Quando la Marina parlava maddalenino
Nel 1799, durante gli anni dell’occupazione napoleonica dei territori piemontesi, la corte sabauda, costretta all’esilio in Sardegna, stabilì a Cagliari la capitale del regno trasferendovi tutti gli organismi amministrativi e diplomatici; la sede della Marina fu invece insediata a La Maddalena, sia per la posizione strategica del suo porto, sia per la vicinanza della Corsica dalla quale, malgrado la posizione di neutralità assunta dal sovrano sardo nei confronti delle potenze belligeranti, venivano i maggiori pericoli.
Dal 1799 al 1814, dunque, La Maddalena fu il maggior centro marittimo della Sardegna e sede della modesta ma agguerrita flottiglia sabauda posta sotto il comando di Giorgio Andrea Desgeneys. La “squadretta”. come la chiama il Prasca, era composta dalla galera Santa Teresa, appena acquistata dal duca d’Aosta, dalle mezze galere Santa Barbara e Beata Margherita, dal brigantino San Vittorio, dalla goletta San Filippo, dalle gondole Sardina, Bilancello, Ardita e San Maurizio, e dallo sciabecco Vittorio Emanuele. A queste si aggiunsero negli anni successivi altre unità navali, sempre di stazza modesta, ma con maggiore capacità operative in acque poco profonde e su coste frastagliate, che ben assolvevano sia ai compiti di difesa contro le incursioni barbaresche, sia ai servizi anticontrabbando e di vigilanza costiera per l’osservanza delle precauzioni sanitarie. A parte i pochi liguri e piemontesi venuti al seguito delle truppe del Re, tutto il personale di bordo fu attinto fra i maddalenini e i carlofortini, gente di già provata esperienza marinara che ebbe modo, in quegli anni, di ancor più consolidare e far valere l’innata vocazione per il mare.
Nel 1814, quando, all’atto della restaurazione del regno, la capitale fu riportata a Torino e la sede della Marina trasferita a Genova, gran parte degli archivi sardi, tenuti in quel periodo di emergenza in modo precario, andarono dispersi e non poche furono le difficoltà per coloro che avevano prestato la loro opera in marina di veder riconosciuti, ai fini della carriera, i servizi resi negli anni che precedettero la restaurazione. Totalmente introvabili, poi, erano i ruoli della marina mercantile. I maddalenini che avevano servito in marina dovettero pertanto ricostruire la pregressa carriera attraverso documenti e brevetti in loro possesso e quando ciò non era possibile far ricorso ad atti giurati resi da persone che avevano navigato con loro e che potessero validamente attestare la varie fasi delle vicende marinare di ciascuno di essi.
E coloro che vennero a trovarsi in questa situazione dovettero essere molti se si pensa che all’atto della ricostruzione delle matricole dei marinai e sottufficiali sui primi cento iscritti ben quarantasei erano maddalenini: soprattutto, nocchieri e timonieri. Non pochi erano poi gli ufficiali, i vari Ornano, Zonza, Zicavo, Millelire e tanti altri che avevano raggiunto alti gradi e assolvevano ad incarichi di prestigio. Si può dunque ben dire che in quegli anni al timone della flotta sarda c’erano gli isolani e che la marina sabauda parlava maddalenino.
L’esame di alcuni di questi documenti ci ha dato modo di ricostruire la carriera di uno fra i tanti maddalenini che servirono in marina: l’ufficiale Pietro Coliolo che aveva iniziato a navigare nel 1800 imbarcandosi come mozzo, probabilmente all’età di 12 anni, fino a raggiungere nel 1854, all’età di 66 anni, dopo una lunga vita di mare, il grado di Capitano di Porto con il quale era stato destinato a comandare lo scalo di Porto Torres. Anch’egli dunque, alle soglie della pensione, dovette far ricorso a testimoni per poter dare dimostrazione della sua carriera.
Con tre distinte deposizioni, raccolte in forma giurata dal giudice mandamentale di La Maddalena Andrea Corda e dal suo segretario Montixi Prenza in data 1, 3 e 15 aprile 1854, su richiesta di Matteo Coliolo, procuratore dell’interessato, vennero ricostruite le vicende della sua vita marinara.
Nell’atto del 13 aprile, Antonio Pittaluga e Giovanni Zicavo, entrambi padroni mercantili, e Domenico Coliolo, sottufficiale in ritiro, attestavano: “Il signor Pietro Coliolo, nativo di La Maddalena, ora capitano di Porto Torres, iniziò la sua carriera nella marina nel 1800 nella sua qualità di mozzo sul Boo mercantile denominato ”La Vergine dell’Assunta” del padrone Pietro Pittaluga, dove nello spazio di circa quattro anni nella sua qualità di mozzo e poscia promosso alla classe di marinaro vi continuò fino al marzo del 1807 dove noi pure eravamo imbarcati insieme a lui, in traffico di commercio, dal luglio 1800 al marzo 1807.”
Il primo aprile, i testi Nicola Ferretti, capitano di marina in ritiro, e francesco Schiaffini, primo nostromo in ritiro, dichiaravano a loro volta: “Il signor Pietro Coliolo si imbarcò nella qualità di marinaro col nome di guerra ”Belgioioso” nella Regia Marina, nel marzo 1807 e a bordo della Regia Galera Grande denominata ”Santa Teresa” comandata dal fu ammiraglio des Geneys in tempo di guerra dove noi pure eravamo imbarcati nella qualità di bassi uffiziali e vi rimanemmo insieme a lui per un anno intero passato il quale facemmo passaggio sulla Regia Brigantina ”L’Arborea” comandata dal signor Battista Schiaffino, poscia a bordo del Regio Sciabecco ”Carlo Forte” comandato dal signor Giovanni Battista Albini, e vi rimanemmo fino al mese di maggio del 1810 e nel giugno dello stesso anno il signor Coliolo fu congedato dalla Marina. Nel corso del suddetto tempo fu cambiato il nome di guerra, cioè da quello di ”Belgioioso” a quello di ”La Rosa” ”.
Con il terzo atto del 3 aprile continua la ricostruzione della successiva carriera marinara del Coliolo che, congedato dalla marina militare aveva ripreso a navigare su navi mercantili; i testi Battista Zicavo, capitano delle Regia Armate in ritiro, Domenico Coliolo, sottufficiale di marina in ritiro, e Giuseppe Morelli, nativo di Tunisi, ma residente a La Maddalena, deponevano:
“…dal luglio 1810, si imbarcò insieme a noi sulla Brigantina Sarda del Padrone Domenico Zonza e continuammo imbarcati a trafficare in commercio sino al gennaio del 1813, mentre l’anno 1812, essendo il signor Coliolo Capitano di Bandiera, fummo fatti prigionieri di guerra nella città di Napoli dove rimanemmo per lo spazio di mesi undici. Dall’anno 1813 al luglio del 1816 il signor Coliolo prese imbarco sullo sciabecco del signor Antonio Raggio, domiciliato in Cagliari, coperto da bandiera inglese, e per capitano di bandiera certo Antonio Caniotto maltese, ed esso signor Coliolo vi fu sempre nella qualità di scrivano direttore di bordo, e ciò lo attesta in particolare Battista Zicavo, perchè insieme a lui nella qualità di marinaro, vi rimasi sino al suddetto mese di luglio 1816, epoca in cui prendemmo servizio nella Regia Marina”.
Con questi tre atti il Coliolo, rientrato nei ruoli della Marina da Guerra nel 1816 e da quel momento perfettamente inquadrato, riusciva a ricostruire i sedici anni della sua pregressa carriera; carriera, come abbiamo visto, intensa e movimentata, intermezzata anche da un lungo periodo di prigionia, certamente non dissimile da quella di tanti altri marinai maddalenini. Una lunga vita di mare iniziata in un’epoca in cui non esistevano accademie e nella quale l’unica scuola era la “gavetta” di “Cala Gavetta”, partendo da semplice mozzo e via via sempre più in alto sotto il comando di prestigiosi ufficiali quali il Desgeneys, divenuto poi il comandante in capo della Marina Sarda, Giovanni Battista Albini, futuro ammiraglio e medaglia d’oro, e Battista Schiaffino, uno dei più bei nomi della marineria ligure.