CronologiaMillenovecento

Correva l’anno 1913

La Marina Italiana avviò un ulteriore ampliamento delle fortificazioni di La Maddalena, in quanto base operativa strategicamente indispensabile alla difesa da un eventuale attacco francese. Solo un anno dopo, con lo scoppio della prima guerra mondiale, stravolte le alleanze europee, la base maddalenina fu coinvolta, in modo molto marginale, nelle operazioni di guerra al fianco di Francia e Gran Bretagna. Alla fine del primo conflitto mondiale la crisi economica portò a La Maddalena alla sospensione di tutti i lavori di fortificazione non ancora terminati, trascinando la comunità nel baratro della recessione economica. Poco dopo, con l’avvento del fascismo, l’arcipelago attraversò una nuova stagione. Secondo una rilevazione statistica dei 8.827 abitanti il 48,8% era nativo dell’isola (principalmente di origine còrsa e gallurese), il 28,9% proveniva dal resto della Sardegna (in larga maggioranza dalla Sardegna settentrionale), l’8,7% dall’Italia settentrionale, l’8,4% dall’Italia meridionale (inclusa la Sicilia) e il 4,3% dall’Italia centrale mentre lo 0,6% proveniva dalla Corsica, Francia e resto del mondo. Al 31/12/2009 la popolazione straniera ammontava a 611 unità, pari al 5,1% della popolazione totale. 

Attivati il faro di Punta Filetto a Santa Maria, nell’arcipelago maddalenino, e quello di Punta Sardegna sulla costa di Palau.

Viene organizzato a Maddalena il primo torneo di calcio, vi parteciparono l’Ilva, l’Arsenale Militare, la Marina Militare e la Torres. I maddalenini accolsero con grande entusiasmo il gioco del calcio. Era allora difficile trovare avversari. Le prime squadre sarde “erano costrette a battersi contro i pali della porta in mancanza di avversari“, secondo una simpatica testimonianza dell’epoca.

Restava il vero problema del porto di La Maddalena, non in grado di ospitare un traffico di una certa importanza, perché non si erano ancora trovati sbocchi alternativi a Cala Gavetta, che, per contro, rimaneva un affollato ricovero dei gozzi. Fu così che nel giugno 1913, mancando ancora all’isola una decente banchina di approdo, sebbene già dal 1907 il Governo avesse stanziato 150.000 lire per “migliorare realmente le condizioni del porto”, il Comune riscoprì questi primi soldi, gelosamente conservati dalle precedenti amministrazioni, onde evitare di sprecarli in questa cara, storica, ma troppo angusta cala. Erano sorte, infatti, notevoli perplessità tecniche, prima ancora che politiche, su questo argomento: “Lo specchio d’acqua di Cala Gavetta è talmente ristretto ed interrato che un piroscafo postale adibito alle linee della Sardegna, avente la minima lunghezza di metri ottanta non potrebbe né entrare né accostare ad alcuna banchina anche con maggiori fondali, perché gli mancherebbe lo spazio libero per la manovra. Nelle condizioni indicate, questa ansa può essere soltanto destinata a barche di piccolo traffico con la Costa Sarda e all’ormeggio dei pochi bastimenti adibiti ad uso depositi viveri”. La saggia decisione non sminuì certo per i pescatori locali e per tutti i proprietari di barche da diporto e di bastimenti, l’importanza, nel loro cuore, di Cala Gavetta, con le sue bettole storiche (famosa quella di zì Ghjuannetta), il suo tabacchino o “gabellottu” per i mezzi sigari toscani, le garitte dei doganieri e l’ufficio delle guardie daziarie, ma, soprattutto, l’emporio di Carlo Ajassa, con vendita di “mobili, legnami, ferramenta e materiali edili ed elettrici” entro “un recinto pressoché rettangolare e lungo tutto il perimetro del quale sono ininterrottamente allineati i diversi locali di deposito e di vendita”. Di questo emporio si possono fornire ulteriori dettagli: “Lungo il lato Est trovasi il negozio di vendita al dettaglio, lungo il lato Nord è il magazzino di deposito dei mobili sia nuovi che da nolo, lungo quello Ovest trovansi i depositi dei materiali da costruzione più delicati, mentre gli altri trovano posto nel cortile interno, e finalmente nel lato Sud, oltre il fronte del negozio, è un’officina da falegname per adattamenti riparazioni dei mobili”. Tutto questo “impero” verrà in gran parte spazzato via, senza preavviso, la notte di Santo Stefano del 1926: “L’impeto delle acque riuscì a far saltare la volta in mattoni e cemento che imbrigliava il torrente per un tratto di circa sei metri di lunghezza, smuovendo il terreno circostante, invadendo dapprima il magazzino dei mobili, quindi, abbattendo le vetrate intermedie, precipitandosi nel negozio di vendita e nel cortile interno e di lì invadendo i magazzini dei materiali da costruzione, raggiunse, a seconda del livello dei pavimenti, un’altezza oscillante tra metri 0,60 e 1,20. La stima dei danni non risulta, ma si presumono ingenti. I torrenti avevano preso a correre, quella notte, dopo neppure 10 minuti di pioggia torrenziale e continuarono la loro corsa sfrenata verso il mare, con maggiore intensità di ora in ora, travolgendo tutto, per almeno altre sedici ore consecutive. Poi le acque piovane si sono parzialmente placate, ma i torrenti in piena hanno proseguito imperterriti a precipitarsi dalle colline circostanti in maniera altrettanto tumultuosa per una settimana. In seguito l’andamento delle vadine riprese in maniera meno convulsa, ma sempre sostenuta”. Ovviamente, al termine di questa inondazione Cala Gavetta dovette essere ancora una volta dragata, perché la chiglia dei gozzi toccava ormai la melma convogliata in mare dall’impeto delle piogge. Figurarsi i bastimenti da carico… (Giancarlo Tusceri)

25 gennaio

Alghero. Si costituisce la prima cooperativa tra pescatori dell’isola. Vi aderiscono circa 3.000 soci.

22 febbraio

Gravi inondazioni in Gallura e nel Nuorese. Il Coghinas e il Cedrino rompono gli argini allagando centinaia di ettari.

9 marzo

Nove barche da pesca naufragano nel golfo dell’Asinara e 11 nel mare di Alghero. 4 le vittime.

23 aprile

Nella acque della Maddalena la torpediniera 128 S sperona per errore di manovra la torpediniera d’alto mare Orione (comandante, tenente di vascello Domenico Montese) riportando danni estesi riuscendo però a entrare in porto con i propri mezzi mentre l’Orione subisce danni lievi. Il 13 maggio la torpediniera 128 S sarà rimorchiata a Spezia dal trasporto Verbano per i lavori di riparazione presso il locale arsenale che avranno termine il 1° luglio per riprendere il successivo 6 servizio con la Guardia di Finanza. La 128 S faceva parte del nucleo di torpediniere che l’1 settembre 1908 erano state cedute alla Guardia di Finanza per operare servizio doganale nella zona di mare della Gallura con base alla Maddalena. L’Orione sarà trasferito a Napoli per i lavori.

26 maggio

Sbarca a La Maddalena, il fotografo Vittorio Alinari (Firenze 1859 – Livorno 1932). Appartenente alla famiglia degli Alinari, titolare della casa fotografica Fratelli Alinari, fece due viaggi fotografici in Sardegna tra il 1913 e il 1914. Il primo consistette in una circumnavigazione dell’isola (da Golfo Aranci a Cagliari e poi risalendo lungo la costa occidentale); effettuata nel maggio del 1913 a bordo dello yacht Il Trionfante, accompagnato dal pittore Guido Spadolini, padre del professor Giovanni, futuro presidente del Consiglio nell’Italia repubblicana, toccò anche Caprera, dove rischiò di essere cannoneggiato dalle postazioni della Marina poste a difesa dell’isola. Il secondo lo fece nell’aprile del 1914. Si trattò di due soggiorni brevi ma molto significativi, nei quali Alinari eseguì delle bellissime fotografie che furono la base del suo libro Diario di viaggio in Sardegna, pubblicato nel 1915. “In un mio primo viaggio in Sardegna (26 Maggio -12 Giugno 1913), ne visitai quasi esclusivamente le coste. Lo scopo era di prenderne fotografie che potessero servire a studi geologici. Il Ministero della Guerra e quello della Marina volevano profittare di quest’occasione per fare eseguire dei rilievi interessanti la difesa nazionale offrendomi, a tale scopo, una torpediniera, della quale però non potei servirmi, per ragioni mie particolari. Era invece a mia disposizione un Yacht, II Trionfante, a bordo del quale, in compagnia di amici e di mio figlio, partii da Livorno con l’intenzione di prender terra al Golfo degli Aranci. Il Capitano giudicò più utile gettar l’ancora alla Maddalena, e poco mancò non pagassimo a caro prezzo questa sua deliberazione, poiché un semaforo, presso il quale passavamo sull’imbrunire, sparò contro noi due colpi di cannone, fortunatamente a polvere e ce ne avrebbe inviato un altro a palla, se il capitano accortosi finalmente della dimenticanza, non avesse sollecitamente risposto ai segnali e fermato l’Yacht. Sollecitamente è un’espressione che non corrisponde perfettamente alla situazione. L’Yacht sul quale eravamo imbarcati era di origine francese, da pochi giorni naturalizzato italiano. Il solo libro per le segnalazioni che esistesse a bordo era scritto in francese e nessuno dell’ equipaggio, compreso il Capitano, conosceva quella lingua. Eravamo noi passeggeri che servivamo da interpreti, ma a nostra volta, non conoscendo i segnali, avveniva un certo ritardo nella trasmissione, ritardo che se poco mancò ci fosse fatale alla Maddalena, fu causa di gravi complicazioni in altra occasione, come, a suo tempo, verrà accennato. Fornito di lettere del Ministro della Marina e del Ministro della Guerra, fu mia prima cura recarmi a ossequiare le autorità militari, per intendermi seco loro, circa le fotografie che sarei stato autorizzato ad eseguire nell’estuario. Un sotto ufficiale m’accompagnò a Caprera. Visitando la tomba dell’Eroe nazionale, ebbi notizia che Donna Francesca Garibaldi avrebbe desiderato essere fotografata sulla tomba del Duce. Così potei eseguire varie vedute del cimitero famigliare, con Donna Francesca Garibaldi presso la tomba del marito e del figlio Manlio, nonché della casa di Garibaldi, di un masso granitico posto in vicinanza del mulino, suo luogo di riposo preferito, e del pittoresco spiazzo entro il quale desiderava essere cremato. L’accoglienza di Donna Francesca Garibaldi fu squisitamente cortese. Ebbi così modo di visitare tutta la casa di Garibaldi e in particolar modo la camera ove morì e le altre stanze, dove si conservano vari cimeli ed alcuni suoi intimi ricordi, ne Donna Francesca volle lasciarci partire senza prima averci regalato alcune ciocche di gerani, colte sulla tomba dell’Eroe. A bordo di una barca a vapore, per quanto sconsigliato dai competenti, volli visitare tutto l’estuario, e recarmi, doppiando Capo Figari, al Golfo degli Aranci, e alla Tavolara, per i Romani Bucina, fotografando questa isola nei più pittoreschi punti delle sue frastagliate coste. Fu nelle acque della Tavolara che avvenne la battaglia navale fra il console Cornelio e una squadra Cartaginese ricoverata nel Golfo di Olbia (Terranova), battaglia che terminò con la sconfitta della flotta Cartaginese e segnò il principio della decadenza del potere africano nell’isola. Esaurirà la provvista del carbone e dell’olio, in balia del mare, non troppo tranquillo, per il vento di levante che ne sollevava i flutti, ebbi aiuti dal Capitano del Caprera, che mi provvide dell’occorrente per riprendere la rotta; ma non fu che dopo 12 ore di navigazione, dedicata in gran parte alla caccia, poco fortunata ma emozionante, di animali acquatici, e. all’esecuzione di poche fotografie, che digiuno, assetato e mezzo morto dalla stanchezza, potei rientrare a bordo dell’Yacht, mentre annottava, e i miei cominciavano a stare in angustie. La costa dell’estuario della Maddalena, tutta frastagliata, è oltremodo pittoresca; il granito di cui è in massima parte composta, in alcune parti ha preso delle forme assai strane; ricorderò l’isola di Lu’nfarru, rassomigliante ad una città antica, devastata da convulsioni telluriche e più ancora Capo d’Orso che offre, come duemila anni fa, all’epoca di Tolomeo, l’aspetto di un orso bianco. La roccia granitica deve essere di una consistenza straordinaria, se più di venti secoli non sono bastati ad alterarne le forme. Lo schizzo qui riprodotto è tolto in parte da un’incisione del La Marmora e dagli appunti che ho potuto fornire a mio figlio Giorgio, che non mi accompagnava in quell’escursione. Purtroppo le poche pittoresche vedute, prese nell’estuario, sono andate quasi tutte perdute. Sembra che in particolar modo interessassero la difesa del paese, e amore di patria me ne impose la distruzione“.  

3 giugno

Viene celebrato nella massima riservatezza, il “il primo matrimonio evangelico nell’isola”, tra il dottor Renzo Larco, giornalista del Corriere della Sera e Alma Bemporad, poetessa e pittrice. La cerimonia si svolse a casa dello sposo, nel corso Vittorio Emanuele, al primo piano. Testimoni furono Pietro Sabatini e Lisa Clerico. Il matrimonio “per varie ragioni fu benedetto privatamente, ma la testimonianza fu resa ugualmente, tutti sapendo nel paese, ove la famiglia Larco è stimata fra le prime….”

5 luglio

Ricciotti Garibaldi invia il busto di Anita a casa dell’amico Battista Tanca informandolo che il 21 dello stesso mese sarebbe arrivato con una commissione di garibaldini, incaricati di deporre il busto accanto alla tomba dell’Eroe. Per qualche giorno il busto venne esposto nel negozio di un certo Bargone Andrea ma la cerimonia fu fatta solamente 21 anni dopo nel 1934 e la scultura rimase conservata in casa del Tanca e venne deposta in Pizza Umberto I con una solenne cerimonia nel mese di settembre dalla moglie di Ricciotti, Donna Costanza.

25 agosto

Viene approvata la legge per delimitare la zona di pesca tra l’Italia e la Francia nelle Bocche di Bonifacio, a norma della Legge N. 1040 del 25 agosto 1913, che approvava la convenzione italo-francese per la delimitazione delle zone di pesca fra la Sardegna e la Corsica. (Pubblicata nelle Gazzetta Ufficiale del 16 settembre 1913, n. 216) ” N. 1040, legge 25 agosto 1913, che approva la convenzione italo-francese per la delimitazione delle zone di pesca fra la Sardegna e la Corsica.
(Pubblicata nelle Gazzetta Ufficiale del 16 settembre 1913, n. 216)

VITTORIO EMANUELE III per grazia di Dio e per volontà della Nazione RE D’ITALIA
IL Senato e la Camera dei deputati hanno approvato; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:

Art. 1.
Piena ed intera esecuzione è data alla convenzione tra l’Italia e la Francia, firmata a Roma il 18 gennaio 1908, per la delimitazione delle zone di pesca fra la Sardegna e la Corsica, le cui ratifiche furono scambiate in Roma addì 5 agosto 1913.
Art. 2.
Al testo francese della convenzione è unita, e sarà contemporaneamente pubblicata, la sua traduzione italiana.
Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Sant’Anna di Valdieri, addì 25 agosto 1913.
VITTORIO EMANUELE.
Di SAN GIULIANO — MILLO.
Luogo del Sigillo. V. Il Guardasigilli : C. FINOCCHIARO-APRILE. “

3 settembre

Tratto dalla pubblicazione “Promemoria sulla piazza di Maddalena” scritto dal Capo di Stato Maggiore della Marina e datato da Golfo Aranci, 3 settembre 1913; il documento, come tutte le altre notizie di questo tipo, si trova presso l’Ufficio Storico della Marina Militare di Roma: “Deve essere tenuto presente che per le possibilità della flotta di giovarsi di La Maddalena, è di importanza vitale per la difesa marittima dello stato, perché è questa la sola posizione che consente , per la doppia uscita e per la sua ubicazione, di contrastare il dominio del Tirreno e del Mediterraneo occidentale contro un flotta superiore. La sua funzione strategica e dunque assai diversa da quella delle altre nostre basi ; non è un centro di rifugio, ma è una posizione di manovra senza possibili sostituzioni; con inferiorità di forze mobili e senza l’appoggio di Maddalena le nostre sorti sul mare dovrebbero considerarsi grandemente precarie”. Il promemoria illustra quindi tutta una serie di provvedimenti che avrebbero allargato il perimetro difensivo della base, potenziando le isole di Spargi e Razzoli, cioè i punti più vicini alla Corsica e più idonei al controllo delle Bocche di Bonifacio, mettendo in evidenza che: “numerose informazioni concordano nel far ritenere che sia nelle mire della Francia di fare un’azione rapida e vigorosa contro La Maddalena: si ha notizia che si accrescono i contingenti di truppe nel sud della Corsica e che ivi si lavora a preparare punti di appoggio per le forze navali”.

4 settembre

Vittorio Emanuele III si reca in visita a Santa Teresa come ultima tappa del viaggio privato in Gallura con sosta a Golfo Aranci, Terranova, Tempio e Palau: davanti alla Torre improvvisa una “lezione di storia” ricordando l’operato di Vittorio Emanuele I, nel 1808, a favore della nascita del Paese.

20 settembre

La nuova Centrale Elettrica, gestita dal 1909 dalla ditta rappresentata all’Isola da Carlo Mazza, che era stata edificata con vicissitudini varie proprio alle spalle dell’area dell’emporio Ajassa, e che aveva iniziato ad erogare luce nelle case del centro storico, soltanto il 20 settembre 1913, senza l’opportuno collaudo, sostituì i fanali a petrolio lungo il porto.

Inaugurazione dell’illuminazione pubblica con energia elettrica. Viene lanciata la corrente in città. La nuova Centrale Elettrica, gestita dal 1909 dalla ditta rappresentata all’Isola da Carlo Mazza, che era stata edificata con vicissitudini varie alle spalle dell’area dell’emporio Ajassa, e che aveva iniziato ad erogare luce nelle case del centro storico, soltanto il 20 settembre 1913, senza l’opportuno collaudo, sostituì i fanali a petrolio lungo il porto. Stranamente nessuno aveva collaudato l’impianto e questo sebbene l’art. 64 del Capitolato d’oneri recitasse esplicitamente che “nessuna parte dell’impianto potrà essere messa in esercizio, senza che essa sia stata verificata e riconosciuta conforme alle regole d’arte e alle prescrizioni municipali”. Per correre ai ripari si chiese al Direttore del Regio Cantiere che facesse collaudare il tutto da un suo funzionario tecnico. Siccome questi rispose alla moda di Cambronne, ci si rivolse all’Ammiraglio, che non poté non rispondere allo stesso modo. Quando, poi, Carlo Mazza offrì al Comune, in garanzia, il fabbricato della Centrale, si dimenticò di dire che il fabbricato apparteneva al fratello, che non faceva parte della Società e che pertanto al legittimo proprietario andava versato un affitto per 25 anni. Interrogato in merito, da parte di un funzionario statale, il Sindaco Giuseppe “Susini (…) si scusò col dire che l’esercizio della luce elettrica fu permesso (ad onta del non avvenuto collaudo) per corrispondere al desiderio della popolazione e riversò poi, sul defunto segretario Chelo, la colpa della mancata iscrizione ipotecaria“. Lo studio per la realizzazione della centrale elettrica è del 1909, e vene affidato all’ingegnere della ditta Siemens Schuckert (deliberazione 2585 del 29 Maggio). Il 18 Aprile 1911 il consiglio decideva di bandire la gare apposita. Concorsero diverse ditte: la società Elettrotecnica-meccanica di costruzioni con sede in Roma; la Ditta Cesare Lighieri & C. la quale non indicò il suo indirizzo ordinario, ma provvisorio, a La Spezia; la ditta Guardigli e Scalia, con residenza a Roma; la Società elettrotecnica industriale con sede in Roma. La Giunta aggiudicò l’appalto a Ditta Lighieri e Mazza, per 25 anni, e con il canone di £. 12.500. La Giunta chiedeva altresì al Prefetto di poter concedere in uso l’impianto preesistente e l’esercizio globale. La Giunta Provinciale obiettò, ma di fronte alle controdeduzioni del Comune, finì con l’approvare. Nel 19 febbraio 1912, a seguito di lungaggini assurde, il prosindaco del momento minacciò di rescindere il contratto. Il Collegio Elettrotecnico di Roma, intanto, chiedeva che si ribandisse la gara per far partecipare “soltanto le ditte elettrotecniche capaci di garanzie sulla perfettibilità dell’impianto e sulla regolarità dell’esercizio”. La Società Lighieri & C. per tutta risposta trasferì la propria sede a La Maddalena (notaio Culiolo) e fissò il suo capitale sociale a £.30.000. Il Sindaco, poiché i lavori della Ditta in questione procedevano per le lunghe, intimò di far pagare delle penali. Finalmente, il 20 Settembre 1913 si poterono accendere le lampadine. A Cala Gavetta tre fanali elettrici furono piazzati tra gennaio e febbraio 1914, dato che il Comune si impegnò a pagare il giorno 6 di febbraio, la lavorazione di tre basamenti in granito e la loro posa in opera per erigervi le apposite colonne reggi lampade.

25 ottobre

Elezioni politiche. Viene eletto per la prima volta un deputato socialista, Giuseppe Cavallera.

19 novembre

Il Comune di La Maddalena è invitato a partecipare alla Mostra Internazionale Marittima di Genova con manufatti di bisso ricavato dalla Pinna nobilis: la risposta è negativa perché questo tipo di lavorazione è del tutto cessato.