La Compagnia di grazia pel servizio della regia marina
Il registro della gente di mare per l’arruolamento degli equipaggi da guerra (iscrizione marittima) fu una delle istituzioni napoleoniche estese all’Italia. In Sardegna fu introdotta nel 1807; fino ad allora gli equipaggi militari erano reclutati col sistema tradizionale dell’ingaggio volontario completato da leve forzose. Lo stesso governo sardo riconosceva che in tal modo la scelta cadeva «fra individui noti per la loro cattiva condotta, ladri, ed incorreggibili»; inoltre venivano congedati a fine campagna, «senz’avere il tempo di essere formati al genere di servizio cui (erano) destinati».
Per rimediare almeno a questo inconveniente, fu istituita, con regio viglietto del 7 aprile 1806 e col nome di compagnia di grazia pel servizio della regia marina, una compagnia permanente di 80-100 “remiganti”, inquadrata da 1 sergente e 2 caporali in soprannumero distaccati dalla compagnia di marina, sotto gli ordini di un ufficiale di marina incaricato della disciplina ed economia. La contabilità era tenuta dal sergente, e uno dei marinai di grazia era destinato per tamburo.
L’equipaggio della galera includeva 35 graziati su 71 marinai, quello della mezzagalera 24 su 56.
La compagnia era reclutata tra i forzati, i volontari forestieri e i discoli condannati in via correzionale a 4 anni di ferma come marinai di grazia. Tra i forzati erano preferiti disertori e contrabbandieri: seguivano quelli condannati a non oltre 6 anni (possibilmente per reati commessi in risse) e infine quelli distinti per valore in combattimento o per numero di campagne.
[Eccezionalmente, il 2 aprile 1811 una condanna a 20 anni di galera fu commutata nel servizio in marina a tempo indeterminato.] I volontari dovevano arruolarsi per 4 anni con premio di 5 lire (di cui 2/3 per il “piccolo abbigliamento”) e paga mensile di 6 lire (di cui metà ritenute per l’abbigliamento). Sia in mare che a terra ai marinai di grazia spettava la stessa razione dei forzati, ma ai volontari si dava il vino tutti i giorni. Chi si segnalava per buona condotta, coraggio e zelo, poteva, su rapporto dei capitani dei legni d’imbarco e proposta del comandante al re, essere ammesso nella compagnia regolare di marina come cannoniere di mare, marinaio o soldato. Chi invece si dimostrava indegno della grazia, era rimandato alle ciurme per scontare il resto della pena, su decisione a maggioranza di un consiglio di 5 capitani e ufficiali nominati dal comandante. I delitti erano giudicati a tenore delle leggi. Le pene per la diserzione erano graduate a seconda della categoria: i forzati con la morte: i discoli con la fustigazione e il raddoppio della ferma (e con la morte in caso di recidiva); i volontari con le pene ordinarie previste per la truppa regolare.
Alloggiata in uno dei magazzini situati tra le due barriere della porta della darsena, attrezzato con letti da campo, e «soggetta alla più rigorosa disciplina», la compagnia era destinata al servizio di «marinai di rama» sulle galere, ma tenuta ai servizi degli altri marinai e soldati a seconda del caso: doveva perciò essere esercitata al maneggio delle armi e del cannone, al lancio delle granate e alla manovra d’abbordaggio. Durante il quartiere d’inverno alcuni potevano essere comandati come operai, con ritenuta di 1 soldo sul salario quotidiano per la massa di “piccolo abbigliamento”. Gli equipaggi da armare durante il quartiere d’inverno dovevano comunque essere formati a preferenza coi marinai di grazia per risparmiare la paga dei marinai ordinari di rinforzo. Il corredo includeva:
a) «una camiciola da marinaio incrociata di panno di color bruno, bottoni di corame, paramani e colletto di panno blu celeste e un’ancora sul paramano in forma di ferro di galera, cioè a 4 patte», con cravatta di corame; b) «calzoni d’inverno del colore più vicino a quello della camiciola, e d’estate di tela o bombacino bianco»; c) «mezzo cappotto da marinaio»; d) «un bonetto di corame con cifra di ottone contenente (le lettere) M e G (sormontate) dalla corona reale». Inoltre 3 camicie, 1 paio di calzoni di tela blu, 1 paio di scarpe, pettine, spazzola, sacco e una coperta (da restituire all’atto del congedo). Nel 1814 erano detenuti nei bagni penali 80 schiavi turchi (a Cagliari) e 439 forzati (290 a Cagliari, 49 a Porto Torres, 30 alla Maddalena, 29 a Sassari, 29 a Carloforte e 12 ad Alghero).