La soggezione alla Francia
La neutralità sarda del 1799-1814 presenta infatti due fasi: una prima caratterizzata dalla ricerca di un modus vivendi con la Francia, sotto la spada di Damocle dell’invasione dalla Corsica; e una seconda, provocata dall’intransigenza di Napoleone, caratterizzata da un ritorno alla storica relazione speciale con l’Inghilterra.
Durante l’occupazione austro-russa del Piemonte, Carlo Emanuele si era impegnato a destinare agli Alleati 300.000 moggi di grano, ossia l’intero surplus del raccolto 1799. Una circolare viceregia del 23 dicembre aveva vietato l’esportazione nei porti francesi, destinandola interamente a Livorno. Nel maggio 1800 De May aveva organizzato a Livorno i convogli per Oneglia, Nizza e Loano, ma al loro arrivo trovarono questi porti in mano francese e alla fine il grano dovette essere svenduto a Genova. A seguito della preda di un legno sardo da parte di un corsaro, il re ordinò a Quesada di trattare come nemici i legni francesi e favorire quelli inglesi e russi (le istruzioni furono trasmesse da Chialamberto, con lettera cifrata del 12 settembre 1800).
In seguito la liquidazione dei repubblicani rifugiati ad Aiaccio, la pace di Amiens e la mediazione con Tunisi avevano rasserenato i rapporti con la Francia: una convenzione commerciale tra Quesada e Dubois circa il rifornimento della Corsica da parte della Sardegna fu stipulata il 18 ottobre 1802.
Il commissario commerciale francese, il còrso Michele Ornano, arrivò tuttavia a Cagliari il 20 aprile 1803, proprio alla ripresa della guerra anglo-francese, e marcò il suo esordio con una protesta perché, nell’omelia pronunciata nella cattedrale di Cagliari in occasione del riscatto dei carolini, il canonico Chiappe non aveva ringraziato il primo console né menzionato il suo intervento. Chiese poi ripetutamente di applicare ai detenuti politici l’art. 8 della pace franco-sarda di Parigi del 15 maggio 1796 e di espellere i rifugiati paolisti, a cominciare dal viceconsole inglese alla Maddalena, Giovanni Brandi. Un biglietto regio cifrato, del 26 ottobre 1803, vietò di concedere asilo ai paolisti, ma l’espulsione di Brandi, ordinata il 18 dicembre, dovette essere annullata su intimazione di Nelson. In compenso il 14 novembre il viceré accettò un viceconsole francese a Sassari (il corso Feliciano Leoni).
La stazione inglese alla Maddalena provocò una nota di Talleyrand indirizzata non direttamente al re (che si trovava a Roma) ma al cardinal Caprara, in cui si protestava anche per il rifiuto di esportare 60 cavalli per la gendarmeria in Corsica e all’Elba e per il mancato soccorso della Torre di P. Conte ad un corsaro francese rifugiatosi sotto il suo cannone mentre era inseguito da 2 corsari inglesi. Il re replicò di aver concesso agl’inglesi gli stessi “rinfreschi” forniti alla Corsica in base all’accordo Quesada-Dubois e mai grano (tra l’altro insufficiente per i sudditi), di aver fatto reimbarcare gl’infermi sbarcati da un vascello inglese in una spiaggia deserta, e di non poter vietare né agl’inglesi, né ai francesi, di svernare nei porti sardi e acquistarvi rinfreschi a pagamento. A sua volta il re protestava contro la pretesa di Ornano di ricevere trattamenti e privilegi diplomatici non spettanti agli agenti consolari, l’effrazione dei plichi di un corriere sardo rifugiatosi a Bastia per sfuggire ai pirati e la violazione del cordone sanitario da parte di un corsaro francese. Le tesi del re furono sostenute da una memoria del papa del 28 febbraio 1804. La stazione inglese alla Maddalena ebbe fine il 19 gennaio 1805 con la partenza di Nelson per iniziare la lunga caccia alla squadra di Tolone: paradossalmente, però, proprio allora Ornano lasciò Cagliari, interrompendo così le relazioni commerciali franco-sarde.