Clelia Garibaldi
Clelia Garibaldi, fu l’ultima dei figli di Giuseppe Garibaldi a trascorrere gran parte della sua vita a Caprera. Vi nacque infatti nel febbraio del 1867, da Giuseppe e Francesca Armosino, sua terza moglie, piemontese di san Martino Alfieri, che il Generale riuscirà a sposare solo nel gennaio del 1880, dopo aver lungamente lottato per ottenere l’annullamento del precedente matrimonio con la Marchesina Giuseppina Raimondi, con la quale il Generale si era unito nel gennaio 1860, chiudendo il giorno stesso delle nozze, l’infelice matrimonio a causa del tradimento di quest’ultima.
Clelia venne alla luce il 16 febbraio del 1867, era una rigida giornata invernale, come scriverà Clelia nelle sue memorie, e Garibaldi, da buon igienista qual’era, la tuffò subito in un bagno di acqua fredda sotto gli occhi esterrefatti della moglie che temeva chissà quali tragiche conseguenze per la neonata.
Il giorno stesso della nascita , Garibaldi piantò nel piazzale della casa di Caprera un pino che tutt’oggi imponente e maestoso fa bella mostra di se agli occhi dei visitatori del Museo.
Clelia, non crebbe sola, ebbe altresì una sorella e un fratello, verso i quali la sorte non fu benigna, la prima , di nome Rosa (Lo stesso nome della madre di Garibaldi) morirà a Caprera a diciotto mesi di vita, nel gennaio del 1871 per una pertosse, fu proprio con Rosa che si dette inizio al piccolo cimitero di Caprera, mentre il fratello, Manlio nato nell’aprile del 1873, si spegnerà a 27 anni, nel 1900, già avviato ad una brillante carriera di ufficiale di Marina. Clelia visse nella Casa di Caprera, giorni felici della sua infanzia, fra l’affetto dei genitori ed i tanti ospiti che stabilmente, come il segretario del generale, Giovanni Basso, affolleranno la casa di Garibaldi.
Nei ricordi di Clelia, dalla vita contadina insieme all’agricoltore Garibaldi, alle innumerevoli partite di pesca e alle lezioni di astronomia nel cielo stellato dell’isola, Clelia ricorderà nel suo libro, l’affetto per la sua sorella acquisita, Anita (Anna Maria Imeni) nata a Caprera nel 1859, da Garibaldi e dalla domestica Battistina Raveo, ragazza con la quale Clelia potè condividere solo i mesi dell’estate del 1875, prima che la stessa spirasse per meningite.
Di Clelia e del fratellino Manlio, Garibaldi curò l’educazione e la preparazione scolastica e morale, fra i racconti delle battaglie e degli episodi che lo videro protagonista nell’unità d’Italia, racconti dai quali i ragazzi soprattutto Manlio, restavano estasiati ed entusiasti, mai sazi di ascoltare, come pure importante fu la passione per la musica, nella casa era presente un pianoforte, e Clelia ricevette per almeno quattro anni, delle lezioni di musica, nei momenti alternati fra le residenze a Caprera ed a Civitavecchia, ove la famiglia Garibaldi trascorreva periodi balneari.
Fu in uno di questi periodi, precisamente nell’estate del 1879, che Clelia, allora dodicenne, salvò la vita ad una ragazza ventenne che stava affogando. La notizia venne rimarcata nei giornali dell’epoca, di Genova, Roma e Napoli, elogiando l’eroico salvataggio, dovuto alla sua discendenza dall’Eroe.
La Clelia ragazza, quasi sedicenne, serbò nelle sue memorie un indelebile ricordo del padre, tormentato dalla artrosi progressiva, che negli ultimi momenti della sua vita lo porterà in carrozzella. Di tali anni, Clelia, annota nelle sue memorie, ad esempio, il cruccio del Generale per non poter più andare sulla terrazza ed ammirare, mano al sestante, l’incantevole estuario della Maddalena, e il rimedio postovi, dalla moglie Francesca, con un piccolo ponte in muratura. Oppure la costruzione della stanza a tramontana, che fu poi la camera ove spirò l’eroe, stanza nella quale la giovane Clelia, ascoltava dal padre le lezioni di astronomia, stanza da cui il generale scrutava l’italica Corsica.
Infine il ricordo più bello del padre e della madre, il giorno dell’agognato matrimonio con Francesca Armosino, il 26 gennaio 1880, alla presenza dei quattro testimoni, ovvero dei fidati amici garibaldini, Achille Fazzari, Giovanni Fruscianti, Andrea Sgarallino, e del maddalenino Pietro Variani, oltre al Sindaco Leonardo Bargone accompagnato dal segretario, il notaio Raimondo Altea.
Dopo la morte della madre Francesca nel 1923, Clelia Garibaldi rappresenterà la sola testimone vivente del mito di Garibaldi, per lunghi anni sarà accompagnata da una altra Clelia, Clelia Gonella, nota Clelietta, dello stesso paese piemontese della madre Francesca Armosino, quasi a volerne sottolineare la continuità con la stessa, intervallando la loro vita fra periodi trascorsi a Caprera con periodi a Livorno, dove era stata acquistata dalla madre una casa nel 1887, nel quartiere dell’Ardenza, con lo scopo di essere vicina al figlio Manlio, in quel momento allievo della Regia Accademia Navale.
Clelia Garibaldi, vigile custode delle memorie e dei ricordi di suo padre, si avvarrà inoltre dell’opera validissima di Filippo Impagliazzo maresciallo di marina, al quale, a partire dal 1934, era stata affidata il comando di una guardia d’onore di soldati e marinai, in servizio presso la Tomba del Generale, capo Impagliazzo con la moglie Filomena Caucci e Clelietta Gonella, rappresenteranno quindi per lunghi anni, sino al momento della morte il 2 febbraio del 1959, le persone più care e vicine a Donna Clelia.
Per tutta la sua vita si occuperà della Casa Museo di Caprera, accogliendo le molte personalità che in questi luoghi, resero omaggio al ricordo del Generale. Clelia visse una vita semplice, perennemente sospesa tra passato, la storia ed il futuro rappresentato in particolare dai numerosi bambini, che come oggi, qui si recarono negli anni, chi per bisogno, chi per conforto e chi semplicemente per affetto. Clelia Garibaldi, sarà l’ultima ad andare a riposare nella tomba, a suo tempo da lei stessa predisposta, del piccolo cimitero di Caprera , dietro di lei si chiude definitivamente un’era, la casa della famiglia Garibaldi diventerà il Museo Nazionale Garibaldino di Caprera, museo fra i più visitati dell’intero territorio italiano. Clelia, tramanderà così alla storia l’ultimo tassello di un grande quadro raffigurante l’Eroe dei Due Mondi, quello che lo descriverà semplicemente ed affettuosamente come un papà.
La credenza in legno scuro che faceva parte degli arredi della sala da pranzo, apparteneva alla madre di Garibaldi e fu portata da lui a Caprera, quando la casa di Nizza venne demolita.