La vittoria di Capo Malfatano
Per ritorsione contro la preda di due corsari fatta nelle acque di Carloforte dallo sciabecco Vittorio Emanuele (G. B. Albini) e di due mercantili barbareschi fatta in acque tunisine dal lancione Benvenuto (Giuseppe Albini), nella primavera del 1811 il bey armò tre corsari (una galeotta, un lancione e una feluca). Alla comparsa della flottiglia nelle acque sarde, il re fece entrare in campagna le mezzegalere Falco (De May) e Aquila (Porcile), lo sciabecco Generoso e vari lancioni, tra cui il Sant’Efisio (nocchiere T. Zonza). Il 28 luglio, presso l’Isola Rossa tra i capi Teulada e Malfatano, De May avvistò i tunisini che rimorchiavano una tartana predata, e con abili manovre tagliò loro la fuga verso il mare aperto, li strinse nel golfo e li costrinse ad accettare il combattimento. Il felucone tentò di schivare il cannone prodiero dell’Aquila per passarle di fianco e abbordarla: Porcile reagì girando la mezzagalera non di poppa, com’era uso, ma di prua, speronando il felucone. Legato il rostro alla loro nave, i tunisini abbordarono la mezzagalera all’arma bianca, presero la batteria e respinsero i sardi oltre l’albero maestro. Benché ferito al fianco, Porcile risalì sul cassero, rianimò l’equipaggio, ordinò ad un uomo di fiducia di far saltare la nave in caso di sconfitta e contrattaccò all’arma bianca. Inseguiti sulla loro nave, e caduto il raìs coi più coraggiosi, gli altri si arresero. Le perdite dei sardi si limitarono a 4 morti e pochi feriti.
Attaccato dalla galeotta, il Falco si difese per quattro ore, finché, affidata la preda a un lancione, Porcile non accorse a darle manforte con l’Aquila e il Sant’Efisio, il quale prese la galeotta tra due fuochi cannoneggiandola a mitraglia e costringendola ad arrendersi, mentre la feluca riusciva a mettersi in salvo. I sardi presero 17 cannoni e 200 prigionieri, al prezzo di 4 morti e pochi feriti, ma le avarie subite in combattimento impedirono loro d’inseguire il terzo corsaro. La squadra rientrò a Cagliari al far della notte con le prede a rimorchio, e due giorni dopo Porcile ebbe un’ovazione popolare.
Il 30 e 31 agosto il re concesse 7 promozioni per merito di guerra, al sottotenente Giovanni Silvestro De Nobile (aiutante maggiore della fanteria provinciale di Laconi), al guardiamarina di 1a classe Efisio Angioy, al volontario Luigi Grixoni, al piloto vicario dell’Aquila Battista Zicavo, al tenente di bordo della Falco G. B. Scoffiero, al piloto Paolo Vian e al comandante del Sant’Efisio, nocchiero con grado di piloto Tommaso Zonza (già decorato di medaglia d’argento per la difesa della Maddalena nel 1793). In particolare Angioy e Zicavo furono premiati per l’abbordaggio, rispettivamente, della galeotta e del felucone. Più tardi, il 21 novembre 1812, si ordinò il conio di 4 medaglie al valore, una d’oro per Zonza e due d’argento per Vian e Ziccavo, e una terza d’argento pronta per future ricompense: non ne furono però concesse altre prima del ritorno in Terraferma. Il nome del combattimento fu in seguito attribuito ad una pirocorvetta di 682 ton e 4 obici da venti varata nel 1844 nei cantieri della Foce: inviata nel maggio 1860 nelle acque sarde per interdire l’approdo dei Mille di Garibaldi, la Malfatano fu radiata nel 1870.