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Domenico Lovisato

In questa nota si intende ricordare una figura “storico – scientifica”, che ha visitato con una certa frequenza le isole dell’arcipelago, negli anni che vanno dal 1870 al 1915, per far visita all’amico Giuseppe Garibaldi e per studiare il territorio delle isole dal punto di vista geologico, intrattenendosi con il Generale in discussioni politiche e di carattere naturalistico.
Domenico Lovisato, ancora oggi sconosciuto ai più, nacque ad Isola d’Istria il 12 agosto 1842 da genitori poverissimi, terzo di cinque figli di Giuseppe Lovisato e di Antonia Vascotto; all’età di due anni perse il padre.
Fin da ragazzo fu attratto dal regno naturale; nella povertà e con enormi sacrifici, dopo aver frequentato il ginnasio di Capodistria, riuscì a frequentare il corso di matematica dell’Università di Padova, dove fu indicato quale giovanissima promessa della scienza italiana.
Patriota fino all’estremo, si rese protagonista di clamorose proteste studentesche contro la polizia austriaca; fu processato e incarcerato diverse volte, subendo l’espulsione da tutte le scuole dell’Impero. La sua fama di studente modello e l’intervento del senato accademico lo reintegrarono con l’ottenimento di un solo anno di confino al suo paese natale. La sua “prigionia” durò ben poco; due mesi dopo si arruolò al seguito di Garibaldi per combattere con l’eroe in Trentino e per la liberazione della Venezia Euganea.
Alla fine della guerra nel 1867 fece ritorno a Padova, nel frattempo diventata italiana, per completare gli studi e laurearsi. Fu subito nominato assistente alla cattedra di matematica acquisendo ben presto esperienze nel campo della geologia e della botanica. Insegnò a Sondrio, Sassari, Agrigento, Catanzaro e Cagliari, diventando un punto di riferimento per molti allievi.
Nel 1879 venne nominato professore straordinario di geologia e mineralogia all’Università di Sassari, successivamente, nel 1881 partecipò al seguito del capitano Giacomo Bove alla spedizione scientifica in Patagonia e nella Terra del Fuoco, scoprendo nuove terre e montagne alle quali diede il nome di Monte Trieste, Monte Garibaldi, Monte Roma e Baia Pia.
I riconoscimenti, gli onori conquistati nel campo della scienza e le offerte del governo argentino per trattenerlo in Sudamerica non mutarono l’esuberanza patriottica del Professore il quale da irriducibile garibaldino fece ritorno in Italia.
Giunto ad Isola d’Istria gli venne notificato il seguente bando: “Al signor Domenico Lovisato professore, ora in isola. Considerato che Ella non possiede la sudditanza austriaca, considerato che la di Lei dimora in questo territorio si presenta per riguardi d’ordine pubblico e di sicurezza come inammissibile, l’i.r. Capitanato distrettuale trova di pronunciare a mente del paragrafo 2, capoverso V, della legge 27 luglio 1871 B.L.I.N. 88 in Lei confronto lo sfratto forzoso.
Nel caso del di Lei ritorno, verrebbe consegnato all’Autorità giudiziale e penale per la punizione. Capodistria, 1 luglio 1883 L’I.I. Capitanato distrettuale Bosizio m.p. Dovette perciò immediatamente ripartire rifugiandosi in Sardegna, terra considerata da lui come seconda Patria.

Nel 1884 venne nominato professore ordinario di geologia e mineralogia all’Università di Cagliari: durante questo periodo aggiornò l’opera di Alberto La Marmora, organizzò il Club Alpino Sardo, organizzò la costruzione del Rifugio La Marmora sul Gennargentu.
Numerose pubblicazioni riguardanti la geologia e la mineralogia della Sardegna rimangono a testimonianza della sua attività scientifica quali: articoli e relazioni pubblicati su Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, nel Bollettino del Comitato Geologico e della Società Geologica Italiana, nelle Memorie della Palaentographia Italica, nella Rivista Italiana di Paleontologia, nel Bollettino della Società Geografica Italiana e i altre riviste minori.

Domenico Lovisato e l’Arcipelago

Lovisato realizzò i primi due lavori riguardanti l’arcipelago dedicandoli all’Isola di Caprera; si recò, durante le sue frequenti visite annuali per onorare la memoria del suo grande amico Garibaldi, nella cosiddetta zona “arcaica” dell’isola (l’attuale Cala Andreani – Punta Rossa) dove scoprì due specie minerali: la tormalina (1895) e il granato (1896).
Il professore, in seguito, ebbe modo di visitare le isole dell’intero arcipelago ed in particolar modo la grande cava di granito di Cala Francese nel pieno della sua attività estrattiva.
Conobbe il proprietario Attilio Grondona, il direttore delle cave Carlo Denegri e l’assistente Carlo Zanat con i quali instaurò una profonda amicizia e una fattiva collaborazione per poter ricevere materiale da studiare al suo domicilio di Cagliari.
La grande quantità di materiale estratto mise in luce ciò che più di ogni altra cosa interessava al professore: “la roccia e i minerali”. Raccolse quanto occorrente per effettuare analisi approfondite e poter realizzare quello che può essere considerato il primo lavoro completo sui minerali delle cave di Cala Francese. Nella sua memoria (1913) enumera e descrive 32 specie di minerali accessori, oltre ai componenti essenziali, il quarzo, il feldspato monoclino e triclino e la mica biotite. Nella sua nota sono intercalate numerose analisi chimiche, la descrizione dettagliata delle prove di resistenza allo schiacciamento effettuate sulle rocce, le forniture importanti della Società Esportazioni Graniti Sardi e momenti di vita della cava; descrivendo inoltre il granito di Cala Francese così: “quando in Italia e fuori si parla di granito italiano, da tutti, intelligenti o profani, si corre tosto colla mente alla splendida roccia di Baveno, riguardata finora come il miglior granito, che si conosca. Oggi però non soltanto per la bontà, ma anche per la durezza, per la bellezza e specialmente per la resistenza allo schiacciamento ed alla rottura la bella roccia di Baveno deve cedere il posto alla superba granulite di Cala Francese, la quale per le numerose esperienze fatte occupa senza dubbio il primo posto fra tutte le roccie granitoidi che finora si conoscono”.
E’ stato uno dei cittadini benemeriti di La Maddalena, intervenendo nelle offerte in denaro per la realizzazione della colonna Garibaldi in occasione del centenario della nascita dell’Eroe (1807-1907).
Nonostante il suo tempo fosse dedicato al lavoro di ricercatore e di insegnante, nelle vene del professore istriano scorreva però ancora il sangue della politica. L’odio innato nei confronti dell’Impero austroungarico raggiunse il suo apice nel maggio del 1915, allorché chiese di essere arruolato come volontario sul fronte italiano della Prima guerra mondiale, per poter contribuire alla tanto attesa liberazione dell’Istria.
Il gesto dell’anziano professore fu molto apprezzato, ma nonostante tutto egli non poté gioire della vittoria definitiva contro i suoi nemici di sempre.
Domenico Lovisato, si spense, dopo lunghe sofferenze, a Cagliari il 23 febbraio 1916.
Per espressa volontà, volle che la tomba della sua famiglia fosse ricoperta da un masso di granito di Cala Francese; la figlia Pia prese i primi contatti nel 1920 con Attilio Grondona, il quale, sensibile a tale richiesta, in ricordo dell’amico scomparso, mise a disposizione la propria cava e le maestranze per la realizzazione del pezzo.
La tomba di Lovisato è situata nel vecchio cimitero di Bonaria a Cagliari; conserva oltre le spoglie del professore anche quelle della moglie Pia Tamaro deceduta nel settembre del 1920.
E’ un nostro dovere ricordare il nome di un così illustre amico dell’arcipelago e dell’eroe di Caprera; è auspicabile che la attenta comunità maddalenina vorrà, un giorno, intitolargli almeno una strada cittadina.
La speranza è che questa breve nota possa in qualche modo servire per chi già da tempo avrebbe dovuto conoscere il garibaldino di fede e di adozione, il geologo insigne, che aveva per motto “Patria, Scienza, Famiglia”.

T. Gamboni