Correva l’anno 1986
Walter Giraldi vicecomandante della base USA di S. Stefano, dichiara che: “Il pericolo di un attentato a S. Stefano c’è sempre stato“.
17 gennaio
Il presidente Melis cita il presidente Reagan davanti al tribunale amministrativo regionale per l’ampliamento della base USA di La Maddalena ritenuto illegittimo dalla Regione. Il 5 febbraio saranno sospesi i lavori nel grande cantiere aperto da un anno. Gli operai prima occuperanno il cantiere e poi saranno collocati in cassa integrazione.
17 gennaio
Muore a Cagliari, Sebastiano (Bustianu) Dessanay, insegnante di filosofia prima a Nuoro a La Maddalena e poi a Cagliari presso il Liceo Dettori, milita nel Pci sino all’invasione sovietica dell’Ungheria, (1956) in seguito alla quale aderisce al partito socialista. Consigliere regionale del Psi per diverse legislature, ricopre anche la carica di assessore e di vicepresidente del Consiglio regionale. Protagonista, nel secondo dopoguerra, delle lotte contadine per l’occupazione delle terre e del movimento autonomistico per l’attuazione del “Piano di Rinascita”, analizza il fenomeno del banditismo che considera innanzitutto una conseguenza dello scontro tra due ordinamenti o civiltà, pastorale e statuale, e il problema dell’emigrazione. Conduce anche un’intensa attività pubblicistica; fonda nel 1962 la rivista “Sardegna oggi”, di cui è condirettore Antonello Satta, e inizia da quelle pagine ad occuparsi di identità e di cultura sarda. Si rafforza in lui il gusto e la passione per lo studio dal vivo della cultura orale e soprattutto della poesia dialettale; numerose sono le gare poetiche con Remundu Piras e con Peppe Sotgiu cui partecipa offrendo il suo personale contributo. Negli anni Settanta e Ottanta Dessanay si dedica soprattutto alle questioni della revisione dello statuto della Regione sarda e ai problemi connessi con la tutela della lingua sarda.. Lascia numerosi saggi e interventi su scrittori e pittori sardi, tra cui Grazia Deledda, Salvatore Cambosu, Benvenuto Lobina, Pietro Mastino, Giuseppe Biasi, e sulle problematiche dell’autonomia e dell’identità.
26 gennaio
A vederlo dal mare della Maddalena, al di qua di un limite che a nessuno è consentito valicare, pena mitragliamento, l’ultimo oggetto del contendere, sull’isolotto di Santo Stefano, sembra un volgare cantiere abusivo: lo scheletro di un casermone, attrezzature da scavo, un mucchio di detriti battuti dal maestrale. Secondo l’esercito si tratta solo di un “piccolo” ampliamento della base americana; una volta ultimato, si assicura, non deturperà neppure il paesaggio in quanto esclusivamente sotterraneo. Regione e Comune, però, non ne vogliono sapere. Perché, dicono, per l’ennesima volta l’iniziativa è passata sulle loro teste. Ma anche perché temono che in quella caverna al posto delle annunciate tradizionali torpedini, possano in realtà essere immagazzinati chissà quali ordigni. I lavori comunque, non si sa se in attesa di una sentenza del tribunale amministrativo regionale o degli sviluppi della tensione internazionale, vanno avanti. Piccolo ampliamento dopo piccolo ampliamento quello che nel 1972 era stato presentato come un semplice “punto di approdo per nave appoggio sommergibile a propulsione nucleare” è diventato così il principale centro operativo degli “hunter killer” (cacciatori americani), una trentina di sommergibili che pattugliano il Mediterraneo carichi di missili a testata nucleare. “Il problema però”, spiega l’avvocato Mario Melis, presidente della giunta regionale, “non è tanto quello singolo della Maddalena quanto quello complessivo di una regione trasformata, con prepotenza e disprezzo della democrazia, in una polveriera atomica e in una specie di area di servizio dell’esercito americano”. Melis è uno degli esponenti di punta del Partito sardo d’azione. Beve liquore di mirto, esibisce all’occhiello lo stemma dei Quattro Mori, rappresenta (forse al di là del 15 per cento dei voti raccolti dal suo partito, il terzo dell’isola dopo Dc e Pci) un sentimento popolare che se non è quello dello “yankee go home” non ne è nemmeno troppo lontano. “Nessuno mette in discussione i nostri doveri verso la difesa della patria, ma in un rapporto di equità e proporzione con le altre regioni. In ogni caso non possiamo accettare che degli stranieri, per quanto alleati, sfoggino una mentalità da truppe occupanti venendo a dare ordini in casa nostra. E nemmeno che interessi privati, come quelli delle industrie che vengono qui a sperimentare tecnologie di guerra da rivendere sul mercato internazionale, si nascondano dietro fantomatici interessi nazionali per far denari sulle spalle di una terra di emigrazione e disoccupazione”. Che la Sardegna paghi alle esigenze dell’esercito un tributo abnorme è fuori discussione. Il demanio militare, che in tutte le altre regioni italiane messe assieme possiede circa 16 mila ettari di terreno, in quest’isola ne controlla 22 mila. Ai quali ne vanno aggiunti altri 12 mila sottoposti a servitù: aree, cioè, che restano formalmente proprietà dei civili, ma devono essere in ogni momento messe a disposizione dei comandi, sottostando a vincoli (edilizi, ma anche coltivativi) che le rendono praticamente inutilizzabili. “Se tuttavia a queste zone aggiungiamo quelle direttamente confinanti, interdette “temporaneamente” a ogni transito in occasione di esercitazioni che in Sardegna coprono una media di 300 giorni all’anno” spiega Ugo Dessì, autore di due libri sull’argomento, “scopriamo che gli ettari diventano almeno 187 mila: quasi l’ 8 per cento della regione al quale è negato, in assoluto, ogni sviluppo”. Che la Sardegna non possa sfuggire al suo ruolo strategico nel Mediterraneo lo dimostra il fatto che, prima della Nato, su queste coste erano sbarcati fenici e cartaginesi, romani e arabi, francesi e spagnoli, genovesi e pisani. Gli abitanti dell’isola, dai nuraghi in poi, si erano almeno potuti rintanare all’interno, lontani dal mare e dai suoi invasori. Le logiche della guerra moderna, però, non lasciano più loro nemmeno questa possibilità. La Sardegna, ormai, non è più solo un semplice approdo. E’ , forse, uno dei punti di partenza dei missili Usa; certamente uno di quelli di arrivo dei missili dell’Est, e, come sembra minacciare Gheddafi, di quelli del Sud. E’ – dalle antenne dell’isola di Tavolara, soprannominata “Orecchio del Mediterraneo” ai radar di Monte Limbara – il centro nevralgico di un sistema di comunicazioni, intercettazioni e rilevamenti che, nei conflitti elettronici moderni, è diventato importante quanto le armi di offesa diretta. E’ , infine, una delle poche zone europee dove gli aerei supersonici possono disporre per le loro esercitazioni di aree vaste come quella compresa nei cento chilometri che vanno da Capo Frasca a Capo Teulada. Difficile quindi pensare che, realisticamente, la situazione possa essere modificata più di tanto. “Non chiediamo l’ impossibile, ma non possiamo però nemmeno tollerare che i comandi militari, come è accaduto alla Maddalena con l’ inizio dei lavori di ampliamento della base e la riconferma unilaterale di una servitù che doveva considerarsi decaduta, vogliano far decreti autonomi, senza passare, anche quando la legge lo prescrive esplicitamente, per le autorità civili”, sostiene Agostino Erittu, l’ esperto in materia del Pci, “dopo Sigonella, vogliamo verificare lo status di alcune basi sottratte non solo al potere italiano, ma anche a quello della Nato. Una serie di presenze e attività militari, che attualmente sfuggono a ogni controllo, vanno ricondotte a una situazione di legalità”. Le anomalie, stando alle voci, sarebbero più d’ una. Quella di Decimomannu dove gli Stati Uniti, senza violare le forme, sarebbero sul punto di assumersi in prima persona la gestione dell’aeroporto, avviando nello stesso tempo, attraverso il consorzio di industrie della Cubic Corporation, l’ installazione di una nuova rete di apparecchiature elettroniche completamente al di fuori del controllo Nato. Quella del poligono di Perdasdefogu, dove buona parte dell’attività, più che all’addestramento delle forze armate, è finalizzata alla sperimentazione e alla commercializzazione con apposite dimostrazioni di armamenti prodotti dalle industrie del settore. Senza contare, al di fuori dei segreti militari (sia quelli reali, sia quelli che i radicali, raccogliendoli in un opuscolo, hanno definito “Tutto quello che i russi già sanno, ma che gli italiani non devono sapere”), un ginepraio di situazioni paradossali: dai libici che comprano le armi messe in vetrina a Perdasdefogu, ai piloti svizzeri che si vengono ad esercitare sulla testa delle pecore sarde da quando si è scoperto che i bang supersonici disturbano la quieta produttività delle mucche alpine. Se poi c’ è di mezzo il nucleare… Alla Maddalena, come s’ è detto, tutto era cominciato con un “punto d’ approdo per nave appoggio”. Attorno a quella nave appoggio, oggi è la “Orion”, vi sono attualmente 1500 militari più le loro famiglie: quattromila persone in tutto. “All’ inizio, almeno, qualcuno sperava portassero qualche beneficio. I commercianti avevano perfino fatto stampare dei manifesti di benvenuto. Invece niente. In paese comprano solo frutta e verdura. Tutto il resto arriva direttamente dagli Stati Uniti. Però, intanto, hanno fatto saltare il mercato degli affitti. E noi ci troviamo con decine di baraccati”. Nella sala del consiglio del municipio ci sono tre assessori: Finanze, Ambiente e Urbanistica, Menotti Casali, Aldo Sorano, Angelo Comiti. Fanno parte di una giunta ormai insolita: un compromesso storico Dc-Psi cementato da un programma che difficilmente potrà realizzarsi in prossimità di una base nucleare. “Puntiamo tutto sullo sviluppo turistico”, spiegano, “è la nostra unica possibilità. Per anni abbiamo ceduto. Ora basta. Con il 40 per cento del territorio comunale occupato abbiamo toccato il tetto. Non daremo un metro di più”. La giunta, per ora, ha vinto la battaglia per riuscire a far pagare agli americani la tassa sulla spazzatura. Spera, in un prossimo futuro, di vincere anche quella sulla radioattività. I sommergibili nucleari erano approdati all’isolotto di Santo Stefano con dei pessimi (ma poco pubblicizzati) precedenti: rifiutati dalla Scozia perché ritenuti altamente inquinanti, cacciati dal Giappone dopo la scoperta di alcune falsificazioni delle analisi sulla presenza di cobalto nell’acqua marina. Con tutto ciò, nei quattordici anni passati dal 1972, alla Maddalena al posto di un moderno impianto di monitoraggio che permetta di rilevare la radioattività in tempi reali, funziona ancora un sistema di prelievi e analisi in grado di dare l’ allarme solo dodici giorni dopo il verificarsi delle anomalie. A quanto poi ammonti e cosa significhi quello stabile, ma “insignificante” aumento della radioattività ammesso dagli stessi tecnici Usa, nessuno è in grado di dirlo esattamente. Gli ottimisti dicono: nulla. Gli allarmisti parlano di pesci mai visti e di un insolito aumento statistico nelle malformazioni genetiche, specie nelle ossa del cranio dei neonati. “Comunque sia”, si lamentano gli assessori, “noi sappiamo che esiste un piano di emergenza solo perché una volta il sindaco ne ha vista la copertina. Cosa poi ci fosse scritto dentro, mistero. Non sappiamo ancora cosa faremo. Ma certo così non si va più avanti”. Insomma: la Sardegna dichiara guerra agli eserciti d’ Italia e Stati Uniti. Non spera (si immagina) di vincere, ma di arrivare, almeno, a un buon armistizio. “Il governo ci promette da anni una riduzione della presenza militare”, ricorda Melis, impegnato con il suo partito nella richiesta dell’istituzione di una zona franca sull’isola, “se dobbiamo pagare alla comunità un prezzo più alto degli altri italiani ci si compensi in qualche modo”. Fanno eco dalla Maddalena: “Siamo una popolazione ad alto rischio? Ci impongono certe presenze? Ci diano una contropartita e rispettino le nostre esigenze, cominciando da quelle della sicurezza”. La vertenza sarà lunga e difficile.
7 febbraio
Con una telefonata al presidente della giunta regionale sarda Mario Melis, il ministro della Difesa Spadolini ha comunicato di aver dato ordine di sospendere i lavori in corso nella base americana della Maddalena. Si è chiusa così la prima fase d’una controversia che aveva determinato, con una serie di proteste politiche, anche due ricorsi al Tribunale amministrativo regionale. Il governo sardo contestava i metodi “surrettizi” coi quali le autorità militari avevano avviato i lavori alla Maddalena. Il problema era stato portato all’esame del comitato misto paritetico sulle servitù militari del quale, coi militari, fanno parte civili eletti dal consiglio regionale. Questi ultimi si erano detti contrari alle nuove servitù. La legge prevede che, in casi come questo, debba intervenire il ministro della Difesa per dire l’ ultima parola. Secondo la Regione, invece, il comando militare del Basso Tirreno ha proceduto autonomamente. Nei comunicati diffusi dal ministero e dalla Regione, non si fa menzione di quest’ aspetto. Si precisa tuttavia che Spadolini ha impartito ai militari la direttiva di “richiedere il rinnovo delle servitù connesse alle reali esigenze del momento, senza procedere ad alcun incremento e ricercando ove possibile un ridimensionamento”.
12 febbraio
Incontro a Cagliari di una delegazione di lavoratori di S. Stefano con la giunta regionale. La sospensione dei lavori, decisa dal Ministro Spadolini, si manifesta quale tentativo di utilizzare i lavoratori ed i sindacati come massa di pressione sulla Regione perché modifichi il proprio atteggiamento politico.
23 febbraio
Allarme in Sardegna per una frase presente nel documento con il quale le Brigate Rosse hanno rivendicato il recente omicidio dell’ex Sindaco di Firenze Lando Conti. Nel punto in cui il documento attacca duramente il P.C.I., accusato di svolgere dall’opposizione un ruolo di contenimento della classe operaia in contrapposizione ai movimenti popolari, si fa riferimento a quel movimento che: “Alla Maddalena vuole l’allontanamento della base militare“. Il richiamo esplicito e diretto alla base maddalenina potrebbe essere una indicazione di “lavoro” per i movimenti antimperialisti.
7 marzo
Il Consiglio comunale di La Maddalena discute le “Problematiche legate alle presenze militari”. Il cronista rivela che il succo della discussione sia definibile nella necessità di “Convivere con tutte le Marine con giuste contropartite”.
25 marzo
Nel corso di una lunga intervista apparsa nella Nuova Sardegna, il Ministro Spadolini ripropone tra l’altro la questione del rischio nucleare a La Maddalena, e dichiara: “Grave appare la riproposizione della limitazione della sovranità nazionale a proposito della controllabilità della base americana.
15 aprile
Dopo l’attacco libico a Lampedusa il Sindaco di La Maddalena chiede al Governo nazionale l’allontanamento della base USA da La Maddalena. La richiesta trova giustificazione nella minaccia di Gheddafi di una rappresaglia sulle basi americane nelle isole. La Nave-balia non è agli ormeggi di S. Stefano, e la rada è controllata dalla nave portaelicotteri della Marina Italiana Vesuvio. Viene praticata una stretta sorveglianza su tutti gli edifici e strutture militari sia italiane che americane.
31 maggio
Con la sua prima edizione, dopo l’incontro dell’anno scorso convocato nell’isoletta sarda, patria di uno degli scrittori del cinema più coscienti della propria professione, per ricordare l’ autore di “La battaglia di Algeri” e lanciare un concorso per sceneggiatori a lui intitolato, il Premio Solinas è entrato nel vivo della sua funzione dal 31 maggio al 1 maggio. Dei 212 copioni giunti alla commissione esaminatrice ne erano stati selezionati nove: i cui autori, ritenuti tutti meritevoli di una segnalazione, erano stati già resi pubblici. Di questi, un’ ulteriore selezione ha portato alla “finale” della Maddalena una terna formata da Massimo Guglielmi, Sergio Vecchio, Antonio Tabucchi con “Rebus”, Francesca Archibugi, Claudia Sbarigia, Gloria Malatesta con “Sott’acqua”, e Demetrio Casile con “Amo lo sport” (o “Il piccolo guerriero”). La autorevole giuria presieduta dal produttore Franco Cristaldi e composta da Giorgio Arlorio, Leo Benvenuti, Ugo Pirro, Gillo Pontecorvo, Felice Laudadio, l’ avvocato Gian Mario Feletti della Bnl, Vittorio Giacci, Salvatore Mannuzzu, Ignazio Delogu e Gian Maria Volontè, ha definito nella motivazione ufficiale una “discussione franca e vivace” – l’ assegnazione del premio di 25 milioni di lire, ex acqueo, ai due terzetti, mentre la risorsa supplementare di una borsa di studio da 5 milioni prevista dal regolamento è stata attribuita a Casile. Al premio in denaro messo a disposizione della Regione Sarda si aggiungerà, nel caso che i due copioni vincenti giungano dal trampolino del Premio Solinas, alla realizzazione, il contributo della Banca nazionale del lavoro, pronta a incoraggiare l’ eventuale, o gli eventuali produttori. Se questi calcoli sono per ora soltanto un’ attrazione, molto concreta e positiva è la varietà, messa in risalto tanto dalla motivazione ufficiale quanto dagli interventi estemporanei di alcuni giurati come Arlorio e Benvenuti, dei copioni. Tra i quali, si è detto, il numero dei significativi superava non solo la terna finalista ma anche il numero dei nove semifinalisti. Varietà cui è andato il plauso e quasi la gratitudine di questi professionisti, che hanno ravvisato nell’assenza di monomanie tematiche agganciate alle mode correnti, appunto una diffusa tendenza alla professionalità; ma che molto probabilmente, a proposito della decisione finale, ha determinato degli schieramenti. Di questa varietà i tre copioni che si sono disputati il premio erano lo specchio. Nutrita dell’autenticità che può soltanto provenire dal proprio vissuto la storia del piccolo tenace podista portata da Casile, 33enne calabrese trapiantato a Bologna, di professione insegnante di pittura e pittore che ha giocato forse con un pizzico di civetteria il ruolo dell’outsider che, come il suo personaggio, arriva a trovarsi al centro dell’attenzione per caso, soltanto grazie alla propria determinazione, privo di qualsiasi appoggio. Il che comunque ha fatto onore ai giudici e alla loro correttezza e imparzialità. Raffinata, elegante e di struttura più complessa la storia firmata da Guglielmi. Vecchio e da Tabucchi, in un certo senso “avvantaggiata” dal contributo di quest’ultimo, scrittore di racconti già affermato; e da un suo racconto è tratto il soggetto di “Rebus” che, premio a parte, è già un progetto di film facente capo al giovane produttore Roberto Ciccutto. Giallo di ambientazione provinciale, con protagonista femminile, quello delle tre ragazze Sbarigia-Malatesta-Archibugi; le quali, come Guglielmi, provengono tutte da una formazione professionale. La caratterizzazione femminile di quest’ultima sceneggiatura rimanda alla tavola rotonda che si è tenuta nell’ambito della stessa manifestazione. Era intitolata “Non si scrive mai per noi” – le donne, le attrici – e doveva fare da ponte in quello che anche nelle edizioni future dovrebbe essere un incontro annuale tra chi esercita la professione di scrittore di cinema e chi aspira ad accedervi. In realtà l’ occasione non è stata colta in pieno; malgrado l’ abbondanza di presenze si è risolta in una specie di riempitivo e nell’esibizione di argomentazioni risapute. Vere, ma che non hanno fatto decollare il dibattito. Il succo del discorso, nel corso del quale sono stati molto citati Speriamo che sia femmina e Segreti segreti di Giuseppe Bertolucci, lo hanno espresso coloro (per primo lo stesso Callisto Cosolich, relatore) che hanno smontato la premessa stessa della tavola rotonda: in Italia, oggi, non si scrive tout court, e non solo per le donne; che il cinema ha comunque mantenuto in posizione subalterna (Monicelli, Scarpelli) sia perché rifletteva una gerarchia appartenente alla realtà, sia perché il nostro è stato soprattutto un cinema – la commedia di costume – di antieroi maschili, ed ora è diventato un cinema tagliato addosso ad alcuni comici. Attrici e autrici – Piera Degli Esposti, Ida Di Benedetto – hanno proiettato il discorso nel futuro invitando a registrare l’ attuale situazione di azzeramento come premessa per rilanciare la capacità di cogliere, nel cinema, tutto il nuovo che questi anni hanno portato nella società e nella condizione della donna. Alla provocazione del produttore Luigi De Laurentiis il quale non ha esitato a decretare il provincialismo di un cinema, il nostro, che non sa più esprimere autori “internazionali” e interpreti che abbiano vera “personalità”, cioè che siano anche delle star, molte attrici – da Carla Gravina alla giovane Elena Sofia Ricci – hanno risposto invitandolo a frequentare i teatri dove tanti talenti aspettano soltanto di essere scoperti. Molto concreto infine l’ appello di Anna Maria Tatò che, raccontando una personale esperienza, ha richiamato l’ attenzione sulla sfiducia dei produttori nei confronti di chi va a proporre idee e non trova in loro neanche quel minimo di disponibilità – finanziaria – necessaria alla più elementare sopravvivenza. Riportando così il discorso sulle difficoltà pratiche di questa professione, dell’accedervi, del dare vita a un processo di formazione, dell’investire nella coltivazione di un vivaio. E riportandolo quindi sull’utilità di iniziative come il Premio Solinas.
2 giugno
Per la festa della Repubblica il presidente del Consiglio Bettino Craxi visita la Casa-museo di Garibaldi a Caprera e partecipa ad una cerimonia militare alla Maddalena. Craxi coglie l’occasione della vista alla tomba di Garibaldi per replicare a Gheddafi che in qui giorni minacciò azioni di terrorismo contro gli abitanti di Lampedusa. “Noi non amiamo le avventure ma la nostra volontà di pace non deve essere scambiata per debolezza” Craxi si rivolge ai giovani “Questa è una stagione di grande importanza, la disoccupazione può essere debellata e non va persa alcune speranza. L’esempio di Garibaldi – dice Craxi – è oggi particolarmente valido. Fu, infatti, un uomo capace di straordinarie imprese e di grandi rinunce per il bene dell’Italia”. Il discorso del Presidente del Consiglio è pienamente condiviso da Mario Melis (presidente della Regione Sardegna) soprattutto per la condanna aperta verso il terrorismo e l’impegno per la lotta alla disoccupazione. Melis preannuncia un prossimo vertice col governo che si terrà ad ottobre.
5 luglio
Guerra di dichiarazioni stampa tra gli eredi Serra, proprietari dell’isola di S. Stefano, e Marisardegna. Gli eredi Serra accusano la Marina di aver sconfinato nel proprio sottosuolo ed aver usato i materiali di risulta degli scavi anche per lucro. L’Ammiraglio Geraci replica che è tutto regolare.
6 luglio
Un giornalista della Nuova Sardegna, che al seguito della Commissione Difesa del Senato aveva visitato le installazioni sotto roccia in costruzione, pubblica un servizio sul bunker. Largo almeno una decina di metri, il tunnel in costruzione a forma circolare dovrebbe essere lungo almeno 1.500 metri. Da esso si diramerebbero 29 gallerie profonde ciascuna almeno 70 metri.
16 agosto
A La Maddalena, aveva 108 anni ed era stata in braccio a Garibaldi, morta la nonnina d’Italia. Aveva sempre avuto una salute di ferro, ma in questi ultimi tempi era stanca di vivere; E’ morta a La Maddalena Luigina Assunta Pepe, la «nonnina» d’Italia. Aveva conosciuto Garibaldi. Il 10 agosto aveva compiuto 108 anni. Un compleanno senza festa perché da una decina di giorni era immobile in un letto dell’ospedale Civile: la «nonnina» si lasciava spegnere, rifiutava il cibo, si staccava i tubicini della flebo con cui veniva nutrita artificialmente, «era stanca di vivere-, dicono i medici. Luigina Assunta Pepe non era sposata, era sempre vissuta con la sorella Clotilde, morta cinque anni fa all’età di 96 anni. «Fu una sua scelta di vita – racconta la nipote Tilde – impegnò tutta la sua esistenza ad aiutare la sorella a tirare su la famiglia, assai numerosa: sei- figli: Fu- per loro una seconda madre. E lo era ancora*. Assunta non era mai uscita dall’isola e non era neppure mai stata a Palau, la città che si intravede oltre il breve braccio di mare. Ricorda ancora Tilde: Era molto religiosa, non perdeva una funzione, non c’era cattivo tempo che potesse fermarla dal raggiungere la chiesa. Voleva sempre essere informata di tutto, leggeva i giornali, guardava la televisione. Amabile e gentile, aveva una parola buona per tutti. Una mente molto lucida, brillante, piena di ricordi. L’isola de La Maddalena le è cresciuta attorno, sentiva una fitta al cuore quando abbattevano una vecchia casa per far posto a un palazzo «un altro pezzetto della mia vita se ne è andato, io in quella casa avevo un’amica…c’era un po’ del mio passato… coprono di cemento anche i prati…” commentava con amarezza. Quando era di buon umore, raccontava di Garibaldi, «un uomo barbuto che mi prendeva in braccio e mi baciava. Avevo appena quattro anni, ma la sua faccia mi è rimasta come fotografata negli occhi. Mi sembra ancora di sentire le punture della sua barba contro la mia pelle. E la sua voce molto lontana…”. La nipote Tilde continua: *Il papà di mia nonna era un bravo mandolinista e quando il generale dava una festa nella sua casa di Caprera, lo chiamava a suonare. Lui andava e si portava dietro la figlia che si riempiva di pasticcini. Garibaldi era un amico di famiglia, il giorno che mio bisnonno si sposò, il generale gli regalò una mucca. Sa…una volta si usava fare simili doni; il bisnonno aveva una macelleria. La «nonnina» raccontava anche che quando il generale aveva bisogno di suo padre, lo chiamava con i segnali di fumo, come gli indiani «e lui saliva in barca e andava. E tornava sempre colmo di regali per tutti. Piccola di statura, gracilina, Luigina Assunta Pepe aveva però una salute di ferro. Non aveva mai visto un medico, non aveva mai preso neppure un’aspirina in tutta la sua vita. Lo scorso anno era caduta e per la prima volta era stata portata all’ospedale per sospetta frattura di una gamba, ma subito dopo la visita aveva voluto tornare a casa: voleva dormire nel suo letto e la mattina dopo già camminava spedita verso la chiesa. 108 anni sono un peso non lieve, ma la «nonnina» lo reggeva bene. Della sua salute ne aveva cura il dott. Michele Demontis, che di tanto in tanto passava come per caso» a trovarla. Una -visita ‘ non'” Ufficiale perché la nonna non ne voleva sapere di farsi ascoltare, misurare la pressione. Ma al sanitario bastava un colpo d’occhio per capire che aveva a che fare con un organismo perfetto, che funzionava come un orologio. ‘Sicuramente la nonna aveva una dieta particolare chiediamo alla nipote? – risponde Tilde Mangiava di tutto, era di buona bocca. E in particolare era golosa di peperoni che mangiava a volontà a pranzo e anche a cena. Digeriva tuffo, mai un bruciore di stomaco, non sapeva neppure che gusto avesse il bicarbonato Poi il 30 luglio, improvvisamente Luigina Assunta Pepe ha cominciato a rifiutare il cibo. Il medico di famiglia ha consigliato di ricoverarla all’ospedale e Assunta non si è ribellate. Un brutto segno, Nessuno ha potuto farle tornare la voglia di vivere “si staccava le fleboclisi dicono i medici”. ‘Lasciatemi tranquilla mormorava accompagnando le parole con un gesto della mano. La mattina si è addormentata e alle 15,15 il suo cuore si è fermato.
A Cala Gonone, nel comune di Dorgali, scompare l’ultima foca monaca, una delle ultime presenti nel Mediterraneo occidentale. Precedentemente era toccato agli esemplari presenti nelle isole del nostro arcipelago (Santa Maria, Razzoli e Budelli) e nell’isola di Tavolara. Della sua antica presenza nelle isole, ci rimane il toponimo di “cala Bove Marino”, spiaggia nell’isola di Razzoli.
11 novembre
Muore di meningite una giovane americana, moglie di un sottufficiale in servizio a S. Stefano. Colpito anche il figlio che si salverà. I dipendenti italiani della base americana denunciano che si sarebbe violata la normativa sanitaria italiana e chiedono protezione.