Angelo Tarantini, matrimonio e vita a Thiesi
Il distacco di Tarantini dalle vicende nazionali rappresenta uno spartiacque per le sue scelte future; egli sarebbe potuto rimanere nel Regio Esercito, accettando le scelte del governo piemontese che non aveva riconosciuto alla stragrande maggioranza dei graduati garibaldini i gradi da loro ricoperti nell’esercito meridionale; al riguardo, fra i volontari maddalenini, migliore sorte ebbero i Susini, ovvero Nicolò, fratello del nominato Pietro ed il citato figlio di quest’ultimo Pompeo, che come ufficiali continuarono la carriera militare nella regia armata; Tarantini non compì tale scelta, forse per un ideale repubblicano o forse perché non voleva intraprendere una scelta di vita che gli avrebbe comportato, cominciando dai gradini iniziali dell’ordinamento militare, la condivisione di un’esistenza cui probabilmente non era portato; d’altronde, in giovane età, aveva scelto di non arruolarsi nella Regia Marina Sarda a differenza di molti suoi cugini.
A questo punto è plausibile che il nostro uomo, ritornato in Sardegna, abbia rinunciato ad una militanza patriottica culminata nella partecipazione alla più importante e decisiva impresa militare dell’intero Risorgimento Italiano, per iniziare un’altra vita, forse amareggiato dalla piega degli eventi, forse convinto che non vi era più un ruolo per lui nell’epopea garibaldina e risorgimentale o che comunque questo ruolo gli avrebbe comportato rischi e sacrifici tali, per i quali non aveva forse commisurate motivazioni personali; in ogni modo nelle seguenti imprese garibaldine il suo nome non fu più presente ed anche se, indirettamente, la citata procura del suo matrimonio rilasciata sul finire del 1862, al garibaldino Antonio Lombardi, potrebbe indicare un suo perdurante coinvolgimento nella causa risorgimentale, non si è trovato in merito alcun successivo raffronto documentale.
Rientrato alla Maddalena comunque nel corso dell’anno, si sposò come visto, tramite procura notarile, con la sedicenne thiesina Antonina Fadda; la madre di quest’ultima, Maria Antonia Chighine, apparteneva ad una famiglia thiesina benestante e in rapporti con l’influente famiglia dei Flores-Nurra.
Il matrimonio si celebrò, due mesi dopo la firma della procura, a Thiesi il 28 gennaio 1863 e, come già detto, fu il volontario Antonio Lombardi a presentarsi di fronte al sacerdote per rispondere alle domande di rito.
Sugli accadimenti che portarono all’unione con la giovane Antonina è credibile che Tarantini, interrotta o sospesa la parentesi patriottica nell’arco del 1862, alla ricerca di una qualche attività lavorativa, si sia recato anche a Thiesi presso la cugina Adelaide Tarantini che vi risiedeva da almeno sei anni essendole nato il primo figlio nel 1856, in un paese che conosceva molto bene avendovi svolto attività di proselitismo patriottico, tre o quattro anni prima; è ragionevole credere che già in quella situazione avesse avuto l’opportunità di conoscere Antonina Fadda, nipote della cugina (Adelaide era la zia acquisita in quanto aveva sposato Gavino Chighine, fratello della madre di Antonina); dalla rinnovata amicizia scaturì, anche senza una promessa formale di matrimonio, il fidanzamento fra i due. È evidente, specie in una piccola località quale era quella di Thiesi, come fosse sufficiente ballare con la medesima dama, solo alcune volte di seguito, per impegnarsi pubblicamente ed attestare la volontà di porre le basi per un comune futuro.
Avviato il fidanzamento, è possibile che Tarantini, cercando un lavoro a lui congeniale, abbia pensato al suo primo mestiere, ovvero quello di marittimo; rientrando quindi a La Maddalena, in attesa degli eventi, volle comunque rassicurare l’amata e la sua famiglia firmando di fronte al notaio la procura per il matrimonio.
Su tale momento della sua vita, nel citato testo inedito, tratto dalle memorie del garibaldino livornese Andrea Pacini, che già conobbe il Tarantini all’imbarco della spedizione dei Mille, emerge che questi, in seguito ad una viaggio compiuto a Caprera verosimilmente nei primi mesi del 1863 per visitare Garibaldi, infermo in seguito alla ferita dell’Aspromonte, una volta giunto con i compagni al punto d’imbarco di Palau, affermava: «…ci imbarcammo su una grossa barca che portava scritto a poppa in caratteri rossi “Il leone di Caprera”, chiaro omaggio al gradito ospite di quell’incantevole isola. Ad attenderci sulla banchina della Maddalena trovammo la famiglia Tarantini al completo, Angelo il capo famiglia era uno dei tre partecipanti sardi all’impresa dei Mille. ».
La dichiarazione del Pacini ci testimonia quindi che la giovane coppia di sposi, almeno inizialmente, visse nell’isola maddalenina. Su tale decisione, voluta o dovuta, si può avanzare l’ipotesi che la situazione familiare e gli eventi che ne scaturirono, abbiano avuto come causa un possibile disaccordo con i genitori della sposa; tale disaccordo si potrebbe legare ad un rancore per la responsabilità diretta del Tarantini nella vicenda della morte del loro primogenito Francesco Fadda, partito insieme al maddalenino fra i volontari thiesini del 1859. Tale contesto durò, forse, sino alla nascita della primogenita avvenuta nel 1864, avvenimento che potrebbe aver quindi stemperato l’iniziale contrarietà dei suoceri di Tarantini.
Fu tra il 1863 ed il 1864, verosimilmente, che la famiglia Tarantini dovrebbe essersi stabiliti a Thiesi; la nascita della primogenita Giuseppa porta la data del 9 marzo 1864.
Vi è da dire che i contatti con La Maddalena non cessarono: Tarantini, perlomeno durante i primi anni del matrimonio, fece qualche viaggio al paese natale; un ricordo di famiglia attesta che, in una di queste visite, forse la prima che Tarantini fece in compagnia della giovane e graziosa consorte Antonina, che tra l’altro, seguendo le memorie degli eredi, aveva dei begli occhi celesti, essa venne presentata a Garibaldi, verosimilmente nella casa di Caprera; nell’incontro il Generale, rivolgendosi alla moglie, la salutò dicendo « do il benvenuto alla bella moglie di Tarantini ».
Dopo la nascita della prima figlia, Tarantini iniziò a ricevere il vitalizio accordato dal governo ai Mille di Marsala nel corso dell’anno 1865.
Al riguardo, se ne trova riscontro, non solo nella documentazione ufficiale dello Stato, ma anche presso l’archivio dell’anagrafe di Thiesi, già dalla registrazione della nascita del figlio Sebastiano nato il 2 maggio 1867, dove Angelo Tarantini risulta indicato come Pensionario dello Stato, e presso l’archivio dell’anagrafe del comune di La Maddalena, ove risulta annotato quale Pensionato dei Mille di Marsala.
A testimonianza ulteriore di un legame sempre più stretto con la città logudorese, di una scelta che col tempo pare diventare definitiva, vi è il trasferimento da La Maddalena della madre di Angelo, Maria Scotto, al seguito dell’unico figlio e della sua nuova famiglia. La Scotto morirà poi nella stessa Thiesi nel 1871.
Dal matrimonio fra Angelo e Antonina Fadda nacquero quindici figli (tra il 1864 e il 1889), di cui dodici femmine e tre maschi. Vi è da rilevare che nella discendenza maschile dei tre figli nati dal matrimonio, attualmente è presente in Sardegna solo il ramo proveniente dal terzogenito Sebastiano; gli altri due maschi furono il secondogenito Francesco, nato nel 1865, che si stabilì a Conegliano Veneto in qualità di militare nel Regio Esercito e Giovanni Giacomo Antonio del 1876, che morì celibe a Thiesi.
Circa l’abitazione ove si svolse la vita della famiglia Tarantini – Fadda, in base alle indicazioni provenienti dai registri delle nascite del comune thiesino si rileva come essa sia stata, per lo meno nel periodo iniziale, quella di proprietà della famiglia Flores-Nurra situata in via S’ena, come risulta dall’atto di nascita di Sebastiano Tarantini nel 1867; da una consultazione fatta nel Sommarione risalente alla metà del 1800, tale presenza è stata confermata: donna Maria Francesca Flores vedova Nurra, possedeva un’abitazione proprio in quella via; la notizia potrebbe essere rafforzata dal fatto che, presso i Nurra – Flores, lavorarono probabilmente Maria Antonia Chighine e la figlia Antonina Fadda.
Tale coabitazione potrebbe spiegarsi, ritornando indietro nel tempo, come una forma di solidarietà se non di risarcimento, da parte della potente famiglia Flores, in primo piano nelle sollevazioni popolari thiesine del 1795, nei riguardi dei Chighine che, durante le rivolte antifeudali sopraccitate, erano stati duramente colpiti dalla repressione del governo piemontese repressione culminata con la confisca di tutti i beni della famiglia.
La situazione però è decisamente più complessa: infatti, dai Registri dell’anagrafe comunale, risulta che la famiglia Tarantini cambiò più volte il proprio domicilio negli anni della permanenza thiesina: dopo la nascita di Sebastiano in via S’ena, quando nacque Maria Raffaella nel 1869, la famiglia era domiciliata in una tale via Pischetto dove ancora viveva nel 1871 quando vi morì Maria Scotto, la madre di Tarantini. Nel 1874, invece, la famiglia, al momento della nascita della figlia Maria Adelaide, risiedeva in via Pani; nel 1876 Gian Giacomo nacque invece in via de S’istradone.
Insomma il quadro che ne viene fuori è quello di una decisa precarietà, confermata da una ricerca effettuata presso l’Archivio di Stato di Sassari nel Fondo Cessato Catasto, da cui scaturisce che Angelo Tarantini non era possidente di case e che la famiglia fu proprietaria solo di terreni provenienti dalla madre di Antonina Fadda.
La circostanza è certamente strana e parrebbe non contraddire, ancora una volta, la tradizione orale pervenuta agli attuali eredi Tarantini. Infatti nella famiglia, come testimoniato dal pronipote Giovanni Spano, è sempre stata profonda la convinzione che Angelo Tarantini non fosse mai vissuto stabilmente a Thiesi, bensì avesse mantenuto la residenza a La Maddalena e che la moglie tornasse nella città natale ogni qual volta dovesse partorire. Del resto, nei costumi thiesini, era una consuetudine, rimasta in uso sino alla metà del Novecento, che la donna partorisse nel paese della propria madre; questo fatto traeva origine dalla diffidenza che circondava il lavoro delle ostetriche di professione e dalla maggiore fiducia che, invece, riscuotevano le “esperte” di famiglia.
È evidente che tali ricordi vadano considerati con prudenza ed inoltre che le due versioni non siano fra loro conciliabili. La tradizione familiare parrebbe essere confermata dai numerosi spostamenti di domicilio che danno davvero l’idea di una mancanza di residenza stabile e duratura; allo stesso tempo altre documentazioni invece, danno torto al quadro che emerge dall’anagrafe del comune di Thiesi; in primis un documento notarile, datato Thiesi 8 novembre 1865, con cui tale Andrea Santoru Chighine, cugino carnale della madre di Antonina Fadda, costituiva « …per suo Procuratore generale e speciale il signor Angelo Tarantino fu Giuseppe nativo della Maddalena, e qui domiciliato, al quale ha conferita ed attribuita la facoltà e l’autorità seguente, di amministrare cioè tutti i suoi beni ed affari…»; poi, la mancanza di ogni riferimento di Tarantini nell’archivio comunale di La Maddalena fino al 1894, data del ritorno al paese natale, e soprattutto il trasferimento a Thiesi di Maria Scotto, madre di Angelo, avvenimento che testimonierebbe un quadro familiare più stabile, tale da averla indotta a seguire nella città logudorese l’unico figlio ormai sposatovi.
Inoltre vanno tenute presenti le difficoltà viarie e dei trasporti in quel periodo, difficoltà che rendevano i viaggi disagevoli e pericolosi, soprattutto per una donna in stato di gravidanza. In definitiva, ad oggi, l’ipotesi che Angelo Tarantini sia vissuto in maniera continua a Thiesi con la sua famiglia appare la più probabile.
Ma quale fu l’attività che legò strettamente Angelo Tarantini al paese thiesino?
Dagli atti del comune di Thiesi sino al 1874, Angelo risulta essere Pensionario dello Stato, mentre nel 1876, Tarantini risulta esercitare l’attività di negoziante.
Di ciò ne abbiamo riprova ufficiale da una lettera della Prefettura di Sassari, datata 16 marzo 1875 con la quale il Prefetto dava comunicazione al Ministero dell’Interno, circa una indagine governativa, finalizzata ad una revisione delle pensioni assegnate ai Mille di Marsala; in particolare nella scheda apposita alla voce professione si precisava per Tarantini « Rivenditore di liquori e tiene bigliardo ». A questo riguardo, si è già visto come il cronista garibaldino dei Mille, il livornese Pacini, anche lui rivenditore di liquori, nel maggio del 1860, annotasse nel suo personale diario che Tarantini possedeva una bottega a Thiesi; questa notizia, quindi, manifesta che l’attività di negoziante fosse in un qualche modo radicata e che quindi insieme al beneficio della Pensione dei Mille di Marsala, abbia favorito la decisione di fermarsi a Thiesi; è da sottolineare come, nel successivo stabilirsi della famiglia nella realtà del paese, il figlio Sebastiano abbia in seguito esercitato con successo la gestione di un emporio di generi vari.
Certo, non possiamo affermare con certezza che l’attività svolta a cavallo della Spedizione dei Mille sia la stessa cui fa riferimento la predetta indagine ministeriale; l’arco temporale copre una quindicina d’anni. Si può ipotizzare, certamente, che in questo lasso di tempo Tarantini non godeva di una stabile situazione economica, almeno sino all’assegnazione della Pensione dei Mille di Marsala; lo si deduce da una citata nota della Prefettura di Sassari, nel 1865, all’interno della corrispondenza relativa alla concessione da parte del Governo della Pensione stessa, ove il Prefetto, parlando di Tarantini e dell’altro citato garibaldino dei Mille, Luigi Rigoni, dichiara “ i quali trovansi in stato di strettissimo bisogno e si raccomandano vivamente alle filantropiche cure del governo”.
Un’altra possibilità, riguardo l’attività lavorativa, è che egli avesse ottenuto l’assegnazione per il territorio di Thiesi di una privativa per la distribuzione di sali e tabacchi, sulla cui concessione potrebbe esserci stato l’interessamento della famiglia Garibaldi.
Tale attività potrebbe essere stata non alternativa ma complementare all’esercizio della rivendita di liquori con annesso biliardo, un genere di esercizio questo peraltro molto specifico che andava a calarsi nel contesto di una realtà agro-pastorale quale era quella di Thiesi alla metà dell’Ottocento, destinato a soddisfare le esigenze di una famiglia, come quella di Tarantini, che nel ventennio fra il 1870 ed il 1890 sarebbe arrivata ad avere, nei vari accadimenti familiari, costantemente una decina di figli.
Rilevante sulla veridicità di tale ipotesi è il fatto che, dopo la morte di Tarantini, la vedova Antonina Fadda rivolgerà all’amministrazione comunale maddalenina una richiesta tesa ad ottenere la concessione di una nuova rivendita di generi di Monopolio, riuscendo, malgrado resistenze, ad ottenerla.
Circa i meccanismi che portavano al rilascio di dette concessioni, per le quali poté attivarsi la rete di legami facente capo al reducismo garibaldino, allora molto sentito e riconosciuto, è interessante e chiarificatrice una corrispondenza, avvenuta fra il luglio 1889 ed il marzo 1890, tra Menotti Garibaldi e tale Isnardo Sartorio, con cui il primogenito di Garibaldi, allora deputato della sinistra in Parlamento si impegnava a raccomandare all’allora Presidente del Consiglio Francesco Crispi, garibaldino dei Mille in Sicilia, una domanda del Sartorio per ottenere un « incarico di gestore o magazziniere delle Privative »; tale istanza si risolse, purtroppo per il Sartorio, con esito negativo.
Proprio il termine utilizzato da Menotti, cioè quello di magazziniere, che è poi l’esatta dizione del beneficiario di una privativa, potrebbe essere un valido raffronto, come si vedrà meglio in seguito, con la professione di magazziniere che Tarantini svolse nel Regio Cantiere militare allorquando ritornò nell’isola natia. Perché non considerare che la sua attività precedente possa aver determinato l’attività svolta a La Maddalena negli anni a cavallo fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento?
Prima di lasciare Thiesi, è necessario soffermarsi su di un’altra figura che Angelo Tarantini ebbe modo di frequentare durante il suo periodo trascorso nel Meilogu: era un altro un altro garibaldino, thiesino di adozione, Giovanni (Giò Batta) Pettazzi; di origini piemontesi nato a Demonte (Cuneo) il 22 settembre 1848 da Spirito e Maria Donadio, e vissuto lungamente proprio a Thiesi.
Pettazzi, all’età di quindici anni, spinto dall’ondata patriottica che anelava all’unità delle terre italiane ancora sotto il giogo austriaco, scappò dalla casa paterna; il padre, membro della massoneria locale e di idee alquanto tradizionaliste, aveva la concessione del servizio comunale di posta nonché del trasporto dei viaggianti con la vicina Francia. Dopo un’iniziale adesione ad una delle varie bande patriottiche che spontaneamente si formavano nelle contrade piemontesi, si arruolò in data 24 maggio 1866, nel Corpo dei Volontari italiani, venendo inquadrato nel 5° Reggimento volontari di stanza nel deposito di Gallarate; il Comando del suddetto Corpo fu affidato a Garibaldi che ne assunse la conduzione in data 11 giugno.
Il reggimento, sotto il Comando del Colonnello Giovanni Chiassi, fu al centro dei combattimenti nella battaglia di Bezzecca il 21 luglio del 1866; al riguardo è interessante citare il sunto di alcune pagine riferibili ad esso « il Chiassi su ordini superiori inoltratosi con il proprio reparto nella valle del Conzei, prospiciente Bezzecca e trovatosi in difficile situazione ordina la ritirata su Bezzecca dinanzi agli austriaci incalzanti, ma neanche Bezzecca si può difendere dai garibaldini ormai scompigliati dalle cannonate e dalle carabine nemiche. Chiassi raccolti alcuni dei suoi tenta la riscossa con l’assalto del colle; colpito in pieno petto cadde, mentre gli austriaci stavano entrando ormai nelle vie di Bezzecca; adagiato sulla barella viene condotto in paese, nel frattempo gli austriaci sopraggiunti lo fanno prigioniero; di nuovo i garibaldini, mirabilmente coperti da una batteria della regia artiglieria comandata dal maggiore Orazio Dogliotti, contrattaccano vittoriosamente, riprendendo Bezzecca e liberando i prigionieri fra cui il Chiassi, il quale nel tragitto per Tiarno muore all’interno dell’ambulanza ove era stato ricoverato ».
Dopo pochi giorni, il 25 luglio, il Comando Supremo dell’esercito italiano, sconfitto senza lode a Custoza, sanciva con l’Austria una tregua di otto giorni ed il 9 agosto il governo firmava i patti dell’armistizio, fra i quali vi era lo sgombero del Trentino, detto allora Tirolo italiano, che era praticamente in mano ai garibaldini; in quel momento, infatti, il generale Giacomo Medici, con le sue truppe, era a pochi chilometri dalla capitale Trento. Un telegramma del Generale Alfonso La Marmora, allora comandante in capo delle truppe, ordinò a Garibaldi il ritiro dei volontari dal Trentino; il 23 agosto l’Austria, nel frattempo sconfitta dalla Prussia, firmava a Praga il trattato di pace che, fra l’altro, prevedeva la cessione del Veneto alla Francia, che a sua volta lo avrebbe ceduto all’Italia, mentre il Trentino e la Venezia Giulia rimanevano all’Impero austro-ungarico.
Giovanni Pettazzi, congedatosi dal Corpo dei Volontari Italiani il 15 settembre del 1866, non partecipò ad altri avvenimenti di carattere bellico; in seguito alla Campagna di guerra del 1866 fu autorizzato a fregiarsi della Medaglia Commemorativa delle guerre per l’Indipendenza e l’Unità d’Italia.
Ripudiato dal padre di idee codine, su interessamento dell’avvocato Spirito Riberi, compagno d’armi negli avvenimenti garibaldini e futuro senatore della sinistra nel Parlamento del Regno per il circondario di Cuneo, in quegli anni riuscì ad entrare nel collegio dell’Istituto industriale e professionale di Cuneo, scuola specializzata in agronomia ed agrimensura, ove nell’anno scolastico 1867/1868 ottenne con ottimi voti il diploma di agrimensore.
Vinto un pubblico concorso divenne funzionario dell’Agenzia delle Imposte a Diano Marina, in Liguria. Poi verso il 1875 fu trasferito in Sardegna all’Agenzia delle Imposte di Thiesi, ove si sposò nel 187836 e lì stabilì la propria famiglia, ultimando la carriera con un’ulteriore promozione avvenuta nel 1884 presso la Direzione dell’Agenzia delle Imposte di Alghero, all’epoca capoluogo del circondario o provincia nel cui territorio ricadeva Thiesi. Morì a Thiesi il 2 settembre 1899 a 53 anni.
Secondo la testimonianza del nipote, il dottor Giuseppe Pettazzi, il nonno, data la sua specifica competenza in agronomia, fu vicino a Garibaldi durante la sua attività nel Collegio Elettorale di Ozieri verso la metà degli anni Sessanta. Il Generale, presentatosi nelle elezioni politiche del 10 marzo 1867 per la X Legislatura parlamentare fu eletto contemporaneamente nei collegi di Mantova, Napoli, Ozieri ed Andria, optando alla fine per Ozieri; Garibaldi, impegnato fortemente nella soluzione di Roma capitale, riuscì ad ottenere per Ozieri, grazie al suo impegno di deputato, la fondazione di una scuola industriale.
Il Generale, sia durante la X Legislatura (1867-1870), la sola che lo vide diretto rappresentante di un collegio sardo in Parlamento,38 che negli anni seguenti in particolare dal 1870 al 187539 presentò un progetto al governo per la bonifica delle zone malariche e per la colonizzazione delle terre della Sardegna, tramite il sostegno e la determinante direzione del conte ferrarese Francesco Aventi di Roverella.
In tale contesto va inserita la figura di Luigi Bottero, un industriale piemontese, di probabili idee patriottiche, proprietario di uno stabilimento in Toscana a San Vivaldo, il quale entrò in un qualche modo in contatto con Garibaldi; il Generale, infatti, nel 1872 da Caprera lo incaricò di far pervenire una lettera all’agronomo conte Aventi per avere notizie sui ritardi che il progetto di bonifica andava incontrando. Aventi, addebitando le difficoltà sopraggiunte al fatto che i possibili finanziatori del progetto non davano assicurazioni sufficienti, indicava come soluzione dell’iniziativa l’individuazione di un istituto bancario di primissimo piano, cui accollare la necessaria copertura economica, tale da permettere l’attuazione dell’opera di colonizzazione agricola della Sardegna.
Luigi Bottero, come molti piemontesi possidenti di quel periodo, si era innamorato della Sardegna e, da notizie riferite, vendette proprietà e terreni di cui godeva in continente, stabilendosi quindi a Thiesi, ove sposò a quarantadue anni, il 15 marzo 1882, Giuseppa Tarantini, primogenita di Angelo, ulteriore dimostrazione, questa, di un legame, anche negli ultimi anni di vita di Garibaldi, fra lo stesso e la famiglia Tarantini. Di Luigi Bottero, e della sua agiatezza, è testimone a Thiesi un elegante e signorile palazzo di fine Ottocento, da lui fatto costruire.
Il progetto presentato da Garibaldi in data 25 aprile 1870 al Ministero dell’Agricoltura con il quale egli intendeva farsi promotore di una società della durata di trent’anni per la trasformazione agraria ed economica della Sardegna, non andò a buon fine per l’insipienza del governo, sempre diffidente e sospettoso nei confronti di ogni possibile iniziativa del Generale, specie dopo la Campagna dell’agro romano conclusasi sventuratamente per i volontari garibaldini a Mentana nel 1867, in seguito al relativo e vittorioso intervento delle truppe di Napoleone III; le parole di Garibaldi nei confronti dell’atteggiamento tenuto dal governo in quella occasione furono dure e sono contenute in una nota lettera, dell’anno seguente, rivolta agli elettori galluresi: « ma che volete che si ottenga da un governo non atto ad altro che a far l’esattore di tasse, il dilapidatore della sostanza pubblica e infine l’agente di un tiranno straniero? ».
Antonello Tedde e Gianluca Moro