Correva l’anno 1924
A Bonifacio, entra in funzione una pompa che spinge l’acqua da Longone fino al Castello d’acque del Torrione: si alimentano, così, le fontanelle pubbliche.
Attivato il faro di capo d’Orso.
Iniziano ad operare le cave di granito nell’area di Villamarina sull’isola di Santo Stefano e vennero definitivamente abbandonate nel 1964. In questi quarant’anni, l’Impresa che si occupò dell’estrazione fu quella di Stefano Schiappacasse (divenuta in seguito Società Industriale Santo Stefano). Il proprietario Battista Serra ne condusse la direzione con la collaborazione del fidato braccio destro Marcello Molinari fino agli anni 50, per poi lasciare il posto al figlio Pasquale, socio della Società Industriale S. Stefano. Gli scalpellini impiegati nei siti più importanti come cava Viviani, cava Fontanella e Cala Levante, arrivarono ad essere anche 180 unità; per un certo periodo, queste cave erano sicuramente le più attrezzate d’ Italia con la centrale di aria compressa e tubazioni che le collegava tutte; inoltre potevano usufruire anche di macchine di movimentazione, pulegge di rinvio e gru su binari per il carico del materiale sui carrelli fino al punto di imbarco. Esistono due porti naturali con banchinamento (Villamarina e cala di Levante) che permettevano il carico di più bastimenti contemporaneamente. Nella cava Fontanella è ubicato il lavoro più importante realizzato per lo Stato italiano, il busto di Costanzo Ciano, statua di circa 18 mt. di altezza che doveva essere posizionata sulla collina di Monte Burrone a Livorno e che, causa la caduta del fascismo, è rimasta all’isola di S. Stefano, quale simbolo di quell’Italia che non esiste più. Altre importanti forniture di granito dell’Isola di S. Stefano: per Colonnato CARIPLO (Ca’ de Sass) di Milano in via Verdi; Banca d’Italia di Cagliari; Banca d’Italia di Roma (ampliamento); Banca d’Italia di Palermo; BNL di Cagliari (rivestimento); Palazzo di Giustizia di Pisa: Porti di Venezia – Genova – Napoli – Livorno – Savona – Imperia – Bengasi – Tripoli; Bacini di carenaggio di Genova – Napoli – Taranto; Rivestimenti con bolognini di diverse dighe alpine; Monumento a Marconi; Nuovo Politecnico di Torino. L’ultima mina venne esplosa nell’anno 1959 ma, come già detto, i lavori continuarono fino al 1964. Queste cave hanno un fascino particolare perché conservano ancora quella “patina” di storia che la nostra mente non potrà mai cancellare; una visita è d’obbligo, cercando di percepire, ad occhi chiusi, il rumore dello scalpello che colpisce la roccia.
5 gennaio
Con decreto firmato da Mussolini si sospendono le pubblicazioni del quotidiano l’Unione Sarda. Il giornale è accusato di fomentare il bolscevismo. Sono tratti in arresto il direttore della tipografia e alcuni suoi collaboratori accusati di aver stampato dei manifesti comunisti commissionati da uno sconosciuto.
2 marzo
Esce a Sassari, in opposizione a ‘‘La Nuova Sardegna’’, il quotidiano ‘‘L’Isola’’, diretta emanazione del PNF. Cesserà le pubblicazioni nel 1946.
Marzo
Nel corso della campagna elettorale i fascisti causano disordini ovunque, impedendo lo svolgimento dei comizi delle liste non fasciste.
6 aprile
Le elezioni si svolgono in un clima di gravi intimidazioni da parte dei fascisti. La lista del PNF ottiene il 61% dei voti; quella sardista il 17%e 2 deputati (Lussu e Mastino); la lista della ‘‘stella’’ (Opposizione costituzionale) ottiene l’8% dei suffragi ed elegge Mario Berlinguer; i popolari eleggono Palmerio Delitala; socialisti e demosociali non eleggono nessun deputato.
21 maggio
Si conoscono i nomi degli acquaioli e alcune storielle collegate alle loro risse e alle loro corse sfrenate durante il loro servizio quotidiano, nei momenti di particolare siccità; sapevamo di alcuni aneddoti sui loro animali, ma certo non ne conoscevamo la storia. Ora, il quadro si completa. A maggio del 1924 sapevamo, per esempio, che gli acquaioli erano in fermento. Salvatore Soro, Pietro Culeddu, Andrea Lella, Salvatore Delogu, Salvatore Ledda, Antonio Onorato, Sebastiano Todde, Angelino Todde, Luigi Onida, Antonio Conti, Tripoli Apogeo, Antonio Filigheddu, Francesco Azara e Raimondo Mattana avevano segnalato al Commissario Prefettizio dott. Pietro Demurtas tutto il malessere di una categoria al servizio della collettività, nelle cui file, però, “si annida qualche testa calda”. “Da tempo – scrivevano gli acquaioli – noi siamo tutti al punto da doverci compromettere e sporcare la fedina penale, soltanto perché con gli acquaioli lavora la signora Grondona Vincenzina, donna che tutti minaccia, che tutti maltratta, che a tutti parla male ed insulta, (…)”. Gli acquaioli chiedevano al Commissario Prefettizio che i due carri di proprietà della donna venissero affidati uno al figlio e un altro a diversa persona, affinché non fosse più consentito che lei si presentasse alla fonte. Vincenzina Grondona, a seguito di ulteriori accertamenti da parte del capoguardia dell’epoca, era stata così sospesa per un mese dal servizio, a partire dal 21 maggio. Il provvedimento era stato adottato con manifesto pubblico, a seguito di apposito decreto. Tuttavia, nel retro del foglio, sempre a firma del Commissario Demurtas, si poteva leggere: “Si richiama in servizio la Grondona Vincenza a datare 5 giugno 1924, con diffida che se non dimostrerà di essersi emendata, farò provvedimento in piena conformità con pubblico decreto”. Ne consegue che la pena, forse per questioni umanitarie, o forse per evitare ulteriori fastidi, era stata dimezzata. Ma Vincenzina Grondona non era l’unica ad infrangere le regole imposte dal Comune agli acquaioli, visto che l’8 luglio si sospendeva per 15 giorni dal servizio anche Angelino Tedde, reo di aver voluto “sorpassare col proprio carro quello condotto da Grondona Vincenza”, investendolo e spezzandogli un raggio della ruota. Egli “inoltre strappava di mano della stessa Grondona un bastone, minacciando di percuoterla”. Il 16 gennaio 1926 l’acquaiola Vincenza Grondona veniva indicata alle autorità comunali come la responsabile di una serie di incidenti dovuti al tipo di animale di cui si serviva per avere un carro più veloce e competitivo. I trucchi del mestiere, infatti, erano tanti. Il cavallo non castrato raggiungeva con corsa folle e disperata ogni cavalla che si trovasse davanti, per verificare se fosse in calore. E quando questo succedeva, però, erano guai. Il solito Princivalle ebbe a scrivere al Commissario Prefettizio una dettagliata relazione sui fatti segnalati. “L’acquaiola Vincenza Grondona pel trasporto del carro-botti ha attaccato un cavallo intero, il quale già parecchie volte, sentendo i fremiti sessuali è diventato furibondo, gettandosi su altri animali. Oggi, per esempio, si gettò su un asino che era attaccato ad un carretto di tale Francesco Sculafurru, causandogli la rottura delle stanghe, e poscia s’avventò su altro cavallo attaccato al carro di Giuseppe Serra, causandogli la rottura di una stanga. A scanso di ogni responsabilità, riferisco che detta bestia potrebbe causare altri maggiori danni, ed è di serio pericolo per il pubblico, poiché il più delle volte la conduttrice l’affida ad una sua figlia invalida e di gracile costituzione, come pure quando è intenta per la distribuzione dell’acqua nelle case e deve lasciare il cavallo per più ore incustodito nella pubblica via”. Questo cavallo per così dire “viziato”, di nome Baio, animò ancora il rapporto del capoguardia Princivalle il 29 gennaio di quell’anno. “(…) L’acquaiola Grondona Vincenza per il traino del carro – vendita – acqua ha un cavallo intero (noto come Baio di anni 8, alto m.1,47), il quale è viziato, tale da gettarsi su altri quadrupedi, mettendo in serio pericolo l’incolumità dei conducenti e dei cittadini. Esito di tale serio riferimento fu che la Grondona munì di museruola la bestia che per tale modo non poteva mordere, ma nonostante questo sussisteva sempre il pericolo accennato. Tant’è vero che detta bestia ebbe a gettarsi sul cavallo (noto come Peppinello, maschio intero pure lui, alto metri 1,56, di colore grigio ferro) che trainava un saltafossi del sig. Berretta Natale, tanto che questi riportò contusioni di qualche entità. Si gettò altresì sul cavallo che trainava la vettura pubblica del cocchiere (…) Alessandro, mettendo in varia apprensione e provocando spavento nei passeggeri fra i quali figurava la signora del Capo di Stato Maggiore della locale piazza marittima. Oltre tutto ciò pare che a volte il carro trainato da detto cavallo ebbe a rovesciarsi, come lo fu il 27 corrente nei pressi di Cala di Chiesa, riportando la stessa Grondona e figliola lesioni fortunatamente non gravi. Per quanto riferito è imprudenza il lasciare la stessa addetta al servizio che presta col descritto cavallo, che deve sostare incustodito, il più delle volte, nelle vie del paese; come a detta di persone competenti, non è adatta al governo della detta bestia la Grondona, donna inesperta, né la sua figliola, ragazza gracile e invalida”.
24 maggio
Curioso incidente nel porto di Bonifacio due bambini di 11 e 12 anni salvano un altro bambino di 6 anni dall’annegamento.
1 giugno
Prima visita pastorale del vescovo Morera.
10 giugno
Politicamente gli scalpellini erano quasi tutti socialisti, contrari al fascismo e dovettero subire per questo qualche violenza; la necessità di mantenere il posto di lavoro comportava per i più prudenti qualche compromesso, silenzi o discrezione nel manifestare le proprie idee, che non valsero però a salvarli dalla prepotenza di alcuni che mostravano, in queste occasioni, il loro lato peggiore, purtroppo accettato e giustificato dal potere costituito. Dopo la morte di Giacomo Matteotti la Federazione del Partito Socialista di Sassari organizzò una colletta per erigere un monumento commemorativo e gli operai delle cave maddalenine contribuirono in massa secondo le loro possibilità con una, due, o anche dieci lire. Responsabili della divulgazione delle idee socialiste, e anche anarchiche, furono certamente gli operai toscani, liguri e piemontesi, venuti alla fine dell’Ottocento e all’inizio del Novecento, portando con loro esperienze di rivendicazioni e di lotte sociali sconosciute nella nostra isola; idee che si propagarono e fecero presa, creando un positivo sottofondo comune di aspirazioni, una diffusa tendenza all’impegno sociale, un amalgama che nessuna categoria alla Maddalena aveva mai conosciuto.
5 luglio
Visita della Regina Margherita a La Maddalena.
17 luglio
Muore a Rioffredo Ricciotti Garibaldi. Ricciotti, il più piccolo dei quattro figli di Giuseppe e Anita Garibaldi, nacque a Montevideo il 24 febbraio 1847. Pochi mesi dopo la nascita, segue il resto della famiglia a Nizza. Dopo la morte di Anita, e poi anche di sua nonna paterna (1852), avvenuta durante l’esilio del padre in America, Ricciotti fu prima affidato ai padri gesuiti della città, e poi, intollerante alla vita universitaria, si unì alla sorella Teresita, affidata all’Epoux de Nice Deundry.
Ricciotti visse diversi anni a Londra, ospite dell’amica ed ex fidanzata del padre, Emma Roberts, che si occupava delle cure mediche del ragazzo e della sua educazione. Prima di raggiungere la famiglia a Caprera, il ragazzo ha frequentato il New Brighton College di Liverpool.
A Caprera, Ricciotti ha partecipato ai lavori in fattoria e coltivato la passione per la chimica realizzando un piccolo laboratorio dove ha eseguito vari tipi di esperimenti.
Il primo impegno di Ricciotti sui campi di battaglia risale al 1866, per la liberazione di Venezia; l’anno successivo ottenne la sua prima medaglia d’argento alla battaglia di Bezzecca. In Francia si distingue nelle campagne vosgiane, con il padre e il fratello Menotti, dove ottiene la posizione di maggiore a Digione.
Sposò l’inglese Costanza Hopcraft e visse con lei prima in Australia poi a Roma dove intraprese carriere politiche e imprenditoriali, con scarsi risultati. Nel 1897 tornò in battaglia nella guerra greca, dove, alla testa di mille camicie rosse, respinse eroicamente i turchi nella battaglia di Domokos.
Con la moglie, hanno avuto dieci figli, il cui diretto discendente porta il nome della famiglia Garibaldi continua. Ricciotti morì a Riofreddo il 17 luglio 1924 ed è sepolto nel Verano.
Curiosità: Ricciotti prende il nome da Nicola Ricciotti, patriota ucciso dai Borbone durante la spedizione dei fratelli Bandiera (1844).
29 dicembre
Tempio Pausania. Processo contro i maggiori esponenti del fascismo locale imputati di violenza privata e danneggiamenti, per aver bruciato le copie del giornale ‘‘La Nuova Sardegna’’ e bastonato due redattori dello stesso quotidiano sassarese.