CronologiaMillesettecento

Correva l’anno 1769

A partire dal 1769 la conquista francese scassinerà nell’isola degli equilibri linguistici saldamente stabiliti. È ′′ A Francisata ′′ la Francisazione della Corsica. Bonifacio conta 2393 abitanti, di cui 1076 uomini e 1317 donne; 725 sono gli abili alle armi.

In un documento corso sono nominate, e vengono descritte, tutte le isole che dipenderebbero da Bonifacio: La Magdelaine, Spargi, S. Stefano, Cabrera, S. Maria, Budello, La Risolta (Razzoli), Cavallo e Lavezzo (Serpentini).

gennaio

Il canonico Virgilio Mannu, celebrata per la prima volta la festa patronale di Santa Maria Maddalena (il 22 luglio 1768) e la festa dell’Assunta (il 15 agosto), sul finire dell’estate, anche in concomitanza della vendemmia, lasciò per qualche tempo l’arcipelago e i suoi abitanti per trascorrere un breve periodo a Tempio. Quanto vi rimase? Probabilmente un paio di settimane. Risulta infatti che prima di partire, il 15 settembre 1768, celebrò un funerale, quello del quarantenne soldato Giovanni Buscher e rientrò giusto in tempo per celebrarne un altro, il 2 ottobre, di San Michele, anche lui militare della Compagnia Franca. In quelle due settimane, considerato che allora l’assistenza spirituale alla truppa e agli isolani era considerata cosa molto seria da parte delle autorità (si pensi ad esempio che i militari che non facevano il precetto pasquale venivano severamente puniti), è possibile che a sostituirlo temporaneamente sia stato un qualche cappellano di una delle regie navi che approdarono in quel settembre a Cala Gavetta, ed anzi abbia approfittato proprio di questa presenza per assentarsi. Durante la sua permanenza a Tempio tuttavia il nostro canonico-parroco dovette maturare la decisione di chiudere quanto prima l’esperienza maddalenina. Da Castelaragonese (Castelsardo) dove risiedeva il vescovo Pietro Paolo Carta e da Cagliari, sede della corte vice Regia, furono possibilisti, purché fosse individuato un sostituto. La qual cosa tuttavia non era semplice visto che nessun prete della diocesi di Ampurias e Civita era disposto a trasferirsi “alle isole”, in un territorio di frontiera, dove tutto era ancora da costruire, anche la chiesa. Alla fine a dare la disponibilità fu un certo don Già Andrea Sardo, che in passato era stato cappellano sulle regie navi, e il suo nominativo fu inviato a metà ottobre dal vescovo a Cagliari. Dalla corte vice Regia, il 12 novembre, fu firmato il nulla osta con il quale si consentiva che questo sacerdote potesse sostituire il nostro canonico Virgilio Mannu, sia come cappellano militare che come parroco di Santa Maria Maddalena. Non sappiamo il motivo per il quale, alla fine, non se ne fece niente. Fatto sta che il nostro don Virgilio Mannu si dovette fare a Maddalena anche il secondo Natale, il Capodanno 1769 e una buona parte del mese di gennaio. Il suo sostituto arrivò a fine gennaio appunto.

5 febbraio

Riceveva il battesimo da don Virgilio Mannu, Maria Francesca Lucia Ornà (Ornano), nata il 23 gennaio precedente, figlia di Francesco Ornà e Laura Maria. Madrina fu Maria Ornà, isolana, e Stefano Barbery, non maddalenino, di un paese il cui nome nel registro parrocchiale risulta illeggibile. Nello stesso giorno altro battesimo, quello di Stefano Lucifero Giovanni Remigio Aloisio Martini, nato il 27 gennaio, figlio legittimo di Pasquale Martini, cagliaritano, e di Maddalena Ornà (Ornano), isolana. Questa bimba e questo bimbo, erano i primi che il nuovo parroco Virgilio Mannu, giunto poche settimane prima nell’Arcipelago nella pienezza dei poteri, battezzava (non si sa dove perché la chiesa era ancora in costruzione). Mentre la piccola Maria Francesca Lucia Ornà era figlia di isolani, il padre del piccolo Stefano Lucifero Giovanni Remigio Aloisio Martini era invece cagliaritano e la mamma maddalenina (non sappiamo se nata in Corsica o a Maddalena o Caprera). L’atto di battesimo non riporta la professione del padre ma tutto lascia presumere che fosse un militare. E doveva essere piuttosto importante nel piccolo presidio sardo-piemontese se a battezzare il nostro maschietto fu nientemeno che il capitano Stefano Willy, comandante delle Isole dal novembre 1768 e la moglie Teresa Ternona, algherese. E al figlioccio i genitori misero come primo nome proprio quello del padrino. Questa nascita ci consente un’importante deduzione: considerato che il piccolo Stefano nacque in costanza di matrimonio (peraltro “misto” tra un’isolana e un cagliaritano), questo presumibilmente dovette essere celebrato non meno di 9/10 mesi prima e pertanto è probabile essere stato contratto tra marzo e aprile 1768 (benedetto dall’altro Virgilio Mannu, il canonico), e di conseguenza potrebbe essere stato il primo matrimonio celebrato alle Isole (nella stessa primavera ci fu anche quello del cannoniere S. Domenico che si sposò anche lui con un’isolana). Il dato è importante perché il Registro dei Matrimoni dell’epoca è andato distrutto. (C. Ronchi)

26 aprile

300 uomini del Regio Corpo d’Artiglieria prendono possesso di Bonifacio.

maggio

Una fregata francese getta l’ancora a Villamarina e saluta la bandiera del Re di Sardegna con cinque colpi di cannone, è la prima volta che questo accade, ma purtroppo non significa affatto che i francesi intendano accettare il fatto compiuto della conquista sarda.

8 maggio

La battaglia di Pontenuovo (località situata tra Bastia e Corte) segna la definitiva sconfitta della rivoluzione paolina. La battaglia in còrso nel comune di Castello di Rostino, segna la definitiva sconfitta della rivoluzione paolina e che segna ufficialmente la fine del breve periodo della Repubblica Corsa indipendente, dal 1755 al 1769, appunto. Le truppe paoline si opposero a quelle di Luigi XV, su questo ponte di costruzione genovese che attraversava il Golo, Ponte Nuovo, in lingua corsa Ponte Novu. Le truppe francesi, sbarcate a Bastia, seguirono l’attuale strada N193 con l’obiettivo di raggiungere Corte, capitale della Repubblica Corsa e centro nevralgico del potere. L’idea del generale Paoli era quella di bloccarli nel momento in cui dovevano attraversare il fiume Golo, attraversando appunto la strettoia del Ponte Nuovo. Pasquale Paoli dunque stabilì il quartier generale a Rostino, e piazzò un ingente numero di truppe su entrambi i lati del ponte, per decimare le truppe nemiche all’arrivo e impedire che si ammassassero prima del ponte. La ricostruzione della dinamica della battaglia non è chiara, ci sono diverse versioni, ma un elemento in comune è che le truppe che avrebbero dovuto reggere per prime l’impatto con i Francesi, rincularono sotto la loro spinta e cercarono di attraversare il ponte. Dall’altra riva i mercenari prussiani assoldati da Paoli per dare man forte alle truppe Corse, per ragioni non chiare, continuarono a sparare, e così molti soldati Corsi morirono sotto il fuoco incrociato. Centinaia di soldati morirono nello scontro, i Corsi furono sconfitti, la Francia prese ufficialmente possesso dell’isola, ceduta dalla Repubblica di Genova nel 1768, e Paoli fu costretto all’esilio in Inghilterra. Malgrado la sconfitta, i còrsi, per il coraggio dimostrato in battaglia, si guadagnarono l’ammirazione europea, specialmente presso gli intellettuali illuminati che vedevano in loro la prima sfida aperta all’Ancien Régime. Voltaire scriverà della battaglia sottolineando il valore dei còrsi che difesero il ponte, additandoli come esempio di eroica rivendicazione della libertà, mentre James Boswell, nel suo Account of Corsica (1768), già aveva paragonato Paoli ad un novello Licurgo. Paoli sfuggì alla cattura e, imbarcatosi per Livorno, raggiunse Londra dove fu accolto in un esilio onorato (fu ricevuto personalmente dal re Giorgio III e dotato di una pensione), mentre in Corsica restava il suo segretario Carlo Maria Buonaparte, padre di Napoleone, a tentare – assieme ad altri notabili – un’estrema resistenza. La schiacciante e sanguinosa vittoria militare delle armi francesi, tuttavia, presto fece pendere decisamente la bilancia politica dalla parte della Francia e lo stesso Buonaparte finì per aderire al partito francese. Presso il ponte una stele con una croce di legno che sostituisce la precedente, danneggiata durante un’inondazione lo scorso autunno, in attesa di un nuovo monumento. La stele riporta le seguenti parole: “Qui casconu u 9 maghju 1769 e milizie di Pasquale de Paoli luttendu per a libertà di a patria”.

15 agosto

Nasce ad Ajaccio Napoleone Bonaparte. Nacque in Corsica, poco più di un anno dopo la stipula del Trattato di Versailles del 1768, con il quale la Repubblica di Genova lasciava mano libera alla Francia nell’isola, che fu così invasa dalle armate di Luigi XV e annessa al patrimonio personale del Re. La famiglia Bonaparte apparteneva alla piccola borghesia corsa e aveva lontane origini nobili toscane (sembra accertato che gli antenati fossero immigrati in Corsica da Sarzana nel XVI secolo, al servizio di Genova). Napoleone farà visita ad alcuni suoi parenti di San Miniato durante la prima campagna d’Italia. La famiglia fiorentina dei Buonaparte si è dispersa fin dall’epoca medievale in varie parti d’Italia: un ramo della famiglia si è stabilito a San Miniato, un altro a Sarzana, e proprio alcuni discendenti di questi Buonaparte sarzanesi decisero nella seconda metà del Quattrocento di trasferirsi in Corsica. Da loro quindi discende Napoleone Bonaparte, che in molti scritti dimostra di aver ben chiara la se pur lontana ascendenza sarzanese della propria famiglia.
A Sarzana la famiglia Buonaparte, che era riuscita ad imparentarsi con un ramo dei Malaspina, risiedeva in una casa torre ancora oggi ammirabile. Il padre di Napoleone, Carlo Maria Buonaparte (Napoleone cambiò il cognome in “Bonaparte” dopo la morte del padre, pochi giorni prima di sposare Giuseppina e partire per la campagna d’Italia, per renderlo più adatto alla lingua francese), avvocato, laureatosi all’Università di Pisa, aveva effettuato ricerche araldiche per ottenere presso i lontani parenti di San Miniato una patente di nobiltà che gli conferisse prestigio in Patria e gli permettesse di meglio provvedere all’istruzione dei figli. In realtà già nel suo atto di battesimo, redatto ad Ajaccio in lingua italiana, viene attestata la nobiltà della famiglia e si riporta il cognome Bonaparte, prova che esso non era definitivamente fissato nella forma Buonaparte, mentre nei successivi atti, in italiano, relativi a Paola e a Luigi Napoleone il cognome, ancora nella forma Bonaparte, è preceduto dalla particella “de”.
Carlo Maria Bonaparte morì prematuramente a causa di un tumore dello stomaco, il 24 febbraio 1785, a Montpellier. La madre era Maria Letizia Ramolino, discendente da nobili toscani e lombardi; al momento del matrimonio, il 2 giugno 1764, aveva 14 anni, mentre il marito ne aveva 18. La coppia ebbe 13 figli, di cui solo otto sopravvissero: oltre Napoleone anche i fratelli Giuseppe, Luciano, Luigi e Girolamo; le sorelle Elisa, Paolina e Carolina. Lo stesso Napoleone disdegnò in più occasioni tali ascendenze illustri affermando che voleva essere fondatore e non discendente di tale nobiltà.
I due genitori combatterono nella guerra fra i corsi e i francesi e Maria combatté anche quando era incinta di Napoleone, suo secondo figlio. Il 15 agosto 1769 durante la festa dell’assunzione si recò alla cattedrale di Ajaccio, al suo ritorno a casa, intorno a mezzogiorno si accasciò dando alla luce Napoleone. Venne battezzato due anni dopo, il 21 luglio 1771. A 5 anni venne iscritto in un asilo d’infanzia, studiò con l’abate Recco per quattro anni, nei quali ricevette educazione anche dallo zio, l’arcidiacono Luciano. Fu grazie al titolo nobiliare ottenuto in Toscana che il padre Carlo poté iscriversi al Libro della nobiltà di Corsica, istituito dai francesi per consolidare la conquista dell’isola e, solo grazie a tale iscrizione, all’età di appena nove anni, il giovane Napoleone fu ammesso il 23 aprile 1779, sempre per iniziativa del padre, alla Scuola reale di Brienne-le-Château, nel nord della Francia, dove rimase fino al 17 ottobre 1784 (alcuni storici, erroneamente, ritengono fino al 30 ottobre dello stesso anno). Per migliorare il suo francese e prepararsi alla scuola, prima frequentò per quattro mesi il collegio di Autun, i suoi studi furono finanziati grazie ad una borsa di studio di duemila franchi. Napoleone inizialmente non si considerava francese e si sentiva a disagio in un ambiente dove i suoi compagni di corso erano in massima parte provenienti dalle file dell’alta aristocrazia transalpina, e lo prendevano crudelmente in giro motteggiando il suo nome come “la paille au nez = la paglia per il naso” (l’accusa di essere straniero l’avrebbe perseguitato per tutta la vita). Qui strinse amicizia con Louis-Antoine Fauvelet de Bourrienne, suo futuro biografo, e nel frattempo il giovane Napoleone si dedicò con costanza agli studi, riuscendo particolarmente bene in matematica. Durante gli studi a Brienne, Napoleone si lamenta della situazione economica in cui versa. Già si riscontra una ferma consapevolezza delle proprie qualità intellettuali, non priva di un certo disprezzo per gli altri compagni, che viene qui fieramente rivendicata persino con amarezza. Trovandosi per la prima volta lontano dalla famiglia, a pensargli non sembra tanto la mancanza di mezzi in quanto tale, bensì la derisione di cui è fatto oggetto e il conseguente senso d’inferiorità sociale. Uno stato d’animo che forse rinfocolerà ancor di più il desiderio di rivalsa del giovane e brillante allievo. Dopo il giudizio positivo del cavaliere di Kéralio il 22 settembre 1784 il suo successore, l’ispettore militare Reynaud des Monts gli concesse l’ammissione alla Regia Scuola Militare di Parigi, fondata da Luigi XV su consiglio di Madame de Pompadour, dove giunse nella sera del successivo 21 ottobre, partito giorni prima il 17.
Nel 1785 tentò di passare in Marina, ma in seguito all’annullamento degli esami d’ammissione di quell’anno, passò in artiglieria, desideroso di abbandonare gli studi al più presto e dedicarsi alla carriera militare. Alloggiava in una mansarda. Fra i suoi insegnanti figurava Gaspard Monge, creatore della geometria descrittiva. Ottenne quindi la nomina a sotto luogotenente a soli 16 anni e fu distaccato, il 1º settembre 1785, presso un reggimento d’artiglieria di stanza a La Fère, come sotto luogotenente, per assumere la luogotenenza, pochi mesi dopo, presso un reggimento di stanza a Valence, nel sud-est della Francia.
In quei tempi si innamorò prima di Caroline, figlia di Anna du Colombier ed in seguito di Luoise-Marie-Adelaide de Saint-Germain, in entrambi i casi venne rifiutato.
La sua prima relazione fu con una prostituta.
Nel 1787 tornò a Parigi, poi viaggiò in Corsica e infine raggiunse il reggimento ad Auxonne.
Frattanto il giovane Napoleone continuava a detestare segretamente la Francia ed i francesi ed a coltivare la causa dell’indipendenza della Corsica, come testimoniato significativamente da un suo scritto del 1787: «Francesi, non paghi di averci portato via tutto ciò che ci era caro, avete anche corrotto i nostri costumi. La situazione attuale della mia patria, e l’impossibilità di mutarla, sono dunque un nuovo motivo per fuggire una terra in cui sono obbligato per dovere, a lodare uomini che per virtù dovrei invece odiare. Quando arriverò nella mia terra, che atteggiamento adottare, che linguaggio tenere? Quando la patria non è più, un buon patriota deve morire.» Allo scoppio della rivoluzione nel 1789, Napoleone, ventenne e ormai ufficiale del re Luigi XVI, riuscì ad ottenere una lunga licenza grazie alla quale poté riparare al sicuro in Corsica.
Una volta stabilitosi qui si unì al movimento rivoluzionario dell’isola assumendo il grado di tenente colonnello della Guardia Nazionale.
Nel 1791 si innamorò di Manesca Pillet ma venne rifiutato, e dopo essere stato per alcuni mesi a Auxonne il 1 giugno venne inviato nel 4º reggimento d’artiglieria a Valence con il grado di primo luogotenente.
Nel gennaio del 1792 si candida come tenente colonnello e venne eletto, con alcuni dubbi, il 28 marzo, in seguito verrà momentaneamente retrocesso al rango di capitano.
Per i suoi continui viaggi in Corsica, superando il tempo concessogli per la licenza militare, rischiò di essere considerato disertore, preoccupato ritornò a Parigi nello stesso anno.
Nel frattempo in Corsica infuriava la guerra civile scoppiata appunto nel 1793. Già dal 1792 gli eccessi rivoluzionari e l’instaurazione del “Terrore” avevano spinto l’eroe nazionale dell’indipendenza corsa, Pasquale Paoli (che era rientrato trionfalmente nel suo Paese nel 1790, dopo il lungo esilio impostogli dai Re di Francia), a prendere le distanze da Parigi e a riprendere la lotta per l’indipendenza della Corsica. Accusato di tradimento e inseguito da un mandato di arresto emesso dalla Convenzione nazionale il 2 aprile 1792, Paoli ruppe gli indugi il 17 aprile, appellandosi direttamente a tutta la popolazione còrsa affinché difendesse la propria patria e i propri diritti. La famiglia Buonaparte, che pure aveva sostenuto Paoli al tempo della rivolta contro Genova e poi contro le Armate di Luigi XV (il padre Carlo e forse anche la madre parteciparono accanto a Paoli alla battaglia di Ponte Nuovo contro i francesi), scelse però la causa francese.
Nel febbraio 1793 comandò i 350 uomini dell’11º battaglione verso l’isola della Maddalena, il 22 febbraio sbarcò a Santo Stefano, l’attacco non riuscì. Napoleone fuggì rapidamente ad Ajaccio e di lì riparò con l’intera famiglia, accusata di tradimento, a Tolone. Il 12 settembre 1793 giunse al quartier generale di Cartaux. In sei settimane riorganizzò le forze per l’assedio alla città, preparò 100 pezzi di grosso calibro e raccolse vari ufficiali competenti. Con l’appoggio di Gasparin, uno dei tre commissari a Tolone, riuscì ad avere il controllo dell’artiglieria d’assedio, intanto divenne capo di battaglione, il 19 ottobre.
A Cartaux successe Doppet e poi il capace generale Jacques François Dugommier, conobbe Andoche Junot che poi farà governatore di Parigi, il 1 dicembre viene nominato dal generale Dugommier aiutante generale. Riuscì a conquistare il forte dell’Eguillette, chiamato la piccola Gibilterra, e dopo gli altri forti nel dicembre 1793, liberò il porto di Tolone dai monarchici e dalle truppe inglesi che li appoggiavano; fu il suo primo clamoroso e avventuroso successo militare, che gli valse la nomina a generale di brigata il 22 dicembre e l’attenzione del futuro membro del Direttorio Paul Barras, che lo aiuterà poi nella successiva scalata al potere. La sua amicizia con Augustin Robespierre, fratello di Maximilien, prima lo liberò dagli arresti in casa cui era stato costretto nel 1794 poi lo fece cadere in disgrazia all’indomani del 9 termidoro e la conseguente fine del Terrore. Venne arrestato con le accuse di spionaggio e poi liberato.
Le sue avventure galanti lo portano a sedurre Louise Gauthier, moglie di un deputato e a fidanzarsi, il 21 aprile 1795 con Désirée Clary.
Tuttavia la fortuna gli arrise quando il 13 vendemmiaio (5 ottobre 1795) Barras lo nominò, all’improvviso, comandante della piazza di Parigi, con l’incarico di salvare la Convenzione nazionale dalla minaccia dei monarchici (realisti). Con l’aiuto di Gioacchino Murat al comando della cavalleria, Napoleone colpì spietatamente i rivoltosi scongiurando un nuovo colpo di Stato. In seguito al brillante successo, Barras lo nominò generale del Corpo d’armata dell’Interno.

21 settembre

Sollecitato dal governo di Torino, il pontefice adotta nuovi provvedimenti per la Chiesa sarda e li comunica ai prelati dell’isola con le encicliche Inter multiplices e Decet quam maxime: la prima rivaluta la congrua dei parroci e punta a ristabilire l’autonomia delle chiese parrocchiali, la seconda riordina la delicata materia dei tributi e delle tasse spettanti agli ecclesiastici.

29 novembre

Il capitano Porcile, il reggente la Reale Cancelleria e i rappresentanti dell’Ordine mauriziano sottoscrivono i capitoli per il secondo tentativo di colonizzazione dell’isola di Sant’Antioco, il cui dominio utile era passato con una transazione del 1758 dalla mitra di Iglesias all’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.

9 dicembre

Speciali agevolazioni vengono concesse alla Reale stamperia di Torino per impiantare una tipografia nell’isola.