CronologiaMillenovecento

Correva l’anno 1932

Le carrozzelle in Piazza Umberto I “… Apogeo Nicola con cavallo Multinu, con stella prolungata in fronte; Apogeo Mario con cavallo marchiato G.P.; Fanti Alfredo con cavallo Pippo stellato, balzano destro posteriore, baio; Fanti Leonardo con cavallo Peppinello, grigio, con corona su natica sinistra marchiato F.A.; Galleri Pietro con cavallo Murtinu; Ranedda Tomaso con cavallo Stedor, castano, balzano piedi posteriori …… ” Notizie sui cavalli delle carrozzelle in servizio nella Piazza Umberto I, tratte dai Verbali Del Commissariato Militare, a nome “Requisizione Quadrupedi” del 1932

Dopo un lungo periodo di crescita che pareva inarrestabile, con soddisfazioni economiche e morali per la SEGIS, la vera crisi si fece sentire a partire dal 1932 e, a causa di diversi fattori che vennero sommandosi o sostituendosi l’uno all’altro nel tempo, divenne praticamente inarrestabile. Essa fu in un primo tempo rintuzzata, combattuta con la eliminazione della concorrenza e diede l’impressione di non aver scalfito la solidità della ditta; fu quindi sospesa e rimandata con la testarda gestione di Grondona che si sostituì praticamente agli altri soci; fu vissuta come un periodo di passaggio durante la seconda guerra mondiale; fu scambiata con una lenta ma possibile ripresa negli anni successivi; divenne, infine, lenta agonia fino alla chiusura definitiva. I problemi del 1932 erano determinati dalla generalizzata diminuzione dei consumi che aveva interessato privati ed enti pubblici: il primo segnale era dato da Genova che, mentre fino a quel momento aveva mantenuto costanti gli acquisti di granito per pavimentazioni, ora rallentava decisamente gli ordini. Malgrado l’azienda reggesse bene impiegando circa 300 operai, appariva evidente e preoccupante la concorrenza delle cave situate sulle coste; non più solo all’Elba, ma, più pericolose, in Sardegna: a quella ormai consolidata di Schiappacasse a Santo Stefano, se ne erano aggiunte di nuove ad Arbatax e a Terranova. Di fronte ai prezzi di vendita che continuavano a precipitare, la mano d’opera incideva per “l’80% dei costi del prodotto”. I tentativi di far intervenire la direzione dell’Associazione degli Industriali perché convincesse i rappresentanti dei lavoratori ad accettare una diminuzione dei salari aveva appena alleviato la situazione, senza riuscire a risolverla. I dirigenti SEGIS ne davano un succinto quadro nell’assemblea generale dell’anno: “Dopo discussioni a Sassari, a Roma si è ottenuta una diminuzione delle paghe del 5% poi una ulteriore riduzione del 10% per gli scalpellini, del 5% e 2% per i manovali. I tacchi che nel 28 si vendevano a 130 lire oggi si vendono a 80″…..

La rivista L’Italia Letteraria organizzò una “crociera” che, per dieci giorni, visitò la Sardegna, era definita, dal periodico stesso, “una delle parti meno conosciute d’Italia”. Al viaggio era abbinato un concorso che prevedeva un premio per il miglior resoconto del viaggio stesso, la giuria del premio era composta da Grazia Deledda. Un giovane Vittorini, partecipò con lo pseudonimo di “Amok”, e vinse ex aequo con Virgilio Lilli. L’arrivo dei crocieristi (25 per l’esattezza) susciterà scalpore. L’itinerario aveva toccato Terranova (l’odierna Olbia), Tempio e la Gallura, l’Anglona, Sassari, Macomer, Nuoro, Oliena, Oristano e Mussolinia d’Arborea, Iglesias, Cagliari, poi Sant’Antioco e Carloforte, Porto Torres, Palau e come ultima tappa La Maddalena. Il libro di Elio Vittorini uscì in volume solo nel 1936, presso l’editore Parenti, con il titolo Nei Morlacchi Viaggio in Sardegna. Vittorini rielaborò quest’opera per vent’anni giungendo nel ‘52 all’attuale versione, che fu pubblicata con il titolo Sardegna come un’infanzia, presso l’editore Mondadori. Il lavoro di Virgilio Lilli, invece, fu pubblicato in forma di articolo, su L’Italia Letteraria. Il diario di Lilli è stato pubblicato solo nel 1999 dall’editore Carlo Delfino con il titolo Viaggio in Sardegna. Un giovane Vittorini, nato a Siracusa nel 1908, ha raccontato la Sardegna con una prosa intensamente lirica e uno sguardo nuovo gettato su un’isola ancora immutata. Intenso e raffinato, non fu solo un diario di viaggio, ma un’opera dalle diverse letture, con immagini che rimangono nella mente come la descrizione delle querce da sughero che “hanno i tronchi che sanguinano”. Lo splendido, e molto ripetuto, ritratto di Cagliari che gli appare dal mare “La città ci è apparsa sopra un monte metà roccia e metà case di roccia, Gerusalemme in Sardegna”. Lo scrittore siciliano autore di Conversazione in Sicilia (1941) e il romanzo della Resistenza Uomini e no (1945), descrive l’isola con queste parole: “Alla Maddalena la pioggia viene giù così aspra da suscitare rumori incredibili…Passiamo tra battelli neri, tra vele che ammainano, in mezzo a una folla di barche…Abbordiamo contro riva sopra il piazzale deserto, percorso dai rapidi vapori della pioggia…Verso Caprera il mare spumeggia come di un subacqueo voltolamento di delfini…C’è anche un intenso aroma di basilico, nella terra bagnata, e un filo di fumo nell’aria su da un comignolo”. A Caprera Vittorini non si commuove di fronte alla tomba dell’Eroe ma di fronte alle casette a un piano costruite da Garibaldi: “Non fu retorica ritirarsi qui… Venne a farsi re in Sardegna, anche lui come Brancaleone Doria…e c’era il piacere di un ragazzo, in lui, che gioca a Robinson. L’aratro; il banco da falegname, la barca”. Virgilio Lilli, anche lui giovanissimo, di un solo anno più grande di Vittorini, nato a Cosenza nel 1907, è stato un giornalista, pittore e scrittore. Da giornalista ha raccontato il secondo conflitto mondiale, l’azione franco-inglese su Suez nel 1956, il Vietnam. Esperto di guerra, la considerava una realtà che “non amo, e della quale trema, dal giorno che sono nato, il mondo”. La Sardegna da lui narrata, sembra, una semplice descrizione di immagini e luoghi, invece lo sguardo sempre attento del giornalista che si sofferma sul particolare e si allontana dagli stereotipi del periodo, si coglie immediatamente: “Nuoro…una lunga, grande strada simile ad una spina dorsale, e ai lati – come foglie su un ramo – viuzze e vicoli…Case di granito piccine, basse, robuste, e, in mezzo al granito, meravigliose fioriture d’orti e di rustici giardini inquadrate fra alte pareti di muriccioli. È un paese da patriarchi”. La Maddalena, complice una giornata terribile di pioggia, non sembra aver lasciato in lui un bel ricordo: “È un paese da marina militare, una specie della Spezia a scartamento ridotto…una specie di Polo Nord della Sardegna…Caprera non è che il grosso piedistallo di una tomba, quella di Garibaldi”. Grazia Deledda, figlia dell’ “Atene Sarda”, premio Nobel per la letteratura nel 1926, aveva nei suoi libri descritto la “sua” Sardegna, lontana, sicuramente dai due autori vincitori del premio letterario. La scrittrice ha raccontato la crisi dell’esistenza di fine ‘800, ha raccontato il senso di colpa, il travaglio morale, il destino già disegnato, la forza delle donne e la fragilità degli uomini. È proprio la sua terra natia, con il suo paesaggio selvaggio, comune denominatore di quasi tutte le opere, la protagonista silenziosa e onnipresente e, infine, governatrice di ogni umana determinazione. Il suo è sempre un ricordo nostalgico e appassionato, un ricordo estrapolato dalla realtà. Nelle sue opere vengono rappresentate le sagre popolari, la religiosità, la fierezza, le tradizioni. La sua prosa lirica e fiabesca descrive la fine di un mondo, proprio per questo ne racconta i processi dandoli all’eternità, fermando, in questo modo, quei riti per sempre. Morta qualche anno dopo, nel 1936, a Roma, tornerà in Sardegna nel 1959. Le sue spoglie riposano presso la Chiesa della Solitudine, situata sotto al “nostro cuore, il nostro carattere”, il Monte Ortobene.

È avviata la costruzione di nuove fortificazioni antiaeree e antinave a Spargi, a Caprera, a La Maddalena e a Santo Stefano, che si concluderà nel 1942.

Muore don Giovanmatteo Azzena, primo parroco rettore a Palau. Grazie all’applicazione di un generatore di corrente al mulino di Giovanni Maria Pisciottu, si può erogare la luce elettrica.

3 gennaio

Si sfidano la Monteponi e il A. M. F. La Maddalena (il nome completo della A.M.F. Maddalena, e quello della squadra che partecipò al Campionato Regionale di 3a Divisione 1931-32, era l’acronimo di “Avanguardia Marinara Fascista Maddalena”), le squadre avevano avuto già modo di affrontarsi nel 1929 e nel 1931 e durante tutta la prima metà degli anni ’30 si fronteggiarono in maniera accanita per contendersi il titolo di “campione sardo di III Divisione. “Sul campo della Monteponi si è svolto il primo incontro (interno n.d.a.) di campionato regionale di III Divisione. Avversaria della squadra cittadina è scesa in campo l’A. M. della Maddalena, che ha costretto inaspettatamente il Monteponi al pareggio. Il gioco svolto da entrambe le squadre è stato mediocre e ben lontano dal gioco che in altri tempi, non molto lontani, ci aveva abituati lo squadrone locale(riferimento ai campionati 1928-29 e 1929-30 n.d.a.). Su tutti è emerso il cento-avanti del Maddalena Casazza; che da solo è riuscito ad impegnare l’intera difesa del Monteponi e con un gioco magnifico è riuscito a segnare due punti, dando così alla propria squadra il meritato pareggio. Con una magnifica giornata la partita ha avuto inizio alle ore 15; nel primo tempo il Monteponi ha segnato due volte: una su tiro di Salis, l’altra su un tiro del terzino avversario che non ha trovato pronto il proprio portiere. Nel secondo tempo il Maddalena pur ridotto in 10 uomini, avendo l’arbitro espulso l’ala destra Cappai, attacca deciso, e con un gioco alto e veloce costringe Diana a magnifiche parate su tiri precisi del centro-avanti maddalenino. Il gioco staziona a lungo in area del Monteponi e a nulla valgono le insidiose fughe dell’ala sinistra del Monteponi Fadda, perché il Maddalena prima su rigore e poi con un bel tiro di Casazza raggiunge e mantiene sino alla fine il pareggio, a nulla essendo serviti gli ultimi sforzi della squadra locale, lanciata in una tardiva e sconclusionata offensiva. I migliori del Maddalena sono stati Casazza e Boschiani. Del Monteponi: Fadda, Diana e Milia. 

A.M.F.  LA MADDALENA : Girardi, Porceddu, Guerra, Galbini, Boschiani, Usai, Cappai, Pintus, Casazza, Predetti, Massaro.
MONTEPONI: Diana, Zara, Milia, Deias, Alberti, Scarteddu, Colella, Salis, Paderas, Crovi, Fadda.

(Dall’Annuario Italiano Giuoco del Calcio 1932 – Fascicolo Vol.4  Campionato Uliciano SARDEGNA. III Divisione – Classifica finale: S. E. F. Torres punti 15; C. S. Cagliari » 14; U. S. Nuoro » 12; Av. Mar. Fascista Maddalena » 7; A. S. Macomer » 7; G. S. Monteponi » 5)

La squadra maddalenina comprendeva alcuni calciatori isolani (dell’Ilva) insieme a diversi marinai impegnati in loco; tra i maddalenini si ricordano il portiere Girardi, Cappai, Massaro e Casazza. L’anno successivo la squadra partecipò nuovamente come Ilva inserendo altri giovani locali (Olivieri, Bartolozzi, Padua, Pocobelli) e formando il gruppo che nel 1934/35 vinse il campionato.

Da un articolo apparso sul “Il Littoriale del 12 Gennaio 1932: ….. La Terza Divisione sarda; Attualmente nell’isola si svolge un campionato di III divisione al quale partecipano le squadre comprendenti Cagliari, Sassari, Nuoro, La Maddalena, Macomer, ed Iglesias, e suscita un interesse straordinario. La «Torres» con la squadra. B ha fin’ora impressionato più delle avversnrie per un gioco tecnico e chiaro, dovuto in principal modo alle cure di Plenich, ma c’è la squadra della Maddalena si fa notare e così Macomer, Nuoro ed Iglesias. Su una partita da noi vista a Cagliari, fra la squadra cadetti rosso-bleu e della Maddelena abiamo notato come il pubblico gradisca e si interessi di queste partite minori. Ma… ma vorremmo che fosse egualmente corretto e cavalleresco nei confronti degli arbitri e delle squadre avversarie, del come è sua abitudine comportarsi per le partite di Nazionale B. Questo non è un appunto, semplicemente un osservazione che non sapevamo trattenere….

9 gennaio

Il commissario prefettizio annuncia l’istituzione del Museo Garibaldino di Caprera.

18 gennaio

Una locomotiva a vapore con alcuni vagoni effettuò il viaggio inaugurale Sassari-Tempio-Palau. Una conquista epocale! Collegava tra loro ben 16 tra paesi del Nord Sardegna. Anche i maddalenini usufruirono positivamente della realizzazione del collegamento che facilitò non poco la loro vita. Per raggiungere Tempio, sottoprefettura e sede di uffici amministrativi, giudiziari, finanziari e religiosi, i maddalenini dovevano raggiungere in barca Palau (non c’erano allora traghetti) e qui imbarcarsi sul comodo, veloce e sbuffante treno a vapore (per l’epoca naturalmente). Fino ad allora Tempio era raggiungibile per le sua tortuosissime strade, a piedi, su ‘carru a boiu’ o con la diligenza a cavalli. Le tre ore e mezza che la locomotiva a vapore impiegava, fermandosi ‘ovunque’, era ben poca cosa rispetto alla giornata (o le giornate) che erano necessarie per raggiungerla con altri mezzi. Gli stessi mezzi si potevano usare allora anche per raggiungere Sassari, sede di Prefettura e di uffici amministrativi, giudiziari, finanziari, sanitari e universitari. Più agevole era tuttavia raggiungere via mare Porto Torres e da qui percorrere i pochi chilometri in pianura che lo separavano da ‘Tattari Manna’.

marzo

Il cavalier ragionier Celestino Manca ricopre per pochi giorni l’incarico di commissario prefettizio.

13 marzo

Viene nominato Podestà di La Maddalena, il prof. Giacomo Pala e rimarrà in carica fino al 13 febbraio del 1935.

20 marzo

Alla presenza del vescovo Albino Morera, viene posata la prima pietra della nuova chiesa del rione “Due Strade”.

2 giugno

Le manifestazioni nel cinquantenario della morte di Giuseppe Garibaldi, si svolgono, sia nella piazza XXIII febbraio nel centro storico della Maddalena ed a Caprera, che dette inizio per La Maddalena ed a Caprera che dette inizio per la Maddalena a quel turismo che per molti ani fu una risorsa per le attività commerciali di questa piccola Isola che ne è diventata grande per i personaggi che qui soggiornarono e fecero la storia del mondo conosciuto in quel tempo. Secondo alcune voci che vengono tramandate nelle antiche famiglie maddalenine, infatti, Ezio Garibaldi arrivò per le celebrazioni del cinquantenario della morte del generale insieme a Giovanni Host Venturi, capitano degli Arditi e capo delle organizzazioni irredentiste dell’Istria e della Dalmazia e che fu poi ministro delle Comunicazioni dal 1939 al 1943. Si mormora che, in quella circostanza, la tomba dell’eroe dei due mondi venne aperta. La salma era ancora in buon stato, con la mitica camicia rossa, il cappellino in velluto nero con gli ornamenti dorati e gli occhialini sul petto. Chi conferma anche se indirettamente la visita a Caprera di Host Venturi e di Ezio Garibaldi nel 1932 è il notaio Emilio Acciaro, autorevole esponente della loggia massonica della Maddalena intitolata, guarda caso, proprio a Giuseppe Garibaldi. «Sì – dice – è possibile: erano amici». Ma Acciaro – custode di vecchie storie dimenticate e di non pochi segreti dell’arcipelago – racconta anche un avvenimento forse sottovalutato, ma che ha una sua importanza, nel giallo della salma di Garibaldi. Ricorda ovviamente i nomi di coloro da cui ha appreso la circostanza, ma preferisce non citarli. «Circa un anno dopo la sepoltura del generale – dice – sbarcò alla Maddalena un gruppo di nizzardi “esaltati” che volevano trafugare il corpo di Garibaldi e trasferirlo nella sua città d’origine: Nizza, appunto. Ma la loro presenza non passò inosservata e il tentativo così fallì. Dopo quell’episodio, la lastra di granito sulla tomba venne bloccata con robuste graffe di ferro e fu istituito un servizio di sorveglianza da parte della Marina militare». Dunque, se davvero qualcuno voleva esaudire le ultime volontà di Garibaldi, l’avrebbe potuto fare soltanto nell’anno successivo alla morte dell’eroe perché, dopo il tentativo dei nizzardi, la casa di Caprera è stata sempre sorvegliata. Sempre Ezio e sempre nel 32, tenta di portare le ceneri di Anita a Caprera. Lo stesso afferma che se il grandioso monumento previsto per Anita, deve ricordare la donna sul campo di battaglia, non vi devono stare le sue ceneri. Esse dovranno essere prelevate discretamente, per essere poi tumulate a Caprera. Contro di questa non celata minaccia al suo primato a Caprera si oppone con tutte le forze Clelia, la figlia di Francesca Armosino. Il Governo, non certo desideroso di entrare nella lite, né di vedere Caprera, donata dalla famiglia del Generale, ma in verità con ampi risarcimenti dallo Stato, tornare sotto il suo controllo (è già chiaro che Clelia non avrà discendenza), da ragione a Clelia. Da segnalare la pubblicazione della rivista “Mediterranea”, con il contributo di Martino Branca.

La Maddalena, anche per la sua vicinanza con Caprera, ha occupato un posto del tutto particolare nel cuore di Garibaldi ed ha partecipato attivamente con la sua gente a tutte le iniziative garibaldine e risorgimentali, in occasione 50° anniversario della morte del Generale, fu apposta una lapide marmorea nell’atrio di ingresso al Palazzo Civico.
L’epigrafe immortala le toccanti parole che Garibaldi rivolse, in una lettera del 23/10/1849, al Sindaco del tempo, Nicolao Susini, per esprimergli la propria gratitudine e riconoscenza nei confronti della popolazione della Città che l’aveva sempre tanto benignamente accolto. L’epigrafe recita:
“MADDALENA 23 OTTOBRE 1849 / STIMATISSIMO SIGNOR SINDACO / VOGLIA ESSERE INTERPRETE DEI MIEI SENSI DI GRATITUDINE / A QUESTA GENTILISSIMA POPOLAZIONE. IO ABBANDONO QUESTA TERRA / ITALIANA CON VERO RAMMARICO E NON MI DIMENTICHERÒ MAI L’ACCOGLIENZA DI / SIMPATIA E DI AMORE RICEVUTA DAI GENEROSI DI LEI CONCITTADINI. / LONTANO D’ITALIA! …. QUANDO L’IMMAGINE SUA TEMPRERÀ GLI AFFANNI D’UNA / VITA RAMINGA, TRA LE CONSOLANTI REMINISCENZE DI QUELLA, IO RICORDERÒ / CON AFFETTO CERTAMENTE IL MODO CON CUI FUI ACCOLTO NELLA MADDALENA. / 1882 G. GARIBALDI 1932”

Nella stessa data è stato sistemato presso l’Aula del Consiglio Comunale un bel busto in gesso del Generale Garibaldi, successivamente bronzato, copia di un’opera dell’artista Leonardo Bistolfi. (Più recentemente, il 4/7/2008, nell’ambito delle celebrazioni per la ricorrenza del bicentenario della nascita del nostro Eroe, nella stessa Aula Consiliare è stata inaugurata una lapide a ricordo dell’importante avvenimento.
L’epigrafe recita: “A / GIUSEPPE GARIBALDI / NEL / BICENTENARIO DELLA NASCITA / 1807 2007 / LA CITTÀ DI LA MADDALENA”.)

Sempre nella stessa data, , in occasione 50° anniversario della morte di Garibaldi, fu apposta una targa marmorea nella facciata della Casa Barabò che un tempo fungeva da residenza di campagna dei proprietari dei vasti vigneti circostanti.
L’epigrafe ricorda che, in data 12/10/1849, il Generale, venutovi in visita alla vigna del suo amico Francesco Susini, si gettò nel mare poco distante e salvò quattro persone: tre adulti ed un bambino, forse il piccolo Angelo Tarantini che in seguito parteciperà da volontario alla Spedizione dei Mille.
I “due generosi” figli del suo amico, ripetutamente citati nell’epigrafe, sono i noti garibaldini
Antonio, che si distinse nella difesa di Montevideo, e Nicolao, che combatté con Garibaldi alla difesa di Roma.
L’epigrafe recita:
“IL DÌ 12 OTTOBRE 1849 / FU GIORNO AVVENTUROSO PER FRANCESCO SUSINI / GENITORE DI QUEI DUE GENEROSI / E PER LA FAMIGLIA SUA / QUELLO IN CUI VIDE FESTEGGIARE IN QUESTA CAMPAGNA SUA / L’AMICO IL TUTORE IL SECONDO PADRE DEI DUE FIGLI SUOI / IL PRODE GENERALE GARIBALDI / SOTTO IL QUALE ACQUISTARONO L’UNO IN MONTEVIDEO L’ALTRO IN ITALIA / ONORATA RINOMANZA E QUEL DÌ
ISTESSO L’ILLUSTRE DUCE / SLANCIOSSI IN MARE E SALVÒ QUATTRO PERSONE / CHE MANOVRAVANO UNA BARCHETTA CHE QUI SOTTO GIAVIRÒ / 2 GIUGNO 1932 A X E.F.”

Lo stesso giorno, venne pubblicata una interessante intervista a Pietro Ferracciolo, all’epoca 93enne, figlio dell’ex proprietario del terreno sul quale il generale edificò la casa e suo vicino di casa.

Intervista a Caprera col proprietario del terreno acquistato dall’Eroe. Vive nella gloriosa quiete di Caprera, venerato come un vecchio capo tribù da tutti i pescatori di Maddalena, solido come un’antica quercia, un tipico vegliardo che alimenta la sua longevità, con tutto un dovizioso patrimonio di ricordi. Si chiama Pietro Ferracciolo e nacque a Caprera nel 1839, novantatré anni or sono, ma è ancora sano e vegeto e vive nella sua instancabile fatica: fabbrica, cioè, da mane a sera, ceste e cestini di vimini, dopo di essersi procurata da sé la materia prima nelle campagne della sua isola. Poco tempo fa, il vecchio volle partecipare ad una gara di battelli a remi e col vigore dei suoi muscoli, riuscì vittorioso sui più forti rematori de La Maddalena.
Il Ferracciolo trascorse la sua gioventù nella intimità di Giuseppe Garibaldi, e, con sbalorditiva lucidità e suggestiva parola ne rievoca tutti i particolari della vita privata.
Abbiamo, quindi, voluto interrogarlo sui suoi interessanti ricordi di gioventù.

Siete stato garibaldino?
No, ho servito la Patria in marina.
A quale campagna avete partecipato?
A quella del 1860. Ero, allora, imbarcato come cannoniere, sul vascello “Re Galantuomo”. Avevamo settantaquattro bocche di fuoco, cioè tre batterie. Quando Garibaldi fu ferito ad Aspromonte e da Messina lo trasportarono alla Spezia, la nostra squadra si trovava in questo porto. Io mi recai al palazzo dove egli era ricoverato e mi venne incontro il figlio Menotti. Gli dissi che volevo vedere il Generale.
Menotti, allora, mi condusse in un’ampia sala dove era il letto del Generale. Intorno a lui alcuni medici erano riuniti a consulto. Appena Garibaldi mi scorse, mi sorrise ed esclamò:
Bravo Pietro! Sei venuto anche tu! E donde vieni?
Come sta, Generale?
Caro mio, sono ferito, ma è cosa da nulla ….. – e, così dicendo, mi mostrò il piede.
Sotto il malleolo si scorgeva un piccolo foro prodotto dal proiettile che vi si era conficcato. Mi trattenni un poco accanto a lui, descrivendogli la presa di Gaeta ed egli mi ascoltò con viva commozione. Nel congedarmi mi disse:
Ci rivedremo a Caprera.
E’ vero che il terreno di vostra proprietà, a Caprera, fu ceduto all’Eroe?
Si. Io ero ancora ragazzo, allora. Mio padre aveva un pezzo di terra di sua proprietà e vi faceva il pastore. Un giorno, Garibaldi gli disse: “Se mi cedete questo pezzo di terra ve ne darò un altro più grande, qui vicino”. Trattandosi di Garibaldi, mio padre fu felicissimo dello scambio. E Garibaldi su quel terreno fece costruire la sua casetta. Mio padre, poi, si ammalò del mal della pietra e, non potendo più accudire alle sue faccende vendette anche il suo terreno al Generale.
Come viveva Garibaldi a Caprera?
Si era dedicato alla vita campestre ed alla lettura. Avete visti quei grossi pini intorno alla sua tomba? Quelli li piantò lui. Io scavavo la fossa e lui si divertiva a mettervi dentro la pianticella. Egli poi, aveva comperato da un certo Antonio Ianna molte vacche e, ogni tanto, ne faceva ammazzare una e ne distribuiva la carne ai pescatori di Caprera. Quasi tutti i giorni io pranzavo a casa sua. Benché ferito, Garibaldi era sempre di ottimo umore; leggeva moltissimi romanzi ad alta voce, e sembrava che declamasse. Ne aveva tanti di libri!
E fece mai qualcosa per voi?
Un giorno mi disse: “Pietro, tu hai servito la Patria per quattro anni. Ti piacerebbe fare il fanalista?”
Volentieri Generale, ma non conosco la strada per arrivarci. – Egli mi rispose, sorridendo. – Ma tu vuoi proprio andarci? E lascia fare a me. Non trascorsero quindici giorni e fui chiamato alla Capitaneria di Porto ed assegnato al faro di sant’Elia. Così, tra la vita militare e quella di fanalista ho servito il governo per venti anni.
Vi ricordate il giorno della morte di Garibaldi?
Ricordo che fu un giorno spaventoso. Si scatenò una tempesta terribile, tale che tutte le persone giunte a Caprera furono costrette a a pernottarvi perché le barche le barche non potettero affrontare il mare ed allora non ponte che collega Maddalena e Caprera.
E Pietro Ferracciolo ha concluso:
Ora sono vecchio… ma, sempre che poso, continuo le mie visite al Generale che mi volle tanto bene, come ad un figlio. Gli tengo compagnia, presso la sua tomba, sotto i pini che piantammo assieme, nel terreno che era stato di mio padre.

5 giugno

In concomitanza del Cinquantenario della morte di Giuseppe Garibaldi, venne effettuato un volo speciale, con servizio di posta, a mezzo idrovolante, da “Roma · Caprera – Roma”. Alle 7.40 del 5 Giugno, due idrovolanti si levarono in volo dall’idroporto di Ostia ed ammararono, dopo un tranquillo viaggio, nello specchio d’acqua antistante la banchina commerciale di La Maddalena. I due velivoli portavano a bordo molti dei partecipanti al pellegrinaggio diretto a Caprera per celebrare il cinquantenario della morte dell’Eroe dei Due Mundi. Per l’occasione, il distaccamento della Marina, già dotato dell’annullo postale “Caprera · Sassari”, ebbe e mise in uso due bolli speciali recanti rispettivamente, la dicitura “Caprera – Posta Aerea” e “Posta Aerea – Volo speciale Caprera – Roma”. L’impiego dei due annulli ebbe una durata limitatissima. Il dispaccio, nel pomeriggio dello stesso giorno, fu ritirato unitamente agli annulli poi imbarcati sugli idrovolanti che partirono da La Maddalena per Ostia; e da qui furono inoltrati a Roma. Nella Capitale, il recapito avvenne a mezzo fattorini nella stessa serata del 5 Giugno. Fu cosi realizzato il primo servizio di posta “Aereo – Espressa”. Vedi anche: 5 giugno 1932, il primo servizio aeroespresso del mondo  

11 giugno

Viene inaugurato “Il Leone di Caprera”, motonave acquistata per il collegamento quotidiano La Maddalena-Palau. Lungo circa Mt24,50 ,largo MT.3,50,per una stazza di 42,50 Tonnellate, motore diesel Deutz 97 CV. Motoscafo Austriaco della prima guerra mondiale, poi Mas della Marina militare Italiana, comprato dai fratelli Marini nei primi anni 30 ad un asta proposta dal governo. Fu immesso subito nella linea La Maddalena Palau per il trasporto passeggieri e merci. Dal novembre 1942 al gennaio1944 portava materiale personale militare alle isole dell’arcipelago per le batterie e punti di avvistamento. Riprese il normale traffico dopo il 1945.Dotato di una saletta interna per i passeggieri, trasportava anche due auto. Il Leone di Caprera lavorò fino al 1958 poi fu venduto a Viareggio.

17 luglio

Il sindaco di Bonifacio fornisce un resoconto dettagliato di tutto ciò che è stato intrapreso per l’erezione del monumento ai caduti della città. Il comitato, nonostante tutta l’attività che ha mostrato, si trova ad affrontare un deficit che lo costringe a sospendere il lavoro. Il comitato ha deciso di lanciare un nuovo appello a tutti i bonifacini. Il sindaco ritiene opportuno votare la somma di 5.000 franchi e invita il consiglio comunale a deliberare in questa direzione. Prendono la parola Lena, Pietri, Luciani, Rocca e Ramel e affermano all’unanimità che l’importo pagato per il monumento ai caduti non deve essere inferiore a quello concesso al Comitato delle vacanze (6.000 franchi) e della Società calcistica “Avanguardia fascista” di La Maddalena e chiedere il voto dello stesso importo. Il Consiglio concede quindi la somma di 6.000 franchi e ritiene che, in tutti i casi in cui i fondi raccolti non sarebbero sufficienti, esamineranno nuovamente il voto di una nuova sovvenzione. Una colonna tratta dalle cave romane dell’isolotto San Bainzo viene trasportata nella città: diventa il monumento ai caduti nella Prima Guerra Mondiale. Tutta la costa da Santa Amanza a Ventilegne è munita di nuove fortificazioni che completano la vecchia difesa ottocentesca. La loro costruzione si concluderà nel 1939.

11 agosto

Nasce il “Comitato Pro La Maddalena”; Un comitato benemerito, che si fece promotore, nell’enfasi patriottica del cinquantenario garibaldino, di un appello ai maddalenini per il restauro ed il decoro del glorioso vecchio Cimitero, lasciato nel più squallido e deplorevole abbandono, esso era composto dalle più alte cariche cittadine, Presidente onorario era l’Ammiraglio di Divisione Vincenzo De Feo e Presidente effettivo il Commissario Prefettizio dell’isola il prof. Giacomo Pala. I lavori, terminati in pochi mesi, diedero onorata dignità al luogo che «[…] contiene le spoglie di tanti gloriosi, che lo rendono sacro non solo a chi è maddalenino, ma a chiunque senta in petto cuore di Italiano. », come recitava l’appello medesimo.

11 agosto

Guglielmo Marconi sperimenta da Golfo Aranci le onde ultracorte

7 ottobre

Un terribile fortunale si abbatte sulla Sardegna settentrionale. Gravemente danneggiata la flotta peschereccia di Alghero (15 barche affondate); una persona muore a Bonorva in seguito al crollo di un’abitazione.

24 novembre

A Napoli si tiene una conferenza dal titolo “Il Maggiore Leggero nell’epopea garibaldina” con l’intervento del principe di Piemonte agli ufficiali del presidio di Napoli.

18 dicembre

Si gioca la prima partita ufficiale al nuovo Campo Comunale (ora Stadio Pietro Secci), simbolo dello sport isolano e teatro di tanti indimenticabili episodi. L’Ilva per la prima giornata del torneo regionale di 3a Divisione incontra il Cagliari B e cede ai cagliaritani per 3-1.
L’impianto, progettato da Antonio Cappai, geometra comunale e primo presidente della S.S. Ilva, è moderno e funzionale. La pianta della superficie, con i due lati corti disegnati a forma di curva, asseconda la scelta di disporre di una struttura polifunzionale ove praticare varie discipline: oltre al calcio in particolare ciclismo e atletica. La lunga storia di questa struttura meriterebbe ben altro spazio per raccontare le tante manifestazioni che hanno accompagnato le vicende isolane.
Riavvolgendo il nastro della memoria si devono altresì ricordare le difficoltà nella realizzazione dei lavori, a causa della necessità di spianare la montagnetta di granito presente nell’area prospiciente il palazzo scolastico per abbassare e livellare il terreno. E tale impegno aggiuntivo genera l’imprevisto allungamento dei tempi programmati, che mal si coniuga con la tendenza dell’epoca volta a dimostrare puntualità, un po’ come i treni che si dice arrivassero sempre in orario.
E infatti si trova traccia di una prima inaugurazione “pro forma”, datata 27 ottobre 1929, con i lavori ancora in corso e destinati a protrarsi per altri tre anni, durante i quali il campo ospita solo qualche sporadica manifestazione ginnica. Vabbè, d’altra parte l’esperienza insegna che talvolta l’importante è celebrare nuove opere a prescindere dal loro reale e immediato utilizzo. (G. Vigiano)