parti dell’abitato poi questo male si allarga e prende proporzioni incredibili per la presenza di scuderie che ammorbano l’aria e la riempiono di miasmi perché piccole, basse, mal tenute, senza scoli né selciati.  Inoltre molti angoli delle vie sono diventati pubblici orinatoi e sono esalazioni ammoniacali gradevolissime dappertutto, specie dove concorrono le larghe clientele delle bettole e bettolini che, ad onor del vero non difettano a La Maddalena. E’ necessario che un sistema di vespasiani sia adottato presso i pubblici ritrovi e si tolga l’immorale ed indecente atteggiamento di cento cariatidi in fila che, a guisa di fontane perenni, danno… rivoli abbondanti. E per giunta questo verificasi anche dove al di sotto passano i canali di fognatura. A tutto, a tutto, si è soliti dire, si provvederà quando appunto questi canali saranno diramati per l’intero paese – e, ritenendo lo stato attuale una conseguenza di necessità, si aspetta per provvedere. Ma anzitutto vediamo che non si fruisce e non si fa fruire di essi dove esistono, eppoi i mali che noi denunziamo sono passibili di altri provvedimenti, senza attendere la soluzione del grave problema che fortunatamente pare palpiti di attualità e agiti le menti dei nostri amministratori. Si rendano igienici i cortili e le scuderie con pavimenti impermeabili e con scoli regolari, con aria e ventilazione, sgombrando l’inutile ed il dannoso, si ricoprano i pozzi scoperti, si diano istruzioni precise e ordini tassativi per la tenuta del pollame e di qualsiasi animale da cortile, si costruiscano vespasiani moderni, imponendone la necessità ai proprietari riottosi e che non volessero intendere l’opportunità del provvedimento. Si disciplini la popolazione nelle ore e nei luoghi di gettito e soprattutto, si sorvegli. A Maddalena si consuma molto e di tutto, data la popolazione promiscua di gusti diversi ed in gran parte composta da stipendiati.  Oltre il dazio lo dicono chiaramente i numerosi negozi di commestibili, le salumerie, le rivendite di vini e liquori, la ricchezza del mercato, non secondo ad altro nell’Isola. Questo grande consumo, che rappresenta la sola risorsa del paese, ha bisogno di essere ben vigilato sia perché in genere, ove più si consuma, più facile è la frode, sia perché ospitiamo un grandissimo numero di forestieri che abbiamo il dovere di proteggere e garantire oltre che dagli… assalti alla borsa, dagli insulti, e dagli attentati allo stomaco ed alla loro salute. Estesa, intensa, rigorosa, oltre che oculata deve essere perciò la vigilanza igienica su tutto ed in modo particolare sui generi di prima necessità: pane, latte, vino. E qui di passaggio dobbiamo parlare dell’acqua, non intendo trattare questo argomento essendo allo studio un possibile progetto che risolva l’eterno problema. Dobbiamo solo segnalare che nelle condizioni attuali in cui una conduttura non garantisce l’uso di acqua buona per la panificazione, occorre visitarne bene i sistemi di provvista, se corrispondono ai precetti voluti. Diciamo questo perché la visita a qualche panificio ci ha male impressionati oltre che perché difettose tutte le altre esigenze igieniche e la nettezza del personale, poco sicuro è il sistema di raccolta dell’acqua dalle inquinazioni o sporcizie (nel caso si voglia obbiettare che il pane deve cuocersi). Abbiamo p. es. visto un locale paragonabile ad un angolo d’arca: asino, galline, tacchini, in luogo melmoso, ed un cesso puzzolente. Tutte cose che, ci pare non vadano d’accordo col genere fabbricato. In generale si può dire che tutti i generi alimentari sono mal custoditi e distribuiti nei rispettivi negozi. Paste scoperte ed esposte alla polvere ed alle mosche nonché al contatto degli abiti dei compratori, che nel passare vi strisciano sopra (si immagini cosa possono fare i cani). Alcuni generi incompatibili fra loro, associati nella vendita,: frutta e carbone, olio e petrolio, latte e rivendita di vini e liquori, assieme, magari, in una camera da letto. Si riduca il numero delle licenze, ciò che gioverà anche per un po’ di temperanza, si esigano i requisiti ai quali devono corrispondere le rivendite, e soprattutto si sorvegli il latte nei recipienti usati per il trasporto, nei luoghi di vendita, nelle adulterazioni e frodi, che il latte a Maddalena fa bisogno quanto l’acqua, avuto riguardo alle malattie dominanti e specialmente a quelle infantili. Se ne conceda lo smercio soltanto nelle latterie vere e proprie ove è più facile che penetri l’occhio del vigile, più che nelle case private. Ed a proposito dell’acqua una raccomandazione. Si studi di poter municipalizzare anche questo servizio perché le botticelle di trasporto siano tutte di un tipo igienico, i recipienti per la vendita più propri e ben tenuti, ed alla sera i carri siano custoditi in luogo sicuro, mentre ora stanno all’aperto o sotto la coda dell’asino nella stessa scuderia. Cala Gavetta; La Commissione dinanzi allo spettacolo, triste davvero, che offre lo stato del nostro porto mercantile, ne deplora il completo abbandono nel quale, per il passato, è rimasto per la supina noncuranza di chi avrebbe dovuto provvedervi, e fa voti ancora una volta a nome della decenza, dell’igiene,  della salute pubblica perché nel più breve termine si ponga mano ai lavori di risanamento. La Commissione di vigilanza, cui esplicitamente è affidato il mandato della denunzia, sente venir meno l’efficacia dell’opera sua presso i cittadini privati, se l’autorità locale che veglia sulla calamità pubblica, per prima dà esempio di trascuranza e non mostra con i fatti come la nettezza sia in quest’ora la salvaguardia del paese. E’ inutile che si disperdano le energie amministrative irradiandole per ogni parte della città se la più grossa sconcezza resta a testimoniare che tutto, interamente tutto, deve ancora farsi per risolvere il problema igienico che da solo basta per assorbire qualche anno di attività da parte di chi presiede alle sorti di Maddalena. Raccomandasi perciò che senza perdita di tempo si prenda in serio esame quanto è convincimento nostro e senz’altro si faccia. Noi abbiamo sentito le vive proteste dei cittadini di quel rione e dei Comandanti la Tenenza e la stazione dei Carabinieri ed abbiamo dovuto condividerle, prendendo formale impegno che ci saremmo resi interpreti presso l’Illustrissimo Sig. Sindaco delle giuste lagnanze, facendone speciale oggetto nella relazione, e che avremmo dedicata a questa causa tutta la nostra buona volontà perché qualcosa di utile e serio esca fuori dall’opera che compiamo, dalle nostre giornate di coscienzioso lavoro. Esprimendo dunque tutta la fiducia nella salutare attività del Sindaco, cui in questo momento tendono trepidanti le speranze dei cittadini, attendiamo da lui la risposta esauriente che la giustizia vuole e la verità delle cose esposte merita. La Commissione, compresa dalla necessità di fare qualcosa e subito, si è recata dall’’Ill.mo signor Comandante di Porto allo scopo di ottenere lo sgombro dello scalo di Cala Gavetta, ove tra le barche tirate in terra si lorda di notte e si fa gettito, ed ove la sporcizia resta perennemente nascosta agli occhi se non …. al naso dei passanti. Ed il signor Comandante di Porto, accogliendo le nostre preghiere, ha subito disposto perché d’ora innanzi lo scalo sia fatto a ponente della Capitaneria. La Commissione sente pertanto il dovere di rendergliene pubblicamente grazie per avere con tanta sollecitudine fatto un primo passo per il risanamento del nostro porto, dimostrando buona volontà e desiderio di riuscire utile al paese. Conclusioni : Dalla esposizione fatta emerge che si impone un piano di risanamento della città, così aperta agli attacchi delle malattie epidemiche, piano che si compendia in questi tre servizi: Nettezza Pubblica – Vigilanza Urbana – Ufficio Sanitario. Gli spazzini sono pochi e fiacchi, le carrette insufficienti al bisogno. La vigilanza urbana lascia a desiderare e dovrà essere più estesa, e dovrà l’occhio dei vigili specialmente inoltrarsi ed affondare nella miseria morale e materiale di vicoli e viuzze delle parti alte del paese. Ad escogitare poi i rimedi, a sviscerare il problema, a metterlo sott’occhio nella sua crudezza ed ampiezza, dovrà provvedere un Ufficio Sanitario che, promuovendo un’azione ampia, concorde, generosa, salvi La Maddalena dal pericolo costante delle malattie infettive che la minaccia. Sono tante le necessità da segnalare, tante le proposte da fare. Tutti i rami dell’igiene reclamano questa istituzione: l’acqua perché si suggerisca il mezzo migliore, il più pratico, positivo e sicuro, che offra garanzie scientifiche fino ad un provvedimento definitivo; l’alimentazione, data la cifra enorme, a cui salgono le malattie dei bambini per trascuranza dell’igiene alimentare, che è la vera chiave di volta dell’edifizio infantile, dalla quale dipendono non solo le malattie dell’apparato digerente, ma anche un’altra parte delle nostre affezioni che minano in un modo o nell’altro queste tenere esistenze; La scuola, che se non corrisponde ai più urgenti bisogni dell’igiene non può efficacemente educare, perché, oltre istruire elevare la mente ed il cuore dell’alunno, deve salvaguardarne la salute, se si vuole sviluppare nei fanciulli la massima energia fisica e morale; la pubblica assistenza perché siano applicati i criteri economici, filantropici, legislativi che reggono le Amministrazioni, con speciale riguardo alla difesa dai mali esotici, alla profilassi ed alla tecnica delle disinfezioni, all’addestramento del personale tutto di vigilanza che dovrebbe avere cognizioni chiare e precise di epidemiologia. Finito così il suo compito, la Commissione sente di dover ringraziare la S.V.I. per avergli dato occasione di contribuire al bene pubblico in un momento in cui tutti gli animi concordemente operavano a pro della difesa comune e le energie cittadine anelavano alla vittoria sul morbo invasore; mentre gli è caro constatare che in quest’ora di calamità pubblica tutti ci siamo ridotti con fiducia illimitata all’igiene, eminentemente benefica, e che essa abbia risposto alle nostre speranze. Da questa tendenza degli spiriti alla venerazione della Scienza traiamone auspicio che l’ammaestramento d’oggi valga a concedere appunto all’igiene tutto il nostro favore, perché solo nella salute del popolo è riposto il benessere delle Nazioni, ed il monito “salus pubblica prima lex esto” sia l’insegna delle generazioni moderne che, ricacciando pregiudizi e leggende, seguono le verità scientifiche, e solo ad esse affidino i propri destini perché l’uomo viva moralmente redento e materialmente protetto, persuase che non rida la casa dove trionfa il genio malefico.