La svolta nello sfruttamento del granito
Il 1898 segna una svolta notevole: il primo maggio tutto il terreno della cava veniva preso in affitto dalla una società genovese di costruzioni Fratelli Marcenaro e Grondona. Come siano arrivati qua non è certo: il sig. Pinetto Grondona mi aveva detto che la società vantava un cospicuo credito nei confronti della Banca di Costruzioni di Genova e, data la traballante situazione dell’istituto, per non perdere le somme dovutele, aveva accettato di subentrare nelle attività della cava della Maddalena. Ma questa versione contrasta con quanto affermato nell’opuscolo, edito dalla Società Esportazione Graniti Sardi (SEGIS) nel 1919, in cui si dice che terreno e fabbricati erano stati restituiti ai proprietari prima dell’arrivo di Bertlin e quindi non erano più nella disponibilità della banca. Certo i fratelli Marcenaro (quando Grondona non faceva ancora parte della società) si erano già interessati degli impianti di estrazione chiedendo all’amministrazione comunale notizie sulla presenza di cave in esercizio, sul grado di importanza e sui nomi dei proprietari da contattare e il sindaco Lantieri aveva segnalato quella di Cala Francese definendola “già esercita dall’ex Società Generale di Costruzioni di Genova ed ora tenuta provvisoriamente dallo scalpellino Ammannati Ireneo, persona competentissima in materia di lavori granitici al quale potranno rivolgersi per gli schiarimenti”. Questa segnalazione avvalorerebbe la tesi che la Banca abbia tenuto il controllo sulla cava per tutti questi anni fino alla morte di Bertlin. Allo stato attuale delle ricerche è impossibile dare una risposta definitiva.
Il primo atto pubblico firmato da Attilio Andrea Aurelio Grondona fu la richiesta di ripristinare il deposito polveri già esistente dal 1871, non solo per i bisogni della cava, ma anche per la vendita, cosa ritenuta dall’amministrazione comunale, “vantaggiosissima atteso l’assoluto difetto che ne risente questo comune”.
La società aveva già esperienza di attività estrattive in quanto proprietaria di una cava all’Acquasanta in Piemonte, ma l’impresa di Cala Francese aveva potenzialità enormi, non ancora sfruttate, soprattutto nel campo della pavimentazione stradale che molte grandi città stavano programmando o attuando.
L’impianto aveva risentito dell’abbandono alla morte di Bertlin e anche del mancato incremento delle dotazioni: macchinari quasi inesistenti, banchina appena accennata e assolutamente insufficiente, edifici non curati e quindi bisognevoli di interventi sostanziosi.
L’opera della società in questo primo periodo fu tesa soprattutto a valutare la possibilità di commesse presentando, dovunque fosse possibile, campioni di prodotto e, prevedendo con un azzardo calcolato che le richieste del mercato si sarebbero indirizzate verso i tacchi per pavimentazioni stradali, ne approntava grandi quantitativi anche in assenza di ordini. Avendo seguito con attenzione l’evolversi delle condizioni amministrative del comune di Genova, i soci avevano ben percepito i segnali che andavano in tal senso. Perciò seguirono l’assegnazione degli appalti cercando di fornire alle ditte aggiudicatarie di questi lavori il loro granito; pur trattandosi all’inizio di strade secondarie, la qualità del prodotto e la serietà della ditta si fecero conoscere e apprezzare: a luglio-agosto 1898 la prima piccola commessa per una traversa della via Minerva fu seguita da altre per brevi tratti o per tratti di completamento o innesto, poi per i tracciati delle tramvie che ormai raggiungevano tutti i quartieri della città. L’accelerazione nel prestigio che la ditta andava assumendo può essere testimoniata da due relazioni del sindaco, scritte a distanza di pochi mesi, relative alle cave presenti nel territorio comunale. Nella prima indicava al municipio di Alghero le due cave di Cala Francese e di Santo Stefano (di proprietà Susini), nella seconda, a distanza di qualche mese, diceva che vi erano nel comune “molte piccole cave coltivate quasi esclusivamente per bisogni locali: una sola può considerarsi viva e interessante, quella in locazione a Grondona, con 24 lavoranti” di cui 2 sotto i dodici anni di età.
Quando fu chiaro che ormai il granito di Cala Francese sarebbe stato preferito alle altre pietre la Società Fratelli Marcenaro e Grondona decise il grande salto: la creazione di una apposita società per lo sfruttamento delle cave.
Giovanna Sotgiu – Co.Ri.S.Ma
- L’uso del granito prima del 1860
- I primi tentativi di cava
- La svolta nello sfruttamento del granito
- L’avvio della Società Esportazione Graniti Sardi – SEGIS
- L’assetto della società SEGIS
- Il declino di Cava Francese
- L’organizzazione del lavoro in cava
- Le immigrazioni degli scalpellini
- La vita difficile degli scalpellini
- La vita della cava
- Le abitudini degli scalpellini
- I monumenti realizzati con il granito maddalenino
- Le specializzazioni del lavoro, i forgiatori
- Le specializzazioni del lavoro, i manovali
- Le specializzazioni del lavoro, fuochini e minatori
- Le specializzazioni del lavoro, i trasportatori
- Le specializzazioni del lavoro, i tagliatori
- Le specializzazioni del lavoro, i conducenti del trenino
- Le specializzazioni del lavoro, i falegnami
- Le specializzazioni del lavoro, scalpellini, fatturanti e modellatori
- Registro dei fanciulli del 1925
- Libro matricola degli operai dipendenti SEGIS del 1924
- Glossario degli scalpellini